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L'elemento oggettivo del reato è assente dalla minaccia di malattia

Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto confermava la sentenza di primo grado del Giudice di pace, che condannava due condomine per il reato di minaccia, ex art. 612 Cp, oltre al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in separata sede, nonché alla rifusione delle spese processuali.
A motivare la condanna nel merito due fatti: la frase «te la faremo pagare» pronunciata da una delle due ricorrenti e l’augurio di una morte per leucemia fulminante. Ci soffermeremo sul nesso tra questi due elementi, a parere della Corte di Cassazione, male interpretato dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto.
Nel confermare la sentenza del Giudice di Pace, il Tribunale aveva commesso un errore logico: prima aveva sottolineato la portata minatoria della frase «te la faremo pagare» estraendola dal contesto in cui era stara proferita (costituito da una lunga serie di recriminazioni, sempre legittime, sul comportamento dell’amministratore), poi aveva correttamente negato la sussistenza dell’elemento oggettivo nella minaccia della malattia, evidentemente indipendente dalla volontà e dall’influenza dell’agente, per poi tornare a «individuare la minaccia di un male ingiusto nella prospettata intenzione delle agenti di “fargliela pagare”». Al di là del fatto che la frase «te la faremo pagare» risulti priva di effettiva portata minatoria per la sua genericità ed indeterminatezza, la valutazione del Tribunale è contraddittoria laddove prima, la considera come «dotata di valenza autonoma», poi, dopo aver affermato il difetto di elemento oggettivo nell’augurare la malattia, aveva concluso evidenziando come la presunta minaccia «te la faremo pagare» si concretizzasse nello stesso augurio della malattia.
Dal canto suo La Corte sottolinea come le frasi debbano imprescindibilmente essere collegate tra loro perché logicamente dipendenti. Posto ciò «il male ingiusto profetizzato, indipendente dalla volontà e della capacità di influenza dell’autore della minaccia, infausto profetizzante, non poteva configurare l’elemento obiettivo del reato che presuppone la prospettazione di un male ingiusto, idoneo a condizionare la sfera della libertà morale del soggetto passivo, che dipenda dalla capacità di influenza del soggetto agente».
Manca poi per la Corte l’elemento del dolo «inteso come coscienza e volontà di comprimere la libertà individuale del soggetto minacciato; non era possibile, nell’ambito dell’unitario discorso attribuito alle imputate l’animus criticandi dall’autonomo dolo della minaccia».
La Corte di Cassazione ritiene il ricorso fondato e, pertanto, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Leggi il testo completo della sentenza
 

Fonte: IlSole24Ore
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