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Crocifisso in aula: legittimo se testimonianza di una comunità di vita

Corte di Cassazione – sentenza n. 24414/2021, sez. Unite civili

Se un docente rifiuta di vedere appeso il crocifisso in classe, la scuola può decidere comunque la presenza del simbolo religioso?
È la domanda a cui ha risposto la Corte di Cassazione con sentenza n. 24414/2021, con la quale ha rimandato alla Corte d’Appello competente il ricorso promosso da un docente.

Il caso

Tutto è partito quando si sono creati dai dissapori tra gli alunni di una classe e un docente di lettere. I primi avevano espresso la volontà di tenere il crocifisso appeso in aula, mentre il secondo era contrario; anzi, proprio quest’ultimo, toglieva la croce all’inizio della lezione per poi riappenderla una volta terminata l’ora, perché a suo dire il simbolo religioso costituiva una limitazione alla sua libertà di insegnamento in nome della laicità e del pluralismo. Questo gesto, insieme ad alcune offese rivolte al dirigente scolastico, erano costate al docente un provvedimento disciplinare. Inoltre il dirigente scolastico aveva inviato una circolare che richiamava i docenti al rispetto della volontà espressa dagli studenti, senza però cercare un accomodamento nel quale fossero ascoltate le ragioni del docente in questione.
Il docente, visto tutto ciò, richiedeva un risarcimento danni.
Considerato il caso, la Cassazione ha trovato una soluzione che media le due libertà.

Crocifisso sì, crocifisso no

Prima di tutto bisogna chiarire che l’esposizione del crocifisso non è stabilita dalla legge e si basa ancora sull’art. 118 del Regio decreto 965/1924, il quale lo inquadra come arredo scolastico. Questo articolo va comunque letto con riferimento alla Costituzione e al principio di laicità dello Stato. Proprio quest’ultimo, dice la Cassazione, deve essere visto come principio inclusivo e aperto alle diverse culture che possono coesistere in una scuola pubblica: «Il principio di laicità non nega né misconosce il contributo che i valori religiosi possono apportare alla crescita della società».
Questa decisione è in totale armonia con quanto già espresso dalla Corte di Strasburgo, la quale sostiene che l’esposizione del crocifisso è da considerare come espressione delle radice culturali italiane; non è, quindi, una forma di indottrinamento o proselitismo, e non costituisce una forma di condizionamento psicologico per alunni e docenti.

Ne risulta l’esclusione del risarcimento danni chiesto dal ricorrente, ma anche una considerazione di illegittimità (al limite della discriminazione) nei confronti del dirigente scolastico. È giusto tenere conto della volontà degli studenti, ma questi sono casi in cui anche i docenti devono essere considerati.

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Redazione interna sito web giuridica.net

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