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L’UNCC incontra il Commissario europeo alla Giustizia e ribadisce la propria contrarietà alla riforma del processo civile

Oltre alle modifiche relative al rito e a quanto previsto sul tema dal PNRR, si è parlato di efficienza e qualità della giustizia, indipendenza dei giudici e digitalizzazione.

L’Unione ha ribadito che per garantire realmente l’indipendenza della magistratura occorre riportare in Tribunale i giudici che stanno nei Ministeri, mentre per rendere la giustizia italiana efficiente bisogna aumentare il numero dei magistrati.

Roma, 4 novembre 2021 – L’Unione nazionale delle Camere civili (UNCC), l’associazione maggiormente rappresentativa degli avvocati civilisti italiani, ha incontrato ieri pomeriggio a Roma il Commissario europeo per l’efficacia della giustizia (CEPEJ), Didier Reynders, all’interno del programma di monitoraggio che la Commissione ha varato per verificare che la ricerca dell’efficienza non vada a sacrificio della qualità della giustizia. Nel corso dell’incontro, oltre al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e alla riforma del processo civile, si è parlato in particolare di efficienza e qualità della giustizia,indipendenza dei giudici e digitalizzazione

L’UNCC ha sottolineato al Commissario europeo come l’indipendenza della magistratura, sia pur garantita dalla legge, possa essere messa in pericolo dall’eccessiva vicinanza con la politica: l’unico modo per assicurarla di fatto, e non solo di nome, è riportare in Tribunale i giudici che stanno nei Ministeri

L’Associazione ha poi ribadito la propria contrarietà e il fermo dissenso alla riforma del processo civile, destinato a ridurre l’equità senza aumentarne l’efficienza: il solo modo per rendere la giustizia italiana efficiente è quello di aumentare il numero dei giudici, non quello di riesumare il modello del vecchio processo societario che ha dimostrato esiti disastrosi ed è stato soppresso dopo soli sei anni. Inoltre, favorire fiscalmente la sola mediazione, a discapito della negoziazione assistita e dell’arbitrato, non consente di alleggerire veramente il carico di lavoro dei tribunali, perché se questa fallisce si ritorna comunque in Aula, mentre con l’arbitrato questo ritorno non vi sarebbe. A ciò si aggiunge il fatto che la riforma non permette alle parti di scegliere su quale procedura dirisoluzione alternativa delle controversie (ADR) puntare, mentre la possibilità prevista per gli avvocati di svolgere attività istruttoria stragiudiziale non è destinata a riguardare molti casi, perché da una parte necessita del consenso di tutti i legali e, dall’altra, non prevede per questi un vero incentivo legato all’aumento del compenso. Infine, relativamente all’Ufficio per il processo, imporre ai giudici di concentrarsi quasi esclusivamente sullo smaltimento dell’arretrato, senza poter essere distolti da altro, rischia di ridurre solamente le garanzie, non tanto la durata dei processi. 

Il processo civile appartiene a tutti, in primo luogo ai cittadini, ed è destinato a funzionare davvero soltanto se la sua disciplina nasce dalla condivisione tra coloro che dovranno poi applicarla, non tramite riforme calate dall’alto senza avere un’effettiva conoscenza della realtà dei Tribunali italiani e delle condizioni in cui Magistrati ed Avvocati sono costretti ad operare. Il rischio è una crisi di rigetto. 

Quanto alla digitalizzazione, occorre completarla ed ammodernarla, in maniera di evitare i continui black out, e soprattutto coordinare la normativa del processo con quella che regola l’attività da svolgere per via telematica, per assicurarne la coerenza. 

L’Unione ha ribadito quindi, ancora una volta, la propria disponibilità ad un confronto costruttivo, fornendo un contributo tecnico per migliorare, dove possibile, il funzionamento della giustizia civile e dei Tribunali italiani.

Fonte
UNCC
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Redazione interna sito web giuridica.net

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