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Cassazione: la scuola religiosa non può discriminare i docenti per l’orientamento sessuale

Corte di Cassazione – ordinanza n. 31071, sez. Lavoro

La discriminazione basata sul presunto orientamento sessuale di un insegnante non rientra nella libertà di organizzazione e insegnamento garantita dal Concordato.

Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza n. 31071/2021.

Il caso

Nel 2014, un istituto religioso cattolico non aveva rinnovato il contratto a un insegnante basandosi sul suo presunto orientamento sessuale. La motivazione in difesa della condotta, presto detta: le scuole paritarie godono della libertà di organizzazione e di insegnamento garantite dal Concordato.

Il Giudice del Lavoro di Rovereto aveva stabilito che «la presunta omosessualità dell’insegnante nulla aveva a che vedere con la sua adesione o meno al progetto educativo della scuola»; la docente, quindi, aveva «subìto una condotta discriminatoria tanto nella valutazione della professionalità, quanto nella lesione dell’onore». Inoltre, come specificato, la discriminazione non riguardava solo l’insegnante, ma era da considerare collettiva in quanto aveva colpito «ogni lavoratore potenzialmente interessato all’assunzione presso l’Istituto». Linea confermata anche dalla Corte d’Appello, la quale aveva stabilito i risarcimenti per la docente, l’associazione sindacale e quella per i diritti civili.

La decisione

Basandosi sempre sulle libertà garantite dal concordato l’istituto ha fatto ricorso anche in Cassazione, la quale però ha confermato la linea stabilita nel merito. «La ricorrente», sottolineano i giudici, «invoca disposizioni, anche costituzionali, a fondamento della libertà di organizzazione dell’istituto religioso, ma non spiega adeguatamente come questa libertà possa legittimare condotte apertamente discriminatorie come quelle ritenute e accertate dai giudici trentini».

Cadono le contestazioni dell’istituto sulla violazione dei principi in materia di danno morale, in questo caso riconosciuto solo in base al fatto preso in esame. Il danno in questione, ricordano i giudici, riguarda il bene persona, i valori garantiti dalla Costituzione e i suoi diritti inviolabili e fondamentali; in particolare, si sono lesi i diritti all’integrità psico-fisica e alla salute, all’onore e alla reputazione, all’integrità familiare, allo svolgimento della personalità e alla dignità umana.

Il risultato è un risarcimento di oltre 43 mila euro per la docente, a cui si devono aggiungere 10 mila euro ciascuno (compresi sindacato e associazione) per danno collettivo.

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Redazione interna sito web giuridica.net

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