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Istigare alla discriminazione non è diritto di critica. Appello bis per il senatore Pillon

Corte di Cassazione – sentenza n. 25759/2022, sez. Quinta Penale

L’istigazione alla discriminazione non è diritto di critica e perciò non è libertà di espressione, quindi è giusto limitarla.

È questa la base su cui poggia la sentenza di Cassazione n. 25759/2022, con la quale si è disposto un secondo appello nei confronti del senatore Pillon. Annullata la precedente assoluzione in appello in cui si stabiliva che le offese rivolte all’associazione Omphalos Lgbti+ rientravano nella critica politica.

Tipo di contraddittorio e informazioni false

Secondo la Cassazione, il fulcro della questione è che le famiglie e le associazioni prese di mira durante l’intervento di Pillon non sono contraddittori politici. In particolare, il senatore aveva accusato l’associazione di distribuire materiale che istigava all’omosessualità con fine di fare proselitismo, quando invece si trattava di incontri scolastici in contrasto a bullismo e omofobia.

Per il Tribunale di primo grado, Pillon avrebbe «diffuso notizie non corrispondenti al vero sull’attività di informazione e di prevenzione delle malattie veneree svolte dall’associazione, attribuendole iniziative e messaggi distorti rispetto al loro effettivo contenuto».
Giudizio annullato dalla Corte d’Appello, la quale aveva fatto rientrare la “critica” nel dibattito in corso sul disegno di legge Cirinnà.

Incitamento all’odio e hate speech

I giudici di Cassazione hanno preso in considerazione la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo, utile per valutare la libertà di espressione «in riferimento al discorso discriminatorio finalizzato alla promozione del pensiero unico e, in genere, espressivo di odio». In questo frangente è necessario riferirsi alla Raccomandazione n. 97 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa adottata nel 1997: l’hate speech è riferito «a tutte le forme di espressione che diffondono, incitano, promuovono o giustificano l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo o altre forme di odio basate sull’intolleranza».
Il fine non è quello di mettere un bavaglio, come si sente spesso dire, ma di limitare la libertà di espressione quando viene «irresponsabilmente esercitata» provocando «offesa alla dignità e alla sicurezza di parti o gruppi della popolazione».

Nel caso in esame, la Cassazione ha escluso che le informazioni false promulgate da Pillon rientrassero nella critica politica o nel diritto di satira. La causa, quindi, torna in Corte d’Appello per un nuovo giudizio.

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