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Femminicidio: la gelosia non è un’attenuante

Corte di Cassazione – sentenza n. 28561/2022, sez. Prima Penale

Se la gelosia non è legata a un disturbo mentale, l’omicidio non si scrimina. Essa è l’espressione di una personalità violenta, autoritaria e incapace di accettare la volontà di separazione da parte della moglie. Questa condizione, infatti, non consente il riconoscimento di attenuanti.

È quanto si evince dalla sentenza n. 28561/2022, con la quale la Cassazione rigetta il ricorso presentato dalla difesa di un soggetto imputato per femminicidio nei confronti della moglie. La parola chiave del giudizio è la premeditazione, evidente dalla modalità dell’omicidio e dal fatto che l’uomo l’avesse confidato a diversi conoscenti nei mesi precedenti.

Il caso

L’imputato viene riconosciuto colpevole di aver ucciso la moglie ancora non separata legalmente. La pena è di trent’anni di reclusione.

Secondo quanto emerso, l’uomo aveva premeditato l’atto nei mesi precedenti. La mattina dell’omicidio ha accompagnato il figlio minore dalla sorella, si è presentato dalla moglie e l’ha minacciata con un coltello pretendendo di farle confessare presunti tradimenti. Mentre tentava di strangolarla a mani nude, la vittima si è difesa ed entrambi sono caduti a terra. A quel punto, l’uomo ha afferrato un laccio e l’ha stretto al collo della vittima finché questa non ha smesso di respirare.

Il ricorso in Cassazione si fonda su tre motivi:

  1. mancato riconoscimento di un disturbo della personalità dell’imputato nonostante quanto provato dalla consulenza. Inoltre, la Corte d’Appello non aveva considerato l’uso smodato di farmici e alcool che aveva preceduto l’omicidio;
  2. il proposito criminoso non è desumibile dalle confidenze fatte, perché in quel periodo l’imputato stava attraversando un’indiscutibile sofferenza a livello psicologico. L’omicidio, semmai, ha avuto luogo in segui alla confessione di un tradimento da parte della vittima. Il tutto sarebbe una prova dell’assenza di una predisposizione preventiva all’omicidio;
  3. mancato riconoscimento dell’attenuante prevista dall’art. 62 bis c.p., ovvero «l’aver agito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui». Questo più il disagio mentale dovevano rientrare tra le attenuanti.

Il giudizio di Cassazione

Come già anticipato, la Cassazione rigetta il ricorso.

Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici ribadiscono l’assenza di vizi logici nel basare il giudizio sull’accertamento eseguito dal consulente del pubblico ministero. L’imputato, infatti, risulta essere «non affetto da malattie mentali o disturbi della personalità di rilevante gravità ma con personalità caratterizzata da stile antisociale». In più, «lo sconvolgimento emotivo provocato da tali eventi negativi [separazione dalla moglie] peraltro già vissute in passato e superato, è assimilabile, una esclusa l’infermità, agli stati emotivi e passionali, che, ai sensi dell’articolo 90 cod. pen., non escludono né diminuiscono la personalità».

Infondato anche il secondo motivo. Viene provato un lasso di tempo tra la nascita del proposito criminoso e la sua attuazione, il che implica una riflessione su gesto da compiere. Non sono da escludere, in aggiunta, i propositi manifestati dall’uomo ai conoscenti: l’uomo aveva ribadito più volte avrebbe strangolato e accoltellato la moglie nel momento in cui avesse confessato il tradimento, le stesse modalità che poi ha concretizzato.

Il terzo motivo è manifestamente infondato. È stato riconosciuto che l’imputato ha agito mosso «da un deprecabile sentimento possessivo, concependo l’uccisione della moglie come un intervento punitivo reso ineluttabile dal comportamento riprovevole della vittima». In tutto ciò, non vi è segno di pentimento ma un continuo tentativo di giustificare le proprie azioni. Considerato ciò, «la gelosia costituisce uno stato passionale di per sé inidoneo a diminuire o ad escludere la capacità di intendere o volere dell’autore di un reato, a meno che la stessa non derivi da un vero e proprio squilibrio psichico tale da incidere sui processi di determinazione e di auto inibizione: il che però postula uno stato delirante, che nell’incidere sul processo di determinazione o di inibizione, travolge la gente in una condotta abnorme ed automatica».

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