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Diffamazione su Facebook: scarse probabilità di ottenere benefici di legge

Corte di Cassazione – sentenza n. 34026/2021, sez. Quinta Penale

Ancora a proposito di Facebook, ancora a proposito di diffamazione. Sembra proprio che l’utente medio non riesca a non mettere mano alla piattaforma social di riferimento quando si tratta di insultare il prossimo. Peccato che questa tipologia di sfogo (spesso vera e propria patologia) rientri difficilmente nei benefici di legge sull’impunità o la sospensione della pena per il reato di diffamazione.

La sentenza di Cassazione n. 34026/2021, in questo senso, è chiara: un’offesa rivolta via social, anche nel caso in cui non si nominassero i destinatari, è sufficiente per far scattare il reato di diffamazione aggravata.

Il caso

Il presente giudizio ha come fondamento il ricorso presentato da una donna ritenuta responsabile di aver insultato su Facebook una coppia di vicini. Nonostante la ricorrente chiedesse una verifica tramite indirizzo IP, a inchiodarla sono state le caratteristiche comuni rivelate nei commenti pubblicati sul profilo e tramite esso. E non è servito sostenere che nei contenuti non fossero menzionati i destinatari degli insulti: tramite i fatti descritti (attività lavorativa, origini, ecc.), i post e commenti provano la conoscenza diretta dei soggetti.

La sentenza

La Corte ricorda che per la diffamazione pesano le modalità della condotta; via, quindi, ogni considerazione basata sull’occasionalità del fatto e la sua eventuale particolare tenuità. Si può dire lo stesso, quindi, anche per per la sospensione condizionale della pena: a discrezionalità del giudice, questa volta non trova campo date le offese reiterate che l’imputata ha rivolto alla coppia.

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Redazione interna sito web giuridica.net

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