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Corte Costituzionale: il “caso Cappato” torna in Aula

La Corte Costituzionale ha comunicato che nei giorni 24 e 25 settembre 2019 si terranno due Udienze pubbliche riguardo la punibilità dell’aiuto al suicidio.

L’esame avrà inizio a partire dalla questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d’assise di Milano nei confronti dell’art. 580 c.p., Istigazione o aiuto al suicidio:

«Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima.
Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell’articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità di intendere o di valore, si applicano le disposizioni relative all’omicidio».

Tale norma, non differenziando tra aiuto al suicidio e istigazione, violerebbe gli artt. 2 e 13, I comma, della Costituzione i quali pongono l’uomo – e non lo Stato – al centro della vita sociale e determinano l’inviolabilità della libertà personale; viene da sé, secondo questa interpretazione, il riconoscimento della libertà personale di autodeterminazione anche in tema di fine vita.

I contrasti con la Costituzione continuano nell’art. 117, I comma, il quale, secondo una recente lettura della Corte europea dei diritti dell’uomo, salvaguardia il diritto alla vita e il diritto al rispetto della vita privata (in armonia con gli artt. 2 e 8 della CEDU). In questi termini, l’individuo ha diritto di «decidere con quali mezzi e a che punto la propria vita finirà».

Un’altra censura, rilevata sempre dalla Corte di Milano, riguarda la parte in cui l’art. 580 c.p. «prevede che le condotte di agevolazione dell’esecuzione del suicidio, che non incidano sul percorso deliberativo dell’aspirante suicida, siano sanzionabili con la pena della reclusione da cinque a dodici anni, senza distinzione rispetto alle condotte di istigazione». La violazione riguarda l’art. 3 della Costituzione come anche «il principio di proporzionalità della pena al disvalore del fatto» (artt. 13, 25, II comma e 27, III comma, Cost.).

Leggi la sintesi integrale pubblicata dall’Ufficio di Ruolo della Corte Costituzionale.

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