Sentenze

Tribunale di Monza, Sez. Lavoro – Sentenza 22.04.2015 (Dott. D. F. Di Lauro)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI MONZA

SEZ. LAVORO

Il Giudice del Tribunale di Monza, dott. Domenico Fabio Di Lauro, in funzione di Giudice del lavoro, ha pronunciato all’udienza del 22.4.2015 la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 1806/2013 R.G. e promossa

da

ME. LU. rappresentato e difeso dall’avv. G. C. ed elettivamente domiciliato in Giussano,

-RICORRENTE

contro

P.I. S.p.A. rappresentata e difesa dall’avv. A. A. ed elettivamente domiciliata presso l’Area Affari Legali Terrioriali Lombardia di Poste Italiane,

-RESISTENTE

oggetto: impugnazione contratto a termine
Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 13.6.2013 Me. Lu. esponeva di essere stato assunto alle dipendenze di P.I. S.p.A. in forza di contratto a termine stipulato il 29.6.2012 con mansioni di portalettere junior per lo svolgimento di attività di recapito e di avere lavorato dal 2.7.2012 al 31.10.2012.

Ciò premesso, il ricorrente eccepiva la nullità del contratto di lavoro, relativamente alla clausola del termine, per mancato rispetto del “limite di contingentamento”, per violazione del requisito della contestualità della comunicazione alle OO.SS. di categoria del numero dei dipendenti da assumere a tempo determinato e per violazione del divieto di assumere a tempo determinato in caso di mancata effettuazione della valutazione dei rischi.

Il ricorrente, nel sostenere che nel caso in esame non poteva farsi riferimento alla risoluzione per mutuo consenso del contratto di lavoro, richiamava le conseguenze sanzionatorie della nullità del termine e concludeva chiedendo:

– la declaratoria di nullità/illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro impugnato;

– la declaratoria di nullità parziale del contratto di lavoro a tempo determinato relativamente alla clausola del termine;

– la declaratoria di sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 29.6.2012 ovvero dal giorno della messa in mora della società;

– la condanna della resistente al risarcimento del danno secondo quanto disposto dalla legge, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali.

Si costituiva P.I. S.p.A. che contestava le pretese avversarie sostenendo, con articolate argomentazioni, la legittimità dell’unico contratto a termine stipulato.

La resistente chiedeva dunque il rigetto di tutte le domande avversarie.

P.I. S.p.A. eccepiva in subordine che, in applicazione dell’art. 32, comma 5, della L. n. 183 del 2010, il danno doveva essere quantificato nella misura minima di 2,5 mensilità e che, in caso di ritenuta non applicabilità del cit. art. 32 L. n. 183 del 2010, la condanna economica doveva essere limitata al periodo in cui la parte ricorrente aveva offerto la prestazione lavorativa e tenendo conto sia del comportamento colposo del ricorrente che aveva aggravato il danno lamentato sia dell’aliunde perceptum e percipiendum.

Tentata con esito negativo la conciliazione, la causa era discussa e decisa all’udienza odierna, dandosi pubblica lettura del dispositivo della sentenza e delle ragioni della decisione di seguito riportate.

Motivi della decisione

Le domande del ricorrente non sono fondate e non meritano accoglimento.

Il termine del contratto di lavoro del ricorrente è stato apposto ai sensi dell’art. 2, comma 1 bis, D.Lgs. n. 368 del 2001 che stabilisce quanto segue: “Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche quando l’assunzione sia effettuata da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al 15 per cento dell’organico aziendale, riferito al 1 gennaio dell’anno cui le assunzioni si riferiscono. Le organizzazioni sindacali provinciali di categoria ricevono comunicazione delle richieste di assunzione da parte delle aziende di cui al presente comma”.

L’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 368 del 2001 a sua volta dispone che “È consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato quando l’assunzione sia effettuata da aziende del trasporto aereo o da aziende esercenti i servizi aero portuali ed abbia luogo per lo svolgimento dei servizi operativi di terra e di volo, di assistenza a bordo ai passeggeri e merci, per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al quindici per cento dell’organico aziendale che, al 1 gennaio dell’anno a cui le assunzioni si riferiscono, risulti complessivamente adibito ai servizi sopra indicati…”.

Ad avviso del giudice il comma 1 bis dell’art. 2 D.Lgs. n. 368 del 2001 introduce una nuova ipotesi tipica di contratto a termine, estendendo l’ambito di applicazione dell’art. 2, originariamente dettato per i settori aereo e portuale, anche al settore delle poste e non ha inteso, invece, introdurre ulteriori limitazioni al contratto a termine per tale ultimo settore che, quindi, può essere stipulato senza indicare espressamente nel contratto di assunzione le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustificano l’apposizione del termine.

Passando all’esame della sussistenza dei requisiti ed il rispetto dei limiti posti dall’art. 2 comma 1 – bis e dall’art. 3 del D.Lgs. n. 368 del 2001 per l’assunzione a termine oggetto di causa si osserva quanto segue.

a) La clausola di contingentamento

P.I. ha comprovato che al momento dell’assunzione di parte ricorrente e nell’anno di riferimento è stato ampiamente rispettato il limite del 15 % ex art. 2, comma 1-bis, D.Lgs. n. 368 del 2001 che prevede la possibilità di effettuare assunzioni di dipendenti a termine, senza giustificare il motivo dell’assunzione stessa, per un periodo complessivo di 10 mesi nel corso di ogni singolo anno “nella percentuale non superiore al 15 per cento dell’organico aziendale riferito al 1 gennaio dell’anno a cui le assunzioni si riferiscono”.

Ciò è attestato dai prospetti, da ritenersi attendibili, riferiti alla data di assunzione del ricorrente e all’intero anno 2012, nonché dalla relazione Finanziaria 2012 (docc. n. 3, 3/1, 3/2 fasc. Poste).

Non appare inoltre necessario procedere all’ulteriore valutazione della percentuale del 15% sul solo personale assegnato al servizio postale in quanto l’art. 2, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 368 del 2001 è chiaro nell’assumere come riferimento il numero complessivo dei dipendenti a tempo indeterminato in servizio su base nazionale, senza alcun riferimento alle loro mansioni o al settore di appartenenza o, ancora all’ambito territoriale (provincia) in cui è ubicata l’unità produttiva dove ha operato il lavoratore assunto a termine (vedi la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 1061/2010 che sul punto ha ribadito quanto segue: “A differenza che per il settore aeroportuale, l’art. 2 comma 1 bis non prevede limitazioni nell’utilizzo dei contratti a termine a particolari attività dei servizi postali, considerando unitariamente l’azienda, libera di darsi l’organizzazione più idonea realizzare gli interessi che le sono affidati. La disposizione individua i soggetti cui si applica la disciplina facendo riferimento alle imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste. Analogo riferimento all’azienda nel suo complesso si rinviene nell’indicazione della percentuale consentita di assunzioni a termine riferita all’organico aziendale, non ad una sua parte territorialmente o per settori limitata”; vedi anche sentenza n. 159/2012 della medesima Corte d’Appello di Milano).

b) L’obbligo di comunicazione alle OO.SS. di categoria del numero dei dipendenti da assumere a tempo determinato.

P.I. ha comprovato il puntuale adempimento degli obblighi di comunicazione alle organizzazioni sindacali producendo la relativa comunicazione in data 26.7.2012 (doc. n. 5 del fascicolo Poste).

Ad ogni modo si ritiene che l’eventuale assenza di comunicazione non infici la validità dei contratti a termine stipulati, potendo invece rilevare sotto il diverso profilo delle relazioni sindacali, quale comportamento scorretto del datore di lavoro.

c) Il Documento di Valutazione dei Rischi (D.V.R.).

Il ricorrente ha prestato attività lavorativa presso l’Area Logistica Territoriale Lombardia – CPD (Centro Primario di Distribuzione) di -OMISSIS-.

P.I. ha prodotto il DVR del 3.8.2010 contenente la prevista valutazione dei rischi per il sito di -OMISSIS- dove appunto è stato applicato il ricorrente (vedi doc. n. 18 allegato alla nota autorizzata di P.I. del 9.4.2015).

Come specificato nella nota autorizzata del 9.4.2015 il suddetto documento costituisce il DVR di aggiornamento, redatto specificatamente a seguito del passaggio del recapito di -OMISSIS-da Centro Secondario a Centro Primario di Distribuzione, con nuova collocazione fisica delle stesse attività, prima espletate in via -OMISSIS-, nei locali di via -OMISSIS- (vedi anche il DVR del 22.12.2008 allegato sub doc. n. 5 alla memoria di costituzione di P.I. S.p.A.)

P.I. S.p.A. ha dunque provato di avere effettuato la valutazione dei rischi per l’ufficio dove è stato applicato il ricorrente in data certa (risultante dal cd. timbro Gu.), antecedente alla sua assunzione a termine, in ottemperanza all’art. 3, D.Lgs. n. 368 del 2011.

P.I. S.p.A. ha quindi assunto il ricorrente nel pieno rispetto dei requisiti e dei limiti posti dalla normativa vigente per la stipula di contratti a tempo determinato.

Per quanto detto il ricorso va respinto.

Per la controvertibilità e complessità delle questioni trattate, si ritiene equo compensare tra le parti le spese di lite, anche tenuto conto che il ricorrente ha accettato la proposta conciliativa a suo tempo formulata da questo giudice.

P.Q.M.

Il Giudice del Tribunale di Monza, in funzione di Giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, così provvede:
a) respinge il ricorso;
b) compensa tra le parti le spese di lite.
Così deciso in Monza, il 22 aprile 2015.
Depositata in Cancelleria il 22 aprile 2015.

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