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Il pacchetto turistico inadempiente

Nella sentenza n. 436/2018 del Tribunale di Verona, il ricorrente conviene in giudizio un’agenzia di viaggio.
Dopo avere predisposto un viaggio di riconciliazione con la propria compagna, l’attore si è recato in Messico per passare una vacanza di una settimana nella località turistica di Cancun.
Sebbene l’operatore turistico avesse garantito al soggetto che la propria compagna, di cittadinanza albanese e con permesso di soggiorno temporaneo, non necessitasse di un visto per accedere al Messico, ella veniva prelevata dalla polizia del luogo e rispedita in Italia per mancanza di documenti, non appena messo piede sul suolo straniero.
Le richieste del caso di specie vertono, quindi, non solo sulla richiesta di risoluzione del contratto di acquisto del pacchetto turistico, ma anche sul risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.
Dalla datata sentenza n. 2201/1977 della Cassazione, e le seguenti pronunce di merito che vanno in questa direzione, si evince che l’attività svolta dal tour operator sia configurabile come un appalto di servizi, poiché l’organizzatore assume nei confronti del turista-consumatore un’obbligazione di risultato, da cui deriva la responsabilità per ogni evento che impedisca la realizzazione del risultato stesso.
Nessun dubbio sulla mancanza di informativa in capo alla convenuta, la quale eccepisce di avere dato tutte le informazioni corrette sulla posizione del ricorrente, contraente unico del contratto di specie.
Vero che secondo il Codice del Turismo «i cittadini stranieri devono reperire le corrispondenti informazioni attraverso le loro rappresentanze diplomatiche presenti in Italia e/o i rispettivi canali informativi governativi ufficiali», vero però, allo stesso tempo, che la mancanza di informazione alla propria compagna si riflette sul contraente stesso, impedendogli il godimento di una vacanza pianificata, espressamente, per rinsaldare un rapporto sentimentale ormai logoro.
A luce della sentenza n. 436/2018 della Cassazione va ricordato che «sebbene l’acquisto dei due biglietti possa astrattamente configurare due contratti autonomi, e non piuttosto un unico contratto relativo al viaggio di due persone, si tratterebbe comunque di contratti collegati, trattandosi di un tipico caso in cui lo scopo perseguito dai contraenti riguarda un risultato unitario e di interesse comune, pur se formalmente realizzato tramite atti diversi».
Per il giudice è consequenziale constatare la colpevolezza in capo al tour operator, disponendo la restituzione di quanto speso nonché il risarcimento da danno da vacanza rovinata.
Non può negarsi che un viaggiatore diligente debba accettarsi spontaneamente dei documenti necessari alla partenza; allo stesso modo l’ontologia stessa del tour operator risiede proprio nel supplire a questa pigrizia, magari discutibile ma sicuramente legittima.

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Michel Simion

Dottore in Giurisprudenza, Università degli Studi di Verona. Tesi in diritto costituzionale giapponese, appassionato di letteratura asiatica.

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