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Obbligo vaccinale Covid: sospendere la retribuzione lede la dignità?

Tribunale di Brescia – ordinanza del 22 agosto 2022, sez. Lavoro

Secondo il Tribunale di Brescia (ordinanza del 22 agosto 2022, sez. Lavoro) sono parzialmente fondate le questioni di incostituzionalità sollevate da un’ostetrica sospesa da lavoro e paga per la scelta di non completare con la terza dose il ciclo vaccinale obbligatorio.

Il caso

In seguito alla sospensione, l’ostetrica decide di rivolgersi al Tribunale del Lavoro sottolineando la violazione di diverse norme costituzionali. In aggiunta la lavoratrice è stata sospesa quando lo stato di emergenza era ormai concluso e non è stato riconosciuto alcun assegno alimentare.

Le richieste, in tutto sono tre:

  1. riammissione in servizio;
  2. disapplicazione della sospensione decisa dal Consiglio dell’Ordine;
  3. riconoscimento dell’assegno alimentare.

Lesa la dignità

Il Giudice di Brescia, una volta esaminati gli atti, decide di rimandare il caso alla Corte Costituzionale, in quanto le questioni di incostituzionalità sono a suo parere parzialmente fondate.

Giudicata irragionevole la decisione di sospendere la lavoratrice dal servizio insieme alla paga, in quanto non si prevede una soluzione alternativa intermedia. L’art. 2 della Costituzione, infatti, prevedendo la tutela dell’individuo come singolo e nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, non permetterebbe l’adozione di misure così estreme; in questo modo si lede la dignità della persona, in quanto la si priva dei mezzi necessari per far fronti ai bisogni primari.

Prevedendo la non corresponsione di alcuna retribuzione per tutto il periodo della sospensione, poi, l’art. 4 comma 5 del decreto legislativo n. 44/2021 entrerebbe in contrasto con l’art. 3 della Costituzione. Secondo il giudice, infatti, «a fronte di una condotta non integrante illecito né disciplinare né penale e che riguarda una fattispecie introdotta in una fase emergenziale in un contesto del tutto eccezionale, nega a siffatto personale persino la corresponsione di quell’indennità come un assegno alimentare generalmente riconosciute dall’ordinamento per sopperire alle esigenze alimentari del lavoratore sospeso anche laddove quest’ultimo sia coinvolto in procedimenti penali e disciplinari per fatti di oggettiva gravità, posto che ciò genera una irragionevole disparità di trattamento nei confronti dei soggetti che hanno posto in essere condotte che, proprio per previsione legislativa, sono esenti da alcun tipo di rilievo».

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