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Metodo mafioso: i motivi della condanna per Roberto Spada

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 21530/2018, ha confermato la custodia cautelare in carcere per Roberto Spada a seguito dell’aggressione avvenuta nel novembre 2017 ai danni di Daniele Piervincenzi e Edoardo Andelmi (rispettivamente, giornalista e operatore Rai per la trasmissione Nemo). I reati che hanno fatto scattare la misura sono violenza privata e lesioni personali aggravate.
I fatti, incontestabili in quanto provabili chiarissimamente dal video girato, presentano la «circostanza aggravante del metodo mafioso» (art. 7 Dl 152/1991, oggi art. 416 bis C.p.), come considerato dal Gip già dalle prime battute. Tale aggravante comporta automaticamente un aumento di pena, comprese alcune norme che di certo non favoriscono l’imputato: tra le molte, applicabilità (quasi obbligata) della custodia cautelare in carcere, limitazioni al diritto di prova nel dibattimento, applicabilità del regime di cui all’articolo 41-bis legge 354/1975.
Il metodo mafioso, per essere configurabile ha alcuni requisiti:

  1. intimidazione legato al vincolo associativo;
  2. condizioni di assoggettamento e di omertà dei soggetti esterni all’associazione.

La presenza della circostanza aggravante viene confermata molto chiaramente dai giudici di Cassazione, pur specificando che essa «non presuppone necessariamente l’esistenza di un’associazione ex art. 416-bis Codice penale, né che l’agente ne faccia parte, essendo sufficiente […] il ricorso a modalità della condotta che evochino la forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso». Le modalità, evidenziate dal video, sono ben chiare a partire da una prima dissuasione dall’intervista invocando personaggi che avrebbero 1) danneggiato l’auto dell’inviato («guarda che già t’hanno graffiata all’altra parte») o 2) sottrargliela («mo tocca vedé quanno vai via se trovi a macchina»); in più non si dimentichi il riferimento fatto a un «soggetto collettivo in grado di influenzare le decisioni politiche assunte nell’ambito del quartiere».
Il requisito di assoggettamento e omertà dimostrato dai soggetti esterni all’associazione, invece, si è configurato grazie al «clima di omertà diffuso in loco per infierire sui due malcapitati, […] dissuasi da ogni tentativo di difesa proprio dall’ostilità percepita nei loro confronti (gli involontari spettatori si affrettarono a chiudere le finestre; nessuno si offrì di aiutarli, seppur vedendoli sanguinare; addirittura, qualcuno manifestò compiacimento per l’accaduto)».
L’aggressione fisica, quindi, ha trovato terreno fertile per trovare il suo compimento grazie al clima di paura creato «dall’associazione malavitosa imperante sul territorio, nota come clan Spada, ben presente alla mente dei giornalisti e ben nota agli abitanti del luogo».
 

Fonte: IlSole24Ore
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