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Identità digitale tra furti e nuove regole di Twitter. Perché è importante?

Recentemente i vertici di Twitter hanno annunciato la volontà di estendere il marchio di “profilo verificato” anche ai normali utenti. Non solo più attori, cantanti e star varie ed eventuali, il cui rischio di vedersi replicare il profilo è sempre dietro l’angolo, ma anche gli utenti “normali”. Tutto ciò in salvaguardia dell’identità digitale e per scongiurare la diffusione capillare di fake news.
«Vogliamo essere uno dei servizi più affidabili al mondo e sappiamo che abbiamo molto lavoro da fare», ha dichiarato il CEO Jack Dorsey, per poi aggiungere che il nuovo sistema di verifica partirà analizzando i profili dei candidati alle elezioni di metà mandato negli Stati Uniti.
Secondo il sito Buzzfeed, inoltre, Twitter ha già sospeso migliaia di profili molto popolari (alcuni con milioni di follower) rei sia di rubare tweet senza citarne la fonte sia di compiere tweetdecking, ovvero la pratica di interagire a pagamento con i contenuti mettendo in vendita la propria popolarità. Usi che violano le regole contro lo spam.
La parola d’ordine, per quanto riguarda tutti i social network, è diventata una sola: sicurezza. Non solo in termini di privacy (importantissima), ma di veridicità di quanto si legge/scrive. Si cerca sempre più di andare verso il maggior grado di affidabilità possibile, garantendo l’individualità di ogni utente nel momento stesso in cui questo accede a un qualsiasi servizio che intende utilizzare.
L’identità digitale, accezione che molto sa di fantascienza, non è altro che la carta di identità di ognuno di noi. Essa è formata da due componenti principali:

  1. l’identità;
  2. le credenziali, ovvero gli attributi dell’identità.

Cosa cambia rispetto al passato? Semplice: identità digitale e reale vanno a combaciare sempre più. E la cosa non deve sconvolgere: i servizi ai quali si accede attraverso Internet hanno sempre più a che fare con l’aspetto quotidiano della vita. Dalla spesa, alle bollette, al conto bancario. Tutto ciò è l’espressione dell’effimero (per definizione, il virtuale) che influenza le azioni reali per averne ripercussioni anche molto pesanti.
Non è un mistero, quindi, che anche le identità digitali siano diventate mira di un vero e proprio mercato illegale. Lo scambio identità/denaro, avviene nel dark web, ovvero la porzione di Internet non indicizzata dai normali motori di ricerca, quindi invisibile ai più, e luogo in cui avvengono transazioni che riguardano droga, armi, materiale pornografico e dati sensibili.
Il valore di un’identità digitale può arrivare fino a 1.200 dollari, almeno secondo il listino pubblicato recentemente dal sito top10vpn.com. Ogni servizio utilizzato dall’utente ha un valore espresso in dollari, dipendente dal grado di contatto con la realtà. Gli account social non valgono molto, si parla di 5 dollari per Facebook per poi passare a 1.66 per Twitter. Poco più di un dollaro per delle credenziali Yahoo o Gmail, mentre si comincia già a salire se si tratta di Netflix (8 dollari) o Apple (15 dollari, tra gli account più ricercati in quanto collegati direttamente con lo smartphone e alla carta di credito). Tutto ciò, però, è niente se confrontato a un account Paypal, il quale scala la classifica e viene stimato a un valore di circa 247 dollari; non reggono il confronto Amazon o eBay, rispettivamente 9 e 12.48 dollari.
Sembra poco, detto così, ma basta pensare ai danni legati al furto delle credenziali di accesso alla propria identità digitale: dalla semplice clonazione del profilo social a vedersi ridotto o azzerato il conto in banca. Si immagini cosa potrebbe succedere in seguito al furto di una casella Pec, la quale ha valenza legale in sede processuale.
La questione delle fake news, per quanto si provi a ignorarla, non si ferma solo alla diffusione di notizie. Riguarda, piuttosto, la nostra stessa identità, digitale o reale che sia. Ben vengano, quindi, le azioni atte a migliorare l’affidabilità delle piattaforma in termini di sicurezza e la verificabilità della vera identità di un utente. Questo, ovviamente, vale anche per il legislatore.
 

Fonte: Ansa.it
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emanuelesecco

Dottore in Editoria e Giornalismo. Appassionato di scrittura, editoria (elettronica e digitale), social media, musica, cinema e libri. Viaggio il più possibile, ma Budapest è sempre nel cuore.

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