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Facebook: diffamazione aggravata anche senza il nome del soggetto

Corte di Cassazione – sentenza n. 10762/2022, sez. Quinta Penale

Non è necessario che si riportino nome e cognome della persona oggetto di offese affinché la pubblicazione di un post lesivo possa integrare il reato di diffamazione aggravata a mezzo Facebook. Basta che si menzionino particolari utili alla sua identificazione.

È quanto ha concluso la Corte di Cassazione con sentenza n. 10762/2022, bocciando il ricorso di due amiche già condannate per il reato di diffamazione in concorso.

Il caso

Le due avevano pubblicato su Facebook dei post gravemente offensivi nei confronti di una conoscente. All’interno del testo non erano presenti nome e cognome, ma si faceva riferimento alla professione e al suo “nanismo”; quanto basta affinché amici e collaboratori potessero capire il soggetto destinatario delle offese.

In seguito a una prima condanna, le due hanno fatto ricorso in Cassazione rilevando tre motivi:

  1. la prescrizione del reato;
  2. l’erronea applicazione della legge penale basandosi sull’impossibilità di riconoscere la persona lesa;
  3. la mancata riduzione della pena per la scelta del rito.

Il giudizio di Cassazione

Secondo i giudici di legittimità, la precedente sentenza è da annullare in quanto il reato è effettivamente prescritto.

Il secondo motivo, invece, è infondato. Sul profilo di una delle due imputate, infatti, è provato che siano apparsi post che integrano l’art. 595, comma III c.p. La pubblicazione di contenuti simili, infatti, è «potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o comunque, quantitativamente apprezzabile, di persone». L’offesa, quindi, si configura nonostante «l’assenza di indicazione nominativa del soggetto la cui reputazione è lesa, qualora lo stesso sia individuabile, sia pure da parte di un numero limitato di persone, attraverso elementi della fattispecie concreta, quali la natura e la portata dell’offesa, le circostanze narrate, oggettive e soggettive, i riferimenti personali e temporali».

Nel caso in esame, quindi, essendo presenti riferimenti in grado di individuare il soggetto offeso, si integra il reato di diffamazione aggravata a mezzo Facebook. La conferma viene dal fatto che collaboratori e amici della persona offesa capirono subito il riferimento fatto.

Non essendo condannabili per prescrizione del reato, le due amiche sono state comunque condannate a risarcire il danno da reato.

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