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Diritto di cronaca o violazione della privacy? Tribunale di Verona, sentenza n. 2188/2018, giudice Abbate

Il diritto di cronaca, o diritto d’informare, rinviene il suo fondamento nell’art. 21 Cost., in quanto libera manifestazione del pensiero, e consiste nel diritto a pubblicare quello che è collegato a fatti e avvenimenti di interesse pubblico o che accadono in pubblico; funzione precipua della cronaca è proprio quella di raccogliere le informazioni di pubblico interesse per poi diffonderle alla collettività.
Il diritto di cronaca vanta una tutela per così dire rinforzata, in virtù della sua natura e della sua funzione (in particolare ci si riferisce all’esimente del diritto di cronaca di cui all’art. 51 c.p. – “Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere”); tuttavia la libertà costituzionalmente tutelata e garantita di manifestazione del pensiero non può essere indiscriminata e assoluta e non deve sfociare nella libertà di diffamazione.
Su questo aspetto è intervenuta la giurisprudenza, che ne ha individuato alcuni limiti, affinché l’esercizio del diritto di cronaca possa avere efficacia scriminante.
Secondo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte il legittimo esercizio del diritto di cronaca, che vale a escludere l’esistenza di ogni danno ingiusto, ricorre quando vengano rispettate le seguenti condizioni: la verità oggettiva della notizia (o anche la verità soltanto putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca), la continenza (intesa come il rispetto dei requisiti minimi di forma che debbono caratterizzare la cronaca), la sussistenza di un interesse pubblico all’informazione (cfr. Cass. civ., n. 14822 del 04/09/2012; Cass. civ., n. 6902 dell’08/05/2012; Cass. civ., n. 20285 del 04/10/2011; Cass. civ., n. 12420 del 16/05/2008).
Quanto al primo presupposto, la Corte di Cassazione ha precisato che il giornalista ha l’obbligo di controllare l’attendibilità della fonte informativa «a meno che non provenga dall’autorità investigativa o giudiziaria» (cfr. Cass. civ., n. 2271 del 04/02/2005; Cass. civ., n. 20138 del 18/10/2005; Cass. civ., n. 7605 del 31/03/2006) e che, inoltre, «ricorre l’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca qualora, nel riportare un evento storicamente vero, siano rappresentate modeste e marginali inesattezze che riguardino semplici modalità del fatto, senza modificarne la struttura essenziale» (cfr. Cass. pen., n. 37463 del 21/09/2005; Cass. pen., n. 1419 del 11/02/1985).
La questione portata all’attenzione del Tribunale di Verona, decisa con la sentenza n. 2188 del 2018, riguardava una presunta violazione del dovere di verità, di controllo e dei limiti al diritto di cronaca, nonché la lesione del diritto all’onore, alla reputazione e alla privacy, compiute a mezzo stampa.
In particolare gli attori, due giovani condannati per spaccio di sostanze stupefacenti, lamentavano la falsità della narrazione della vicenda che li vedeva protagonisti, avvenuta mediante la pubblicazione di un articolo su un noto giornale locale, e chiedevano il risarcimento dei danni alla reputazione, all’onore, alla privacy, alla vita familiare e di relazione e alla vita professionale arrecati con il suddetto comportamento dalla giornalista e dall’editore.
Secondo la tesi attorea la giornalista autrice di quell’articolo avrebbe dovuto verificare l’attendibilità della fonte, effettuando una ricerca per controllare la veridicità della notizia e così indicare l’esatto quantitativo di marijuana trovato in possesso del ragazzo ed escluderne comunque il coinvolgimento in un’associazione per delinquere a fini di spaccio; la medesima avrebbe indebitamente violato la privacy del giovane riportando i suoi dati personali (nome, cognome, età, residenza e stato d’inoccupazione), in luogo delle sole iniziali del nome e del cognome, come fatto nel comunicato stampa della Guardia di Finanza.
Tuttavia il Giudice adito ha rigettato le pretese attoree, ritenendo che il testo dell’articolo pubblicato riproducesse fedelmente, senza alcun commento suggestivo e senza toni enfatici, il contenuto del comunicato stampa diffuso dalla Guardia di Finanza, ove si ritrovano riferimenti sia all’organizzazione dello spaccio delle sostanze stupefacenti, sia al quantitativo complessivo di marijuana trovata in possesso dei due arrestati.
A fronte di questo non potrebbe rimproverarsi alla giornalista una mancanza di diligenza nella scelta della propria fonte informativa (rappresentata nel caso dall’autorità investigativa che aveva proceduto all’arresto), né imputarle il mancato aggiornamento della notizia all’esito della celebrazione dell’udienza, risultando invece evidenziati la definizione del procedimento con sentenza di patteggiamento, il più mite trattamento comminato all’attore rispetto al coimputato, la sospensione della pena e l’incensuratezza del giovane.
Inoltre, sussisterebbe anche l’ultimo requisito del legittimo esercizio del diritto di cronaca, posto che la vicenda giudiziaria, ancorché circoscritta in ambito locale, stante l’allarme sociale provocato dal fenomeno dello spaccio di stupefacenti, offriva indiscutibili profili di interesse pubblico, interesse già ordinariamente connesso all’esercizio della cronaca giudiziaria (cfr. Cass. pen., n. 39503 dell’11/05/2012).
Infine, la propalazione dei dati identificativi dei destinatari di provvedimenti giurisdizionali (trattandosi di dati giudiziari ai sensi dell’art. 4, lett. e) del Codice della privacy) si inquadra nel generale regime di pubblicità dei provvedimenti giurisdizionali e, quanto a identità, età, professione, capo di imputazione e condanna irrogata a una persona maggiorenne, possono essere pubblicati anche in assenza del consenso dell’interessato, ove rispettati, com’è nel caso de quo, i requisiti su cui si basa il diritto di cronaca, richiamati dall’art. 137, c. 3, del citato Codice.

dott.ssa Veronica Foroni

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Veronica Foroni

Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Verona, tesi "Il consenso informato ai trattamenti sanitari nei soggetti incapaci tra esigenze di protezione della salute e tutela dell'autodeterminazione", relatore Prof. Riccardo Omodei Salè (110/110). Frequento la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali, Università degli Studi di Trento e Verona. Praticante avvocato e tirocinante presso Tribunale di Verona - III sez. civile (magistrato referente dott. Massimo Vaccari). Appassionata di biodiritto e bioetica, mi interesso dei temi di diritto civile relativi a persone e famiglia (in particolare della tutela dei soggetti incapaci).

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