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Corte Costituzionale: cura di grave malattia mentale anche fuori dal cercare

Il diritto fondamentale alla salute va tutelato anche quando si parla di soggetti che contraggono una qualsiasi forma di malattia mentale durante la detenzione in carcere. Si deve permettere, previa opportuna valutazione da parte del giudice, che il detenuto possa essere curato fuori dalla struttura carceraria – anche se la pena residua supera i quattro anni – in luoghi in cui si possano garantire salute e sicurezza.

La sentenza n. 99/2019 emessa dalla Corte Costituzionale riempie così un vuoto di tutela nel quale non si prevedeva l’accumulo di situazioni e sintomi che potessero effettivamente determinare un sovrappiù della pena tale da pregiudicare in modo ulteriore la salute del detenuto.

I giudici costituzionali hanno così accolto la questione sollevata dalla Cassazione e il rimedio trovato dalla stessa, ovvero l’applicazione dell’art. 47 ter, comma I ter dell’Ordinamento penitenziario, il quale prevede l’applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare “umanitaria”; tale misura, secondo il parere della Corte, è in grado di soddisfare tutti gli interessi e i valori tirati in ballo dal caso. Il tutto, è bene ricordarlo, dovrà passare attraverso un’attenta valutazione da parte del giudice, il quale dovrà saper soppesare le esigenze del malato con quelle di sicurezza pubblica.

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Redazione interna sito web giuridica.net

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