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Commento a sentenza: Tribunale di Verona, n. 470/2018

Da sempre viene vantato un nesso tra medicina e giurisprudenza, il quale, forse, non è tanto riconducibile alle analogie tra le due discipline bensì all’opportuna amicizia che dovrebbe legare i due professionisti.
Esiste un detto che sostiene il vantaggio di avere un medico in famiglia ma, dati i recenti sviluppi normativi, nella famiglia del medico sarebbe opportuno avere un fido avvocato.
In questo caso non è dato sapere se il medico e l’avvocato siano tra loro anche amici ma, certamente, quest’ultimo ha sapientemente saputo sollevare il professionista dalle accusa di responsabilità.
L’art. 2051 c.c., nel caso di specie, viene letto in una chiave estensiva; la relazione tra la cosa fonte del danno e colui che detiene il potere su di essa viene intesa anche come mero possesso o detenzione. Allo stesso tempo, però, viene sottolineato come si debba valutare se un oggetto, di per sé non pericoloso, lo sia potuto diventare attraverso il comportamento inadeguato del danneggiato, interrompendo così il nesso causale.
All’obbligo di custodia, infatti, fa pur sempre riscontro un dovere di cautela da parte di chi entri in contatto con la cosa.
È indubbio che il comportamento del ricorrente, nella sentenza n. 470/2018 del Tribunale di Verona, abbia contributo, utilmente, alla produzione del danno; l’inattenzione dell’attore, nell’accomodarsi sul lettino, può essere qualificato quale fatto dello stesso danneggiato che, per imprudenza e/o utilizzazione impropria del bene, ha avuto un’efficacia causale tale da interrompere il nesso eziologico tra la cosa e l’evento.
Questa interpretazione della norma è attinente al caso e al campo medico in esame ma, forse, andrebbe assunta come modello per l’agire umano in generale. Si può, cioè, abbracciare questa norma come un modus operandi, una sottolineatura dell’antico detto «prevenire è meglio che curare». Per cui le persone dovrebbero, quando agiscono, pensare al loro comportamento e prestarci attenzione, anziché essere superficiali o imprudenti. Solo dopo aver fatto ciò la loro attenzione si potrà, e dovrà, spostare sull’operato altrui.

Giulia Magagnotti
laureanda in Giurisprudenza

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