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Chiusi gli Stati Generali dell'esecuzione penale. Ora si punta a costruire un modello della pena europeo

Roma. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, quattro ministri, presidenti di Commissioni Giustizia di Camera e Senato, un ex Capo dello Stato, esponenti delle massime istituzioni europee, vertici di Corte Costituzionale, Corte di Cassazione e Consiglio Superiore della Magistratura, oltre a magistrati, avvocati, esperti del mondo accademico, sportivo e dello spettacolo, rappresentanti del volontariato e dell’associazionismo, autorità religiose. E i tanti detenuti presenti all’interno e all’esterno del teatro. È stata insomma l’espressione della società civile a gremire per due giorni i 320 posti dell’auditorium della Casa circondariale “Raffaele Cinotti” di Rebibbia (e i quasi 700 davanti al maxischermo allestito nella chiesa dell’istituto) per raccogliere l’invito del ministro Andrea Orlando a partecipare all’evento conclusivo degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale. Un percorso di riflessione e approfondimento sul sistema penitenziario fortemente voluto dal guardasigilli per ripensare una dimensione della pena più vicina ai dettami della Costituzione e agli standard europei e che punti al reale reinserimento dei detenuti nella società e alla costruzione di una migliore fisionomia del carcere, più dignitosa sia per chi vi lavora sia per chi vi è ristretto.
“Abbiamo fatto una cosa che in questo ambito non era mai stata fatta, per dimensione della riflessione, per ampiezza di visione, per ambizione”, ha affermato con orgoglio Orlando, ringraziando i tanti esponenti della società civile che hanno aderito all’iniziativa portando ciascuno il proprio contributo e la propria riflessione, la propria esperienza professionale o scientifica nei 18 tavoli di lavoro tematici che hanno costituito, insieme con la consultazione pubblica, il cuore di un lavoro durato quasi un anno. “Si tratta di un lavoro importantissimo che servirà a riformare l’ordinamento, a cambiare le prassi, a costruire un modello di esecuzione della pena europeo. Ma anche una vera e propria banca dati di progetti, di idee e di riflessioni che potrà essere utile sia al legislatore, sia all’amministrazione penitenziaria, sia alla società”.
Il punto di partenza degli Stati Generali è stato dettato dalla necessità e dal desiderio di non disperdere lo sforzo normativo e organizzativo fatto da Governo, Parlamento e Ministero in due anni per affrontare e superare l’emergenza sovraffollamento delle carceri, finita sotto la lente della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. “Abbiamo capito che occorre fare il possibile per ricordare a tutti che il carcere è parte della società e che occorre fare di tutto perché la società nel suo insieme si occupi di come funziona il sistema penitenziario”, ha più volte ripetuto il guardasigilli, sottolineando che “se non si abbatte il muro della paura, non possiamo aspirare ad avere un miglioramento delle condizioni di sicurezza per tutti i cittadini”. Perché, assicura Orlando, “un carcere che sia in grado di chiedere un’assunzione di responsabilità in termini di lavoro, di impegno, di scuola, è un carcere che corrisponde non solo a un’esigenza rieducativa del detenuto, ma soprattutto a un’esigenza di sicurezza della società”.
Nel corso della due giorni a Rebibbia sono state illustrate le relazioni e le proposte elaborate dai gruppi di lavoro ed è stato reso pubblico il documento finale che riassume le ragioni e gli obiettivi di una scelta metodologicamente inedita che punta a sviluppare una nuova cultura della pena. Perché, come ben sintetizza l’ultimo passaggio di tale documento, “La società che offre un’opportunità ed una speranza alle persone che ha giustamente condannato si dà un’opportunità ed una speranza di diventare migliore”.
Da Ministero della Giustizia – news

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