Sentenze

Tribunale Ordinario di Milano, Sez. Lavoro – Sentenza 19.03.2015 (Dott.ssa Porcelli)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI MILANO

SEZIONE LAVORO

La dott.ssa Eleonora Maria Velia Porcelli in funzione di giudice del lavoro ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al N. 4467/2014 R.G. promossa da:
D.E. (I.) S.R.L., con il patrocinio dell’avv. T. A. e dell’avv. C. A., elettivamente domiciliato in MILANO
contro
I.N.P.S. – SEDE DI ROMA e S. S.P.A., con il patrocinio dell’avv. M. A. M., elettivamente domiciliato in MILANO
Oggetto: opposizione ad avviso di addebito
Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale di Milano, sezione lavoro, depositato in Cancelleria in data 12-4-14, la D.E. (I.) s.r.l. ha proposto opposizione avverso l’avviso di addebito, notificato in data 3-3-14, con il quale le è stato chiesto, in qualità di obbligato solidale ai sensi dell’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276 del 2003, il pagamento del complessivo importo di Euro 482.818,20, a titolo di contributi previdenziali relativi al periodo dal 1-11-05 al 16-4-10 e somme aggiuntive: a tal fine ha convenuto in giudizio Inps e S., chiedendo l’accertamento della illegittimità e infondatezza delle pretese contributive azionate, nonché l’accertamento della nullità, l’annullamento o la revoca dell’avviso di addebito opposto.

Premesso di fornire a terzi il servizio commerciale ed operativo di spedizione, avvalendosi di vettori localizzati sui territori ove devono essere effettuate le spedizioni, la società opponente ha esposto di aver sottoscritto con J. s.r.l. un contratto di trasporto, che prevedeva una serie di operazioni accessorie e strumentali al servizio di trasporto; ha aggiunto che nel gennaio 2010 l’Inps le aveva notificato il verbale di accertamento 10-1-11, nel quale il rapporto intercorso con J. era stato ricondotto al contratto di appalto e nel quale era affermata la sua responsabilità solidale per le omissioni contributive accertate nei confronti di J., in particolare per aver utilizzato le prestazioni di lavoratori senza iscriverli a libro unico, per aver assunto a tempo parziale altri lavoratori che avevano svolto le mansioni a tempo pieno e per aver erogato importi fuori busta.

In punto di diritto la società opponente ha innanzi tutto sostenuto che il contratto stipulato con J. non può essere qualificato come appalto di servizi, con conseguente insussistenza della responsabilità ex art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276 del 2003; ha inoltre eccepito la sopravvenuta decadenza dall’azione esecutiva nei confronti del responsabile solidale, per superamento del termine biennale previsto dalla norma suddetta, nonché la intervenuta prescrizione parziale del diritto al credito contributivo; ha comunque sottolineato come spetti all’Inps l’onere di provare la riconducibilità dei contributi omessi da J. alle attività di lavoro rese in esecuzione del preteso appalto; infine ha affermato che la responsabilità solidale si estende ai soli contributi non versati e non anche alle sanzioni accessorie.

Costituendosi ritualmente in giudizio, l’Inps, anche quale mandatario di S. s.p.a., ha contestato la fondatezza delle pretese avversarie, di cui ha chiesto il rigetto.

Il Giudice, ammessa ed espletata in parte la prova testimoniale dedotta, ha invitato alla discussione orale e ha pronunciato sentenza, dando lettura del dispositivo in udienza.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Innanzi tutto, il contratto stipulato tra la societa’ opponente e la J. s.r.l. deve essere qualificato come contratto di appalto di servizi e non come contratto di trasporto, come invece sostenuto in ricorso.

In primo luogo lo stesso contratto è stato definito dalle parti “accordo per i servizi di logistica distributiva” ed il riferimento a servivi, oltre che di distribuzione, di logistica già di per sé esclude la configurabilità  di un semplice contratto di trasporto.

Inoltre dal contratto medesimo e dall’allegato capitolato si evince che oggetto del contratto non è meramente il trasporto di cose, vale a dire il trasferimento di merci da un luogo ad un altro, ma comprende altresì una serie di ulteriori servizi che non possono essere ritenuti meramente secondari ed accessori.

A prescindere dalle attività di carico/scarico e di compilazione dei documenti di trasporto, effettivamente connesse e strumentali all’attività di trasporto, infatti, il contratto prevede, all’atto del ricevimento della merce, la verifica da parte del fornitore (vale dire J. s.r.l.) della congruenza tra quantità e qualità delle merci scaricate e quanto espresso nel documento che attesta il ricevimento della merce e il controllo dello stato della merce; prevede altresì, al momento del ritiro della merce, la verifica della congruenza tra quantità e qualità della merce ritirata e il controllo dello stivaggio, dello stato della merce e degli imballi; è prevista, infine, la consegna della merce al vettore.

Nell’allegato 1 si indicano ulteriori operazioni quali la lettura ottica dei colli in entrata presso i magazzini del fornitore e dei colli in distribuzione, lo smistamento della merce ed il deposito della merce in attesa della consegna al destinatario e della resa a D., la segnalazione di mancanze o anomalie, la riconsegna dei pallets o della merce resa presso i magazzini dei clienti, la soste tecnica della merce ritirata in vista della resa a D., l’approntamento della merce per l’inoltro a D. con carico dei mezzi, compilazione della distinta di carico e apposizione dei sigilli sui veicoli, l’inserimento a sistema informativo dei dettagli relativi alle partenze.

Non è vero, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, che non fosse prevista alcuna attività di magazzino o di stoccaggio della merce.

Al contrario, al punto 2.5 del contratto il fornitore si impegna a garantire il ricevimento e lo scarico delle merci anche nel giorno di sabato, in cui non vengono effettuati trasporti.

Si aggiunga che, anche ove si volesse definire come connesse al trasporto le attività sopra riportate, in ogni caso le stesse esulano dal contratto di trasporto propriamente inteso.

Infine erano previste specifiche obbligazioni relative all’esposizione dell’insegna D.E.I. presso l’immobile ove operava la J. s.r.l., all’esposizione del logo sui mezzi di trasporto utilizzati e all’utilizzo di una divisa nello svolgimento del servizio.

In particolare le parti hanno sottoscritto un apposito contratto di pubblicità, che peraltro ha riguardato solo il primo dei contratti conclusi tra l’odierna opponente e J. s.r.l.

L’oggetto del contratto è, quindi, il complesso servizio di cui si sono descritte le varie fasi e non il semplice trasporto di beni.

Si aggiunga che il teste D.V., dipendente di D., anche se interrogato su circostanze diverse ha riferito: “nel 2007, quando sono rientrato da un periodo di distacco sindacale, ho trovato tra i fornitori la J.A. di Bolzano: si trattava di un fornitore che noi definiamo “corrispondente”. Si sapeva che era un fornitore di quella zona a cui affidavamo un servizio totale di distribuzione: a tale fornitore perveniva la merce, la lavorava e la consegnava. Servizio totale significa che il fornitore si occupa della merce da quando arriva a quando viene consegnata”.

Nel contratto stipulato tra la società opponente e J. s.r.l. sono inoltre presenti clausole tipiche del contratto di appalto.

Si pensi in primo luogo al punto 2, dove è previsto:”… il fornitore si impegna ad osservare le norme legali e contrattuali applicabili ai propri dipendenti, con particolare riferimento alle prescrizioni in materia contributiva, previdenziale con invio mensile obbligatorio a D.E.I. del modello DURC nonché di sicurezza e salute dei lavoratori. Il fornitore terrà D.E.I. manlevata ed indenne da qualsiasi pretesa che il proprio personale dipendente e/o Istituti terzi dovessero avanzare nei confronti della stessa, nonché da eventuali danni o spese sostenute in conseguenza di tali pretese”.

Inoltre D. si è riservata il diritto di verificare la corretta esecuzione del servizio affidato a J. s.r.l. (punto 22 ricorso e punti 2.8 e 2.9 contratto): ciò ricorda il contenuto dell’art. 1662, comma 1, che prevede il diritto del committente “di controllare lo svolgimento dei lavori e di verificarne a proprie spese lo stato”.

Anche il punto 3 del contratto (“Modalità di esecuzione dei servizi”), che prevede la prestazione dei servizi secondo quanto indicato nel Manuale dei Requisiti di Fornitura ed in conformità e nel rispetto di eventuali ulteriori indicazioni operative di volta in volta fornite da D., così come il sistema di incentivi e penali (all.7) collegati al livello di servizio che il fornitore deve garantire esulano dagli elementi formali e sostanziali del contratto di trasporto. Analoghe considerazioni valgono per la fornitura, da parte di D., dell’uso gratuito del computer con accesso al proprio sistema software per l’inserimento dei dati relativi alla merce (art. 2.6 e all. 4 contratto prodotto come doc. 1 D. e doc. 2).

Trattandosi di una fattispecie di appalto, trova piena applicazione l’art. 29 D.Lgs. n. 276 del 2003, che al secondo comma, prevede la responsabilità solidale tra committente e appaltatore per quanto riguarda “i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti”: la norma deve essere interpretata nel senso che tale obbligazione solidale debba essere riferita ai crediti maturati durante il periodo di gestione del contratto di appalto.

La società opponente sottolinea come spetti all’Inps l’onere di dimostrare che i contributi oggetto dell’avviso di addebito opposto si riferiscano integralmente e unicamente al contratto intercorso tra D.E.I. e J. s.r.l e afferma invece che, come si ricava dalla numerazione discontinua delle fatture, J. s.r.l. operava per più committenti, con la conseguenza che a ciascuno di essi può essere imputata solo la quota contributiva corrispondente all’attività lavorativa espletata nel rispettivo appalto.

L’Inps ha sostenuto che J. s.r.l. non avesse altri committenti oltre alla società odierna opponente, nel periodo oggetto dell’avviso di addebito, e che avesse lavorato solo per tale società.

La prova espletata ha confermato quanto affermato dall’Inps.

Il teste P., premesso di aver lavorato alle dipendenze di J.A. s.r.l. da giugno 2005 a marzo 2010, ha dichiarato. “Aprivo alle 4 del mattino e chiudevo alle 9 di sera il magazzino, sito in Bolzano, dove ricevevamo la merce di D.. La merce veniva poi lavorata e consegnata. Durante tutto il mio rapporto ho svolto l’attività sopra descritta. Non avevamo altri committenti”.

La teste S. ha riferito: “Dal 2006 e per circa un anno ho lavorato alle dipendenze della J.A.; poi D. è passata ad un altro partner per il servizio “E.” (I.S.) e io sono passata a lavorare per tale soggetto per circa un anno, dopo di che sono tornata a lavorare per J. per meno di un anno, in quanto la J. aveva continuato ad occuparsi del servizio camionistica, sempre per D.. Non so se la J. avesse altri committenti oltre D.. Io, quando ho lavorato per la J. mi sono occupata solo del servizio per D..

Non possono confutare tali risultanze le deposizioni degli altri testi escussi.

Il teste C., dipendente di D. come addetto alle relazioni con i fornitori di servizi, ha potuto solo riferire: “Non introduciamo clausole di esclusiva nei nostri contratti. Escludo che J.A. abbia operato in esclusiva per D.. perché in generale presupposto nella ricerca dei fornitori per questo tipo di forniture è che gli stessi operino per più network”. Si tratta all’evidenza di affermazioni generiche, che nulla dicono circa la reale situazione di fatto.

Analoghe considerazioni valgono per il teste D.V., dipendente di D. nel reparto che si occupa dei rapporti con i fornitori esterni, il quale si è limitato a dichiarare: “Io vedevo gli estratti conto con i riferimenti delle fatture emesse da J.A. e non mi sembrava che i numeri fossero consequenziali, anzi. Preciso comunque che è passato un po’ di tempo e che mi ricordo questo”.

A fronte delle risultanze della prova testimoniale, nessun rilievo possono assumere le fatture prodotte dalla società opponente.

Infatti quest’ultima si è limitata a produrre dieci fatture, le quali indicano servizi diversi (consegne, giacenze, servizio camionistico) e quindi confermano piuttosto la possibile emissione di più fatture da parte di J. s.r.l. nei confronti di D..

Si aggiunga che la società opponente si è limitata a contestare genericamente l’adibizione dei lavoratori a cui si riferiscono i contributi richiesti ai servizi da essa stessa commissionati a J.A., anche se nel verbale di accertamento 10-1-11 i nominativi di tali lavoratori erano specificamente indicati, mentre l’Inps ha prodotto le dichiarazioni dei vari lavoratori di J.A., i quali hanno affermato di aver lavorato sempre e solo per D..

Proseguendo nell’esame del ricorso in opposizione, devono essere altresì superate le eccezioni di decadenza e prescrizione ivi avanzate.

La società opponente ritiene che l’Inps sia decaduto dal diritto di agire nei confronti del responsabile solidale, ai sensi dell’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276 del 2003, in quanto la notifica dell’addebito è avvenuta oltre il termine, previsto dalla norma medesima, di due anni dalla risoluzione del contratto di trasporto/appalto, avvenuta in data 12-3-10: ritiene infatti la società opponente che l’unico mezzo a disposizione dell’Istituto per evitare la decadenza sia l’iscrizione a ruolo del credito ovvero la notifica dell’avviso di addebito.

Tale tesi non può essere condivisa.

L’art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 276 del 2003 citato prevede semplicemente che “il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodi di esecuzione del contratto di appalto…”.

È pacifico che si tratti di un termine di decadenza, ma la norma nulla impone circa le forme e modalità con cui debba essere esercitato il diritto per impedire la decadenza: in particolare la norma non prescrive al creditore di iniziare l’azione di recupero del proprio credito entro il termine di due anni.

È invece sufficiente che, entro il suddetto termine, il creditore si attivi, rendendo noto al debitore che intende avvalersi della sua responsabilità in via solidale.

Nel caso di specie l’Inps ha provveduto a notificare alla società opponente, in data 17-1-11, il verbale di accertamento 10-1-11, comunicando il proprio credito contributivo entro la data di scadenza (12-3-12) del biennio successivo alla scadenza del contratto ed impedendo così la decadenza.

Per quanto riguarda l’eccezione di prescrizione parziale, la società opponente rileva che alla data di notifica del verbale ispettivo (10-1-11) era decorso il termine quinquennale di prescrizione per il pagamento dei crediti retributivi fino alla data del 9-1-06.

Peraltro l’Inps ha prodotto la raccomandata 14-11-10, che ha interrotto la prescrizione dei contributi dal novembre 2005, vale dire dall’inizio del periodo oggetto dell’avviso di addebito opposto.

Anche se non risulta leggibile la data di ricevimento, risulta comunque che la lettera raccomandata è stata inviata ed è stata ricevuta da D., e ciò deve ritenersi sufficiente, in assenza di qualsiasi contestazione del documento da parte della convenuta, anche in sede di discussione orale.

La società opponente deduce, altresì, l’estinzione dell’obbligazione solidale per mancata notifica del verbale ispettivo: in particolare, rilevato che il verbale di accertamento 10-1-11 rinvia ad altri verbali di accertamento – rispettivamente del 5-1-11, del 10-12-07 e del 10-8-07 – lamenta che tali verbali non le siano mai stati notificati in qualità di responsabile solidale, con conseguente grave violazione del diritto di difesa per impossibilità di conoscere non solo i fatti e le prove documentali da cui la propria responsabilità sarebbe stata dedotta, ma anche il contenuto delle risultanze dell’attività ispettiva.

Anche tale deduzione risulta infondata. Infatti le attività compiute nei precedenti accertamenti ispettivi sono puntualmente indicate nel verbale notificato all’opponente, che è stata pertanto posta in grado di svolgere adeguatamente le proprie difese.

Infine, in via subordinata, la società opponente contesta la quantificazione delle somme richieste, in quanto il debito solidale riguarda solo i contributi non versati e non anche le sanzioni accessorie.

In particolare la società opponente dà atto che l’esclusione dalla responsabilità solidale delle sanzioni civili è stata affermata esplicitamente solo a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 5712, convertito in L. n. 35 del 2012, ma sostiene che già la normativa previgente non includesse tali sanzioni nel novero dei crediti azionabili in via solidale: infatti la formulazione originaria dell’art. 29, comma 2 non menzionava le sanzioni civili e le somme aggiuntive.

Tale interpretazione non può essere condivisa.

La formulazione originaria dell’art. 29, comma 2 deve essere letta nel senso di ricomprendere sia i contributi in senso proprio sia eventuali accessori, né alla successiva formulazione può essere attribuito il valore di norma interpretative.

Infatti, come giustamente evidenziato dall’Inps nelle sue difese, le sanzioni civili relative a contributi previdenziali si distinguono dalle sanzioni amministrative e costituiscono meri accessori del credito, analogamente agli interessi: l’obbligo di pagare tali sanzioni deriva in modo automatico dall’inadempimento dell’obbligazione di pagamento dei contributi previdenziali.

Per rafforzare tale conclusione l’Inps ha citato due pronunce della Cassazione. Nella sentenza n. 24358/08 è stato affermato: “L’obbligo relativo alle somme aggiuntive che il datore di lavoro è tenuto a versare in caso di omesso o ritardato pagamento dei contributi assicurativi costituisce una conseguenza automatica dell’inadempimento o del ritardo, in funzione di rafforzamento dell’obbligazione contributiva e di predeterminazione legale, con presunzione “iuris et de iure”, del danno cagionato all’ente previdenziale, sicché non è consentita alcuna indagine sull’imputabilità o sulla colpa in ordine all’omissione o al ritardo del pagamento della contribuzione al fine di escludere o ridurre l’obbligo suindicato”.

Nella sentenza n. 14475/09 la S.C. ha statuito: “in tema di omesso o ritardato versamento di contributi previdenziali le somme aggiuntive dovute secondo la legge dal contribuente hanno natura di sanzione civile e non amministrativa, costituendo effetto automatico delle violazioni a cui conseguono, con funzione di rafforzamento dell’obbligo contributivo e di predeterminazione legale (con presunzione “iuris et de iure”) del danno cagionato all’ente previdenziale, cosicché per esse non opera l’intrasmissibilità agli eredi disposta dall’art. 7 della L. 24 novembre 1981, n. 689″.

Per tutte le considerazioni che precedono l’opposizione non può trovare accoglimento.

Il regolamento delle spese di lite segue il criterio della soccombenza, e le stesse vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando,

rigetta il ricorso;

condanna l’opponente a rimborsare agli opposti le spese di lite, liquidate in complessivi Euro 8.000,00;

fissa termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza.

Così deciso in Milano, il 28 gennaio 2015.

Depositata in Cancelleria il 19 marzo 2015.

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