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Whistleblowers: legge approvata, ma sono davvero tutelati?

«La locuzione whistleblower (“soffiatore di fischietto”) […] identifica un individuo che denuncia pubblicamente o riferisca alle autorità attività illecite o fraudolente all’interno del governo, di un’organizzazione pubblica o privata o di un’azienda. Le rivelazioni o denunce, possono essere di varia natura: violazione di una legge o regolamento, minaccia di un interesse pubblico come in caso di corruzione e frode, gravi e specifiche situazioni di pericolo per la salute e la sicurezza pubblica.
I whistleblower possono denunciare le condotte illecite o pericoli di cui sono venuti a conoscenza all’interno dell’organizzazione stessa, all’Autorità Giudiziaria o renderle pubbliche attraverso i media o le associazioni ed enti che si occupano dei problemi in questione.»

(Wikipedia)

«Chi segnala illeciti di cui è venuto a conoscenza sul luogo di lavoro non può essere lasciato solo, esposto al rischio di minacce, ritorsioni e perfino di perdere il posto, come a volte è tristemente accaduto». Questo il commento di Raffaele Cantone alla conversione in legge del pacchetto di misure a tutela dei dipendenti che segnalano illeciti. Valevole sia per il pubblico che per il privato, è certamente un compito in più per l’Autorità anticorruzione (soprattutto per quanto riguarda il lato privato). Tuttavia, Cantone assicura che: «L’Autorità anticorruzione, alla quale la legge demanda gli accertamenti, si attrezzerà per far fronte a questo ulteriore compito».

«Un altro rilevante passo avanti del Parlamento nella lotta all’illegalità e in favore della trasparenza,» il parere del presidente della Camera Laura Boldrini, la quale assicura che «potranno essere d’ora in poi meglio garantiti coloro che, con grande senso civico, decidono di segnalare sui luoghi di lavoro comportamenti illeciti e casi di corruzione». Continua, poi, elogiando come il provvedimento abbia raccolto grandissimo consenso tra tutte le forze politiche, andando quindi oltre le contrapposizioni tra maggioranza e opposizione, ma ancora più importanti sono le sollecitazioni pervenute da parte della società civile e da campagne di cittadinanza attiva.
Non manca, però, qualche voce fuori dal coro. Per il deputato di Forza Italia Francesco Paolo Sisto la legge «è una barbarie giuridica che legittima e incoraggia, negli ambienti di lavoro, un clima di costante e reciproco sospetto». Poi continua:«è una norma figlia del punto d’incontro tra la cultura giustizialista del M5s e quella demagogico-censoria del Pd, a cui Forza Italia sarà sempre fermamente contraria».
Per Piercamillo Davigo, ex pm di Mani Pulite, la legge «fatta così non ha senso, perché se uno è obbligato a fare denuncia, e se non la fa commette un reato, non può mantenere l’anonimato». Un punto che riguarda soprattutto i dipendenti pubblici, i quali «salvo gradi molto bassi, sono pubblici ufficiali incaricati di pubblico servizio e hanno l’obbligo di denuncia». Una anonimato, che secondo l’ex pm, non può essere mantenuto in quanto mancano le protezioni dedicate: «Ad esempio in Gran Bretagna, dove questo istituto è nato, esistono i testi occulti la cui identità non viene rivelata agli imputati e ai difensori. Se facciamo una cosa così anche in Italia ha senso, altrimenti il provvedimento non ha senso».

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