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Vendere un libro fotocopiato è reato anche se il prezzo è più basso dell'originale

Pronunciandosi su una vicenda in cui la Corte d’appello aveva condannato il titolare di una copisteria per avere riprodotto a fine di lucro in copie fotostatiche 30 opere letterarie complete destinate alla didattica, nonché sei pagine di altra opera a contenuto tecnico, la Corte di Cassazione -nel respingere la tesi difensiva secondo cui la condotta non sarebbe stata punibile per assenza del fine di lucro, evidenziabile solo nel caso in cui si fosse praticato, in ragione del contenuto della fotocopia, trattandosi di opera coperta dal diritto d’autore, un sovrapprezzo ulteriore rispetto all’ordinario costo della fotocopia-, ha affermato che quand’anche il prezzo fosse stato prossimo od anche coincidente con quello praticato per il mero servizio di fotocopiatura dei medesimi (contenuto entro limiti quantitativi che ne determinavano la liceità), la finalità commerciale comunque sottesa all’intera operazione vale di per sé ad integrare, stante il programmato scambio di cosa contro prezzo, il necessario fine di lucro, non dovendosi quest’ultimo identificare come una sorta di plusvalenza, rispetto al prezzo di mercato di altro analogo servizio svolto lecitamente, derivante all’agente quale impropria contropartita connessa alla modalità illecita di realizzazione dell’altra operazione.

(Cass. Pen., Sez. III, 2 dicembre 2015, n. 47590)

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