Sentenze

Tribunale di Grosseto, Sez. Civile – Sentenza 30.04.2015 (Dott.ssa Paola Caporale)

Esecuzione forzata

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI GROSSETO
SEZIONE CIVILE

Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice unico dott.ssa Paola Caporali ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3099/2009 tra: T.R. quale titolare dell’AZIENDA AGRICOLA PODERE SANT’ANNA DI T. (C.F. …), con l’avv. L. L. elettivamente domiciliato in VIA A. FOLLONICA presso il difensore avv. L. L., che la rappresenta giusta delega in atti;

– ATTRICE –

e

CAA CONFAGRICOLTURA TOSCANA S.R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore (C.F. …), con il patrocinio dell’avv. S. L. R. elettivamente domiciliato in VIA P. GROSSETO presso il difensore avv. S. L. R., che la rappresenta giusta delega in atti;

– CONVENUTA –

nonché

MILANO ASSISCURAZIONI SPA in persona del legale rappresentante pro tempore (C.F. …), con il patrocinio dell’avv. GIORGI LUCIANO e dell’avv. LUCIA CAPACCIOLI, elettivamente domiciliata in VIALE O. GROSSETO presso il difensore giusta delega in atti;

– TERZA CHIAMATA –

Oggetto: risarcimento danni.
Conclusioni: come da verbale di udienza del 14.01.2015 e specificamente: per parte attrice “Piaccia l’Ecc.mo Giudice del Tribunale di Grosseto, ogni altra contraria istanza disattesa e reietta, In via preliminare revocare l’ordinanza di fissazione della udienza di precisazione delle conclusioni, rimettendo la causa in istruttoria, disponendo la rinnovazione, ex art. 196 CPC, e/o in subordine l’integrazione e/o la convocazione a rendere chiarimenti dinanzi al Giudice del Tribunale di Grosseto del Ctu nominato in ordine ai criteri utilizzati per espungere la priorità dichiarata di cui al punto 2B, richiesta questa già effettuata alla scorsa udienza del 04/06/2014 che qui si ripropone, trattandosi all’evidenza di circostanza rilevante per la decisione”. Nel merito precisa le proprie conclusioni come nel proprio atto introduttivo che qui si intende richiamato integralmente”; per parte convenuta “Voglia il Tribunale di Grosseto rigettare la domanda proposta da T.R. in quanto infondata in fatto ed in diritto e non provata. Con vittoria di spese e competenze professionali”.”; per parte terza chiamata “chiede respingersi le istanze istruttorie riproposte da parte attrice e precisa le conclusioni riportandosi a quelle già prese in comparsa di risposta”.

Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto ritualmente notificato T.R. in qualità di titolare dell’azienda agricola Podere S. Anna di T.R. (per l’innanzi anche T.) conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Grosseto, CAA Confagricoltura Toscana per sentirla condannare al risarcimento dei danni derivanti dalla negligenza nella compilazione della pratica per ottenere l’erogazione di aiuti all’impresa (denominati misura 121), che non erano stati erogati a causa della erronea indicazione, da parte della convenuta, nella domanda informatica, dell’UTE di riferimento di Follonica, anziché quello corretto di Massa Marittima, così determinando la perdita per l’attrice del relativo contributo. Esponeva come tale errore aveva determinato l’inserimento dell’attrice nella graduatoria della provincia di Grosseto nella quale non rientrava tra i soggetti aventi diritto al beneficio, cosa che non sarebbe invece avvenuta se fosse stata inserita, con il corretto riferimento, nella graduatoria di competenza ovvero quella della comunità montana delle Colline metallifere.

La convenuta si costituiva in giudizio contestando la pretesa ex adverso fatta valere, ammettendo che si era verificato un errore nell’indicazione dell’UTE con inserimento della domanda nella graduatoria della provincia di Grosseto, anziché in quella della comunità Montana delle Colline Metallifere, ma deduceva che appena evidenziato l’errore ne aveva subito chiesto la correzione ad ARTEA, unica che poteva intervenire nel sistema e che di fatto procedeva alla correzione, ma dopo cinque mesi, quando il bando era già chiuso. Deduceva come tuttavia ciò non significava la sussistenza di un danno arrecato all’attrice, evidenziando come anche l’inserimento nella graduatoria di riferimento avrebbe comportato l’esclusione della T. dal contributo, essendo errato il punteggio dalla stessa indicato in atto introduttivo ed autoattribuito in sede di domanda.

Chiedeva inoltre di essere autorizzata a chiamare in causa la Milano Assicurazioni S.p.A. per essere dalla stessa tenuto indenne in caso di condanna.

Il giudice autorizzava la chiamata in causa della compagnia di assicurazioni Milano Ass.ni S.p.A. che si costituiva contestando la domanda attrice di risarcimento danni ed in particolare evidenziando che anche per il caso di corretto inserimento della domanda la stessa non sarebbe risultata tra quelle aventi diritto al contributo. In subordine deduceva che l’inserimento della domanda in graduatoria nel caso in esame ha una durata di sette anni e che l’attrice avrebbe quindi potuto coltivarla producendo la documentazione integrativa necessaria.

La causa veniva istruita mediante produzione documentale, esami testimoniali ed espletamento di CTU.

All’udienza del 13.05.2014 parti precisavano le conclusioni e il giudice tratteneva la causa per la decisione concedendo termini ex art. 190 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ciò posto, venendo all’esame del merito, va in primo luogo premesso che i Centri di Assistenza Agricola (CAA), sono disciplinati dall’art. 3 bis D.lgs. 165/99 che prevede che “gli organismi pagatori, ai sensi e nel rispetto del punto 4 dell’allegato al regolamento (CE) n. 1663/95, fatte salve le specifiche competenze attribuite ai professionisti iscritti agli ordini e ai collegi professionali, possono, con apposita convenzione, incaricare ‘Centri autorizzati di assistenza agricola CA’, di cui al comma 2, ad effettuare, per conto dei propri utenti e sulla base di specifico mandato scritto, le seguenti attività: a) tenere ed eventualmente conservare le scritture contabili; b) assisterli nella elaborazione delle dichiarazioni di coltivazione e di produzione, delle domande di ammissione a benefici comunitari, nazionali e regionali e controllare la regolarità formale delle dichiarazioni immettendone i relativi dati nel sistema informativo attraverso le procedure del SIAN; c) interrogare le banche dati del SIAN ai fini della consultazione dello stato di ciascuna pratica relativa ai propri associati”. La norma continua specificando che “per le attività di cui al comma 1, i Centri hanno, in particolare, la responsabilità della identificazione del produttore e dell’accertamento del titolo di conduzione dell’azienda, della corretta immissione dei dati, del rispetto per quanto di competenza delle disposizioni dei regolamenti (CE) n. 1287/95 e n. 1663/95, nonché la facoltà di accedere alle banche dati del SIAN, esclusivamente per il tramite di procedure di interscambio dati”. Successivamente, con DM 27/03/2008 (Riforma dei centri autorizzati di assistenza agricola), è stato ulteriormente esteso l’ambito delle funzioni di competenza dei C.A.A. allo svolgimento di attività di verifica della completezza documentale delle istanze presentate ai sensi del D.Lgs. N. 99/04 e s.m. ancorché limitatamente ad alcuni ambiti di competenza e specificamente: adempimenti delle imprese agricole previsti dalle normative comunitarie e nazionali in materia di sicurezza alimentare e igiene degli alimenti; istanze di concessione alle imprese agricole dei contributi sui premi assicurativi e degli interventi compensativi, nonché la sottoscrizione di polizze assicurative collettive di cui al D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 102; adempimento degli obblighi in materia di tutela del territorio e di salvaguardia dell’ambiente.

Così individuato normativamente l’ambito operativo del CAA, deve ritenersi che il rapporto che si instaura tra CAA e le varie imprese agricole che ad essa si rivolgono, integri gli estremi di un contratto di consulenza ed assistenza nella fase di presentazione delle varie domande di contribuzione.

Tanto premesso, nel caso di specie non è oggetto di contestazione tra le parti che T.R. si sia rivolta a CAA per ottenere l’assistenza nella presentazione della domanda di partecipazione al bando indetto nell’ambito del Piano di Sviluppo rurale della regione Toscana per l’anno 2007 – 2008 (c.d. misura 121) avente ad oggetto l’ammodernamento delle aziende agricole.

Del pari incontestata, in quanto oggetto di specifica ammissione da parte della convenuta, è la circostanza che la domanda venne inserita con l’erronea indicazione dell’UTE e quindi automaticamente immessa dal sistema ARTEA nella graduatoria dell’amministrazione provinciale di Grosseto, anziché nella graduatoria della Comunità Montana delle Colline Metallifere.

La controversia è dunque incentrata sulla causazione o meno di un effettivo danno come conseguenza dell’erroneo inserimento della domanda in oggetto.

Il teste N.B., coniuge dell’attrice confermava la circostanza relativa all’erroneo inserimento della domanda con UTE di riferimento errato, spiegando “quando è uscita la graduatoria per il contributo l’azienda della T. non c’era. Allora io telefonai alla dott.ssa G. per chiedere perché non aveva presentato la domanda e lei mi rispose che vedeva nel video la domanda, che quindi era stata fatta. Io e mia moglie allora telefonammo al dott. P. addetto alla gestione pratiche PSR nella comunità Montana e lui, guardando nel suo computer o non so dove, ci rispose che la domanda c’era, ma era in provincia di Grosseto, invece che collocata in comunità montana”.

Il medesimo testimone spiegava come al momento dell’inserimento della domanda da parte dell’incaricata dott.ssa G. la stessa le aveva chiesto di visionare licenze edilizie e preventivi dei lavori per cui chiedevano il contributo, mentre ulteriori integrazioni erano state chieste solo per il tramite del commercialista. Negava che alcunché fosse stato richiesto con riferimento all’UTE né circa la collocazione dell’azienda, che era comunque seguita da Confagricoltura da molto tempo.

Lo stesso teste aggiungeva che lui e la moglie avevano poi telefonato a tale dott. B. di Artea di Firenze, chiedendo se era possibile riportare l’azienda nella graduatoria della comunità montana dove doveva essere. Riferiva come l’interlocutore aveva risposto che bastava che il tecnico che aveva fatto la domanda mandasse una lettera alla Comunità Montana e ad Artea prima della stesura della graduatoria definitiva. Aggiungeva di aver quindi cominciato a tempestare di telefonate la G. e che a tale data c’era ancora tempo prima della pubblicazione della graduatoria definitiva.

G.L., dipendente di Confagricoltura, in sede di esame testimoniale confermava di aver personalmente seguito la pratica della T. per la domanda di contributi c.d. 121, spiegando che la compilazione della domanda era avvenuta mediante inserimento nei campi del programma telematico di Artea delle indicazioni riferite dall’agricoltore, con immediato inoltro per via telematica.

Specificava di aver provveduto all’inserimento della domanda nonostante che la parte non avesse esibito tutta la documentazione necessaria, dal momento che il bando stava per scadere e tenendo presente che in quella fase non dovevano ancora essere allegati tutti i documenti.

Sottolineava che durante la compilazione della domanda non vi era da parte dell’operatore nessun inserimento dei dati dell’azienda, che si trovavano già all’interno del sistema informatico. Spiegava quindi di aver chiesto ai fini dell’attribuzione dei punteggi dove si trovasse l’azienda ricevendo come risposta che la stessa operava in Massa Marittima.

Aggiungeva quindi “io allora sono andata sul sistema Artea sul particellario ed ho verificato che le particelle erano su Massa Marittima; ho stampato la pagina del particellario per attribuire i punteggi, ho iniziato ad inserire il progetto ed ho scelto Massa Marittima in quanto l’azienda era collocata in Massa Marittima”. Riferiva quindi che la domanda era stata ricontrollata dalla signora T., alla presenza anche del marito, era stata quindi stampata, firmata e consegnata per il protocollo.

La teste spiegava di aver successivamente scoperto che nonostante l’indicazione del progetto in corrispondenza dell’area di Massa Marittima, a ciò non aveva corrisposto l’inserimento dell’UTE sulla stessa zona, come avrebbe dovuto, in quanto alla T. non era in realtà mai stata assegnata prima una UTE, non necessaria per i tipi di contributi che aveva fino a quel momento richiesto. Spiegava in tal senso che “quando è stato creato il fascicolo aziendale la signora non aveva ancora l’azienda” riferendo che pertanto “noi allora abbiamo inserito i dati anagrafici” spiegando che “il sistema collegato con l’anagrafe tributaria mi carica i dati della persona fisica” e che “alla signora venne quindi caricata non una UTE, ma una ULI, che corrisponde all’indirizzo di residenza” concludendo come da allora il fascicolo della T. non era mai stato aggiornato, non essendo mai stata inoltrata una richiesta in tal senso, così che come dato di riferimento era rimasta la ULI corrispondente alla residenza anagrafica della T., anziché la UTE dell’azienda agricola di cui era divenuta titolare.

La medesima teste riferiva altresì che “quando abbiamo scoperto l’errore erano già scaduti i termini per la domanda; lo abbiamo scoperto quando è uscita la graduatoria”.

Il teste P.M., all’epoca dei fatti responsabile del servizio agricoltura della Comunità Montana, confermava di aver inviato nel luglio 2008 una missiva a Confagricoltura e per conoscenza ad Artea, con cui si dichiarava disponibile e ricollocare l’azienda agricola podere S. Anna previa correzione dell’UTE erroneamente indicato nel comune di Follonica.

Spiegava che l’UTE (che corrisponde ad unità tecnico economica) viene costituita, in base ai documenti presentati, dal centro di assistenza, secondo parametri prestabiliti.

Risulta dunque chiaramente che vi fu un erroneo inserimento della domanda nella graduatoria della provincia di Grosseto, invece che in quella della comunità montana delle Colline Metallifere, determinata dalla collocazione dell’azienda in base alla residenza della titolare, indicata nel fascicolo costituito presso CAA in data antecedente alla costituzione dell’azienda agricola e mai aggiornato con l’inserimento dei dati aziendali e quindi con la attribuzione della corretta UTE.

Ciò posto, il CTU ha confermato come la collocazione della domanda nell’UTE di Follonica aveva fatto sì che la stessa fosse inserita nella graduatoria dell’amministrazione provinciale di Grosseto al 62° posto, dunque in posizione non utile per l’eventuale finanziamento, in quanto l’ultima azienda ad aver percepito il contributo per l’annualità 2007-2008 in detta graduatoria era stata quella posizionata al 36° posto.

Verificava altresì come nell’UTE corretta il punteggio necessario per essere ammessi all’eventuale finanziamento era di 12,5 e l’azienda dell’attrice risultava avere, in base alla domanda presentata, un punteggio di 15,5, ridotto in fase di ‘spacchettamento’ a 14,5, a seguito dell’eliminazione del punteggio relativo all’incremento medio degli occupanti a tempo indeterminato negli ultimi tre anni precedenti alla domanda, trattandosi di voce non cumulabile con quelle di cui al punto 5 e 6 già assegnate.

Il CTU ha quindi rilevato come se la domanda fosse stata inserita nella graduatoria della Comunità Montana delle Colline Metallifere la pratica si sarebbe collocata, in linea teorica, in posizione utile per essere finanziata (ovvero la posizione n. 14 dietro L.A. e davanti a P.A.) in quanto l’ultima azienda ad aver percepito contributi per l’annualità 2007 – 2008 in detta graduatoria era stata C.S. con un punteggio di 12,50.

Ciò posto, il CTU ha quindi proceduto alla verifica della effettiva sussistenza dei presupposti per l’ottenimento dei punteggi indicati dall’attrice nella presentazione della domanda di accesso al contributo, onde accertare se all’esito dell’istruttoria nella graduatoria della comunità montana la stessa avrebbe mantenuto o meno la propria posizione in graduatoria e quindi ottenuto l’erogazione del finanziamento.

Tale approccio parte dal fatto che il punteggio definitivo, che consente alla domanda di essere finanziata, viene attribuito soltanto in sede di istruttoria preliminare, cui tutte le domande ammissibili e rientranti nelle posizioni prese in considerazione in base alla graduatoria sono sottoposte.

In questa ottica il CTU ha ritenuto che non sarebbe stato attribuibile alla azienda dell’attrice il punteggio di cui al punto 5 a) relativo al requisito ‘occupanti di genere femminile almeno pari al 50% del totale’.

In tal senso il CTU ha dato atto di aver inoltrato richiesta di informazioni all’INPS di zona ricevendo come risposta che “dalla consultazione degli archivi informatici in uso all’Istituto, le comunico che non risulta che nel corso dell’anno 2008 la sig.ra T. abbia inviato alcuna delle comunicazioni previste in caso di instaurazione di lavoro subordinato”. Ha quindi rilevato come dalla consultazione dei dati nella disponibilità dell’ufficio ha verificato la presenza di un’operaia assunta dall’azienda dell’attrice a tempo determinato per il periodo 14.04.2007 – 31.05.2007.

Nello stesso modo il CTU ha ritenuto che non sarebbe stato attribuibile all’azienda dell’attrice neppure il punteggio relativo al punto 2b) inerente ‘investimenti per il miglioramento ambientale di cui al punto 9.2 del bando dal 30% al 50% del totale’.

A questo proposito ha osservato che “la realizzazione di un impianto termoidraulico con installazione di pannelli solari e realizzazione di un termo camino per la produzione di energia termica da combustione di biomasse legnose” rientrava tra gli interventi previsti dal bando, ma ha rilevato che “sulla base del sopralluogo effettuato a posteriori (21.01.2014) il loro utilizzo è limitato esclusivamente all’abitazione dell’imprenditore e da parte degli enti preposti all’istruttoria tale fattore viene ritenuto non conforme come attestato da diversi pareri sfavorevoli emessi”, sottolineando che in tal senso i punti b.1.1. (energia da biomassa) e b.1.3 (utilizzo energia solare) parlano di ‘uso prevalentemente aziendale’.

In proposito risulta allegato alla CTU verbale del sopralluogo effettuato dal CTU in data 21.01.2014, in cui si dà atto anche della presenza dell’attrice personalmente ed in cui, per quanto in questa sede di interesse, si dà atto “si evidenzia che è stato realizzato l’intervento di miglioramento aziendale termocamino e pannelli solari. Tali impianti sono a servizio dell’abitazione”.

La suddetta circostanza non risulta essere stata contestata da alcuna delle parti presenti, né in occasione del suddetto verbale di sopralluogo, né nel successivo (in data 31.03.2014, sempre allegato alla CTU) in cui si afferma che “… vista la realizzazione di un impianto destinato all’abitazione dell’imprenditore agricolo, si analizza il parere dell’Amministrazione Provinciale..” annotando quindi che “il Dott. M. dichiara che il parere non è dell’Ente competente”:

Il CTU ha quindi concluso evidenziando come se l’azienda fosse stata inserita con la corretta UTE, a parità di tutti gli altri parametri, “avrebbe sommato un punteggio verificato di 11,5 non sufficiente ad essere inserita tra quelle finanziabili, in quanto l’ultima azienda ad aver percepito contributi per l’annualità 2007 – 2008 nella graduatoria della CM Colline Metallifere è stata C.S., con un punteggio di 12.5 punti”.

Tanto premesso, si osserva come parte attrice ha chiesto il risarcimento del danno da inadempimento contrattuale pari al finanziamento non ottenuto, nonché il risarcimento del c.d. danno da perdita di chance per non aver avuto la possibilità di partecipare al concorso come era suo diritto.

Quanto alla prima voce di danno richiesta, si rientra certamente in ipotesi di c.d. danno emergente, per la cui liquidazione, ai sensi degli artt. 2056 e 1226 c.c., ciò che necessariamente si richiede è la prova, della sua certa esistenza, in difetto della quale non vi è spazio per alcuna forma di attribuzione patrimoniale, attenendo il giudizio equitativo solo all’entità del pregiudizio medesimo, in considerazione dell’impossibilità o della grande difficoltà di dimostrarne la misura.

Con riferimento alla perdita di una “chance” favorevole, la stessa non costituisce un danno di per sé, ma soltanto – al pari del danno da lucro cessante – se la “chance” perduta aveva la certezza o l’elevata probabilità di avveramento, da desumersi in base ad elementi certi ed obiettivi.

In tal senso la Suprema Corte ha avuto modo di affermare che anche ove risulti provato l’inadempimento dell’obbligazione di consulenza professionalmente assunta, per negligente svolgimento della prestazione, il danno derivante da eventuali omissioni e/o errori deve ritenersi sussistente solo qualora, sulla scorta di criteri probabilistici, si accerti che, senza quell’omissione, il risultato sarebbe stato conseguito.

Ora, è appena il caso di sottolineare che la relativa indagine, deve essere svolta sulla scorta degli elementi di prova che il danneggiato ha l’onere di fornire in ordine al fondamento dell’azione proposta (tra le tante, cfr. Cass. n. 16846/05, Cass. n. 12354/09).

A tal fine, il giudizio prognostico, che il giudice deve compiere, non può che consistere in una valutazione volta a verificare se la pretesa azionata a suo tempo, senza la negligenza e/o l’imperizia dell’incaricato della prestazione, sarebbe stata in termini probabilistici ritenuta fondata e se il risultato sarebbe stato diverso e più favorevole al richiedente.

Con riferimento ad entrambe le voci di danno richieste è dunque necessaria una verifica non tanto della astratta conseguibilità del beneficio precluso dalla condotta della convenuta, ma della concreta possibilità di effettivo ottenimento del medesimo finanziamento (secondo l’ormai noto criterio del più probabile che non).

Da ciò si desume la bontà del percorso logico argomentativo affrontato dal CTU che, dopo aver indicato la posizione nella corretta graduatoria sulla base di quanto dichiarato nella domanda e quindi della astratta accoglibilità della domanda, è passato ad analizzare se in concreto sussistevano i presupposti per ottenere la conferma, a seguito di verifica, dei punteggi auto attribuiti e, quindi, la effettiva erogazione del finanziamento.

Dunque quello che rileva ai fini della valutazione dei danni come richiesti è la posizione dell’azienda attrice in graduatoria in relazione ai punteggi effettivamente attribuibili in base alla situazione di fatto.

Se pochi problemi sono posti in tal senso dalla insussistenza dei presupposti per l’attribuzione del punteggio inerente l’occupazione femminile, requisito che doveva risultare sussistente al momento della presentazione della domanda e che dalle verifiche presso i pubblici uffici fatte dal CTU non è risultata integrata, più complessa si presenta la questione relativa al punteggio relativo ai requisiti dell’investimento per il miglioramento ambientale.

Se è vero che il CTU ha valutato la situazione successivamente al mancato ottenimento del finanziamento, dunque ex post, nonché ad anni di distanza dai fatti (altro non avrebbe potuto fare, vista la prospettiva in cui si pone la causa rispetto agli eventi), è altresì vero che l’onere di provare che l’investimento integrava gli estremi richiesti dal bando anche ex ante gravava sulla parte attrice. Per quanto concerne in primo luogo la necessità della valutazione della funzionalità delle migliorie all’attività dell’impresa agricola, il suddetto requisito si ritiene implicitamente sotteso da tutta la ratio del bando di gara pubblicato nel bollettino regione Toscana n. 15/2008 (all. 1 alla memoria ex art. 183 co VI n. 1 di parte attrice) laddove si dice che la misura è finalizzata all’ammodernamento delle aziende agricole con lo scopo di migliorarne la competitività ed il rendimento globale (punto 3) e si sottolinea la necessità che gli interventi previsti nell’ambito dello sviluppo rurale siano coerenti e complementari con gli interventi strutturali e per la qualità delle produzioni (punto 6). Dunque, coerentemente con quanto sopra deve ritenersi che il punto 9.2 del bando si riferisca ad impianti che devono necessariamente essere adibiti all’uso, almeno prevalente, dell’azienda agricola.

In tal senso parte attrice ha prodotto copia di un preventivo privo di sottoscrizione inerente “la realizzazione di impianto termoidraulico con pannelli solari e termocamino completo di bollitori con accumulo d’acqua per riscaldamento servizi, accessori” (all. 8) e copia di DIA depositata nel giugno 2008 avente ad oggetto “posa in opera di pannelli solari per produzione di acqua calda” (all. 7).

Con riferimento alle suddette produzioni documentali, a fronte della espressa contestazione da parte della convenuta della conformità agli originali delle copie prodotte, effettuata tempestivamente in sede di memorie ex art. 183 co VI n. 3 c.p.c. e sostenuta con riferimento rispettivamente alla asserita parzialità della produzione del documento ed alla mancanza di firma, parte attrice ha omesso di esibire gli originali, con conseguente inutilizzabilità della documentazione prodotta in copia ed oggetto della suddetta contestazione.

Inoltre va evidenziato che la suddetta documentazione non contiene comunque adeguati e sufficienti riferimenti per comprovare l’effettivo riferimento della programmate migliorie (dunque ex ante) all’attività dell’impresa agricola, almeno in maniera prevalente, circostanza il cui onere probatorio era a carico dell’attrice e che sarebbe stata di particolare rilievo soprattutto a fronte del riscontro ex post fatto dal CTU che ha riferito di aver rilevato in sede di sopralluogo l’utilizzo degli impianti effettuati nell’abitazione dell’imprenditore.

È evidente che onde non trasformare la CTU in un mezzo di esplorazione di circostanze ulteriori rispetto a quelle allegate e documentate in atti dalle parti, l’attrice avrebbe dovuto fornire sul punto chiari ed univoci elementi di prova.

Ciò è tanto più rilevante se si tiene altresì conto che in relazione al contenuto del bando per cui è causa tutte le opere dovevano essere ‘cantierabili’ al momento della presentazione della domanda (maggio 2008), quindi a tale data già oggetto di compiuta progettazione ed autorizzazione (da cui dunque poter evincere le potenziali caratteristiche e la conformità con il bando), ancorché la procedura permettesse la allegazione della relativa documentazione anche nel successivo momento dell’approvazione.

Quanto alla documentazione che parte attrice ha prodotto in allegato alla memoria conclusionale di replica la stessa è da ritenersi tardiva ed inammissibile, ancorché di formazione successiva alla scadenza dei termini istruttori, essendo in tale fase di memorie conclusionali di replica preclusa finanche la remissione in termini, con riferimento ad allegazioni nuove e sottratte ad ogni forma di contraddittorio con le controparti.

Si tratta peraltro di documenti entrambi consistenti in dichiarazioni di terzi (avente dunque mero valore indiziario in mancanza di richiesta di esame testimoniale, mai effettuato) e copia di schema di impianto privo di riferimenti ai luoghi di causa e comunque datati rispettivamente 10.04.2014 e 20.05.2014 (quindi entrambi precedenti al deposito della CTU avvenuto il 22.04.2014), tale che la parte avrebbe potuto richiedere la remissione in termini per la loro produzione sia nelle more della CTU, sia all’udienza del 4.06.2014, appositamente fissata per permettere ai difensori ulteriore esame dell’elaborato depositato e sia, comunque, in sede di precisazione delle conclusioni, avvenuta all’udienza del 14.01.2015.

Si rileva inoltre come, comunque, il contenuto delle suddette dichiarazioni allegate si presenti in contrasto con quanto riferito dalla parte, a critica della stessa metodologia utilizzata dal ctu nella valutazione di circostanze ex post, riferendo di essere stata costretta a modificare i propri progetti iniziali e obbligata a mutare o non realizzare tutta una serie di interventi programmati in precedenza”. Per quanto detto deve ritenersi condivisibile la rivalutazione del punteggio dell’attrice per come effettuata dal CTU sulla base delle circostanze di fatto per come accertate in base alle allegazioni ed alle produzioni tempestivamente effettuate, non rinvenendosi elementi per pervenire alla richiesta rinnovazione della ctu, né alla rimessione in istruttoria per sentire il consulente a chiarimenti. Sotto quest’ultimo aspetto i chiarimenti che il difensore chiede di rivolgere al CTU appaiono essere coincidenti con le osservazioni già proposte dal proprio consulente di parte al tecnico dell’ufficio, che nel percorso logico argomentativo seguito ne ha dato dettagliatamente conto, prendendo all’esito la sua posizione.

Quanto alla rinnovazione della procedura peritale non si ritiene ricorrano gli estremi per ritenere l’inutilizzabilità dell’elaborato così come depositato.

La domanda di risarcimento danni come proposta da parte attrice deve pertanto essere ritenuta infondata e come tale respinta non essendo stata raggiunta adeguata prova che il collocamento della domanda nella corretta graduatoria avrebbe con ragionevole certezza determinato l’effettiva erogazione del richiesto finanziamento.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

Sulla base dei medesimi presupposti le spese di CTU, liquidate come in atti, sono definitivamente poste a carico di parte attrice.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta tra le parti come in epigrafe emarginate, così provvede:

– rigetta tutte le domande attrici
– condanna parte attrice a rifondere a convenuta e terza chiamata le spese di lite che si liquidano per ciascuna parte in euro 7.500,00 per compenso professionale, oltre rimb. forf., IVA e CPA come per legge;
– pone le spese di CTU, liquidate come in atti, definitivamente a carico di parte attrice.
Così deciso in Grosseto, il 30.04.2015

Il Giudice

(Dott.ssa Paola Caporali)

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