Se la madre si trasferisce all’estero per lavoro, non è automatico che il figlio la segua

Le ragioni di lavoro e il diritto a fissare liberamente la propria residenza non bastano a rendere automatico il trasferimento della figlia in affidamento condiviso. Per stabilirlo, il giudice deve prima disporre una CTU che valuti gli effetti dello spostamento su entrambi i genitori e non solo su quello affidatario.

È quanto si evince dall’ordinanza n. 24651/2022 di Cassazione, con la quale si è corretto l’orientamento che prevedeva un peso determinante alle esigenze del genitore affidatario.

Il caso

In seguito al termine della convivenza con il padre della figlia, la madre voleva trasferirsi in Francia, suo paese di origine, nel quale aveva un lavoro e rapporti familiari.

La Corte d’Appello aveva dato il suo via libera, respingendo la richiesta di affidamento e di una CTU che valutasse l’impatto nel rapporto avanzate dal padre. Per farlo era bastato provare che la bambina avesse un minimo radicamento nel Paese di destinazione.
La Cassazione, però, non è d’accordo.

Il trasferimento del minore non è automatico

Secondo i giudici di Cassazione, nei giudizi di merito non si è valutato che «l’accordo sul regime di collocazione del minore presso uno dei genitori non determina alcuna rinuncia all’esercizio effettivo della bigenitorialità ed è condizionato dal luogo di residenza del minore. Esso, pertanto, non può mai contenere anche un’autorizzazione implicita al trasferimento all’estero». In più, senza motivazione, non era stata fatta alcuna CTU utile per verificare gli effetti che avrebbe avuto il trasferimento.

La decisione presa dalla Cassazione si discosta dall’orientamento secondo il quale il trasferimento all’estero del minore non può essere negato nel caso in cui la madre abbia maggiori possibilità lavorative in un’altra zona o città.