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Salvini, Traini, Lucano: quale legalità?

Una provocazione necessaria per una riflessione su come in questi tempi di facile populismo social sia a rischio lo Stato di Diritto.
Tre i personaggi.
Luca Traini, che su richiesta della Procura di Macerata è stato condannato in primo grado a 12 anni per strage, porto abusivo di arma da fuoco, danneggiamenti, con l’aggravante dell’odio razziale.
Matteo Salvini, Vicepresidente del Consiglio e Ministro dell’Interno, il quale ha ricevuto dalla Procura di Palermo comunicazione formale afferente il sequestro dei migranti della Diciotti.
Domenico Lucano, sindaco di Riace, che su richiesta della Procura di Locri è agli arresti domiciliari per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti.
Tre storie diverse, certo, ma un unico comune denominatore ossia la narrazione, sulle note del vittimismo e del complottismo, di un appello al popolo, di cui ognuno dei protagonisti si vuol mostrare al contempo rappresentante e tutore.
Traini dopo avere sparato e ferito sei immigrati con l’intenzione di vendicare l’efferato omicidio della giovane Pamela Mastropietro per mano di spacciatori di droga, è l’uomo del saluto romano, che, avvolto nel tricolore, al grido «Viva l’Italia», si lascia arrestare davanti al monumento ai Caduti.
Salvini è l’uomo della diretta social contro i magistrati, rei di volere tentare di arrestare la sua azione a tutela della sicurezza degli Italiani, ma che, assicura, non vi riusciranno perché lui è «Eletto, loro no!».
Infine Lucano, braccio sinistro alzato e pugno chiuso a salutare l’ex Presidente della Camera Boldrini e i manifestanti che cantano Bella ciao e inneggiano “Riace non si arresta, Mimmo libero”, l’uomo che in nome dell’integrazione e dell’accoglienza tra popoli giustifica al mondo il suo arresto quale “reato di umanità”.
Non mi turba la prassi di ritenere i magistrati buoni o cattivi secondo la propria convenienza, come pure comprendo umanamente chi mal tollera un controllo di legalità del proprio operato, ma poniamoci una domanda.
In nome di un ideale, pure che condiviso dal popolo del web, ognuno può forse fare ciò che crede al punto addirittura da pensare di potere violare impunemente una legge della comunità dettata a regola del vivere civile?
Se così fosse, cosa ne sarebbe dei diritti di libertà e di uguaglianza di ciascuno?
L’indipendenza della magistratura, fintanto che ciascun procuratore non eletto potrà indagare anche colleghi con decisione rimessa a un giudice terzo alle parti, è garanzia dello Stato di Diritto.
Abbassiamo i toni e preserviamo questa garanzia.

avv. Andrea Agostini


Via Giotto n.44, Porto San Giorgio (FM)
Tel: 0734 671554

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