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Non esiste un diritto assoluto del coniuge al compimento di atti sessuali

Nel rapporto di coppia, è da escludersi l’esistenza di un diritto assoluto del coniuge al compimento di atti sessuali. Considerati i diritti e doveri previsti per i coniugi dall’art. 143 c.c., secondo la Cassazione, con la Sent. n. 39865 del 2015, è da escludersi l’esistenza di un diritto assoluto del coniuge al compimento di atti sessuali, tanto più se avvengono in un contesto di sopraffazioni, infedeltà e violenze. Proprio ai fini dell’integrazione del reato di violenza sessuale, è sufficiente qualsiasi forma di costringimento psico-fisico idonea a incidere sull’altrui libertà di autodeterminazione, senza che rilevi l’esistenza di un rapporto di coppia coniugale o para-coniugale tra le parti, in quanto esso non degrada la persona del coniuge a mero oggetto di possesso dell’altro coniuge. Né basta, a escludere il reato, la circostanza che la donna non si opponga palesemente ai rapporti sessuali, laddove risulti la prova che l’agente abbia avuto la consapevolezza di un rifiuto implicito da parte del coniuge al loro compimento.

(Cass. Pen., Sez. III, 5 ottobre 2015, n. 39865)

Da Pluris Quotidiano Giuridico

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