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L’avvocatura oggi e il settore femminile – Rapporto Avvocatura 2022 di Cassa Forense

Il Rapporto sull’avvocatura 2022 a cura di Cassa Forense e CENSIS mette in risalto un’attualità fatta di luci e ombre a causa di pandemia, andamento demografico e calo dei redditi. Incoraggiante, ma non troppo, la situazione femminile.

Il 28 aprile è stato presentato il Rapporto sull’avvocatura 2022 a cura di Cassa Forense e CENSIS.
Basato sulle risposte fornite da 30.231 avvocati, il documento ha il compito di tenere traccia dei cambiamenti che coinvolgono l’avvocatura e offrire, così, una visione di insieme sul presente e possibili evoluzioni.
I fattori allarmanti, ora, sono principalmente la pandemia, l’andamento demografico e il continuo calo dei redditi, tre cause in grado di ridisegnare lo scenario presente e futuro della professione.
Prima di procedere, è giusto specificare che i dati si riferiscono all’anno 2021.

Dati generali

Il primo dato posto in evidenza è il numero di iscritti a Cassa Forense: 241.830 (-3.200 rispetto al 2020) di cui 126mila uomini e 115mila donne in termini assoluti.
Un terzo degli avvocati risiede al Nord, il 22,5% al Centro e il 43,8% al Sud; in particolare, nelle regioni meridionali e nelle isole l’avvocatura è per la maggior parte maschile, tendenza che però si inverte nelle regioni del Centro e del Settentrione.

Il 2021 è stato un anno record per la cancellazione di iscrizioni, tanto che si parla di 8.707 iscritti in meno (di cui il 68,7% donne) a fronte di 7.103 nuove iscrizioni (di cui il 57,3% donne).
Questo andamento negativo è piuttosto preoccupante, in quanto il 32,8% degli avvocati ancora iscritti sta pensando di abbandonare la professione per i seguenti motivi:

  1. costi eccessivi e ridotto riscontro economico;
  2. calo della clientela;
  3. cambio di attività;
  4. pensione;
  5. tempo per la famiglia.

I motivi più ricorrenti tra le fonti di insoddisfazione sono:

  1. l’eccesso di offerta di servizi legali e il numero troppo elevato di professionisti;
  2. l’instabilità normativa e l’incertezza legata alla durata dei processi;
  3. l’eccessiva burocratizzazione legata agli adempimenti amministrativi e fiscali;
  4. l’eccessiva concorrenza di altri professionisti.

Nonostante l’insoddisfazione registrata, è bene osservare che 6 avvocati su 10 hanno meno di 50 anni, e il ricambio generazionale riguarda soprattutto il mondo femminile: il 59,1% degli avvocati con età inferiore a 55 anni è donna.

L’avvocatura femminile

Se nel 1985 solo il 9,2% degli iscritti a Cassa Forense era composto da donne, nel 2021 è il 47,7%. La convergenza in atto fa ben sperare in termini di parità, ma è comunque esposta a difficoltà legate all’evoluzione della professione.

Sebbene vi sia una maggiore incidenza di donne giovani rispetto agli uomini, queste hanno un reddito in media più basso: in tutte le fasce d’età, infatti, si registra un reddito che è meno della metà rispetto a quello degli avvocati uomini, e questo nonostante l’equivalenza a inizio della carriera. I motivi sono chiari:

  1. scarsa conciliabilità tra lavoro e famiglia (segnalato anche dalla controparte maschile);
  2. discriminazione da parte della clientela, in quanto di tende ancora a “professionalizzare” di più l’avvocato uomo con una conseguente valorizzazione non adeguata del lavoro svolto;
  3. andamento generale dell’economia.

Un discorso simile in termini di disparità si può fare sui motivi che porterebbero ad abbandonare la professione:

  1. il 37,3% delle donne pensa di lasciare la professione (28,3% degli uomini);
  2. il 65,7% delle donne reputa l’attuale condizione professionale critica (56,9% degli uomini);
  3. il 63% delle donne pensa che riceverà una pensione insufficiente (57,1% degli uomini).

Il motivo di tali scelte sono desumibili dal numero di avvocati che hanno riscontrato un aumento del fatturato nel 2021: 26,8% delle donne e 32,9% degli uomini. Per gli altri il futuro è incerto.

Conclusioni

Gli oltre due anni di grande incertezza che stiamo vivendo stanno portando a due conseguenze: da una parte si cercano soluzioni di ripiegamento e difesa di quanto finora acquisito, dall’altra ci si volge verso nuove prospettive.

Se l’ingresso delle donne nel mondo dell’avvocatura ha permesso di contenere l’invecchiamento della professione, è anche vero che il reddito basso non renderà efficace il loro contributo al sostentamento della previdenza. I dati registrati, infatti, indicano le donne come maggiormente esposte alla crisi dell’ultimo periodo.

In questi termini si può concludere che la crisi della professione sia dovuta a un mondo che non riesce ancora a vedere le donne avvocato come professioniste in tutto e per tutto, abitudine che ci auguriamo possa cambiare al più presto.

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