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Giustizia: Ue boccia Italia, processi troppo lunghi

Con una media di 393 giorni nel 2015 l’Italia è tra gli ultimi Stati dell’Unione europea per la durata dei procedimenti civili, commerciali e amministrativi. Troppo, se paragonati alle pochissime decine di giorni necessari in Danimarca, paese che guida la graduatoria. Dopo di noi ci sono solo Cipro, Portogallo e Malta.
Sono le indicazioni contenute nello Eu Justice Scoreboard 2017, uno studio presentato dalla Commissione europea sul funzionamento della giustizia nell’Ue. Il Belpaese è fanalino di coda anche per ciò che concerne il tempo necessario alla soluzione dei contenziosi. Nel 2015 erano 527 i giorni necessari alla pronuncia della sentenza. Si tratta di un ulteriore peggioramento rispetto al 2010, quando la media era di 493 giorni. Tempistiche poco incoraggianti anche per le cause amministrative per le quali la durata sale a 1008 giorni. Un altro primato negativo riguarda i giudizi pendenti. Tra un anno e l’altro in Italia risultano essere 4,5 ogni 100 abitanti.
Sono numeri da tenere in considerazione se, come ritiene la Commissione europea, “la rapidità delle decisioni giudiziarie è essenziale per garantire il buon funzionamento dell’apparato della giustizia”. Attraverso i dati contenuti nello studio, l’Esecutivo europeo fornisce un’analisi completa della situazione dei sistemi giuridici dei 28 Stati membri perché, ritiene, che “esistano delle correlazioni molto strette tra il miglioramento dell’apparato giudiziario e il tasso di crescita dell’economia di uno Stato, così come tra la percezione che le imprese hanno dell’indipendenza del potere giudiziario e la crescita della produttività.
Uno dei dati positivi per l’Italia riguarda la durata media dei procedimenti amministrativi, avviati dalle autorità nazionali, per la protezione dei consumatori. Con una media inferiore ai 200 giorni (dall’inizio del procedimento sia nel 2014 che nel 2015) il nostro paese si comporta meglio di Finlandia e Danimarca presenti ai primi posti della graduatoria in molti grafici dello ricerca.
“Sistemi giudiziari efficaci sostengono la crescita economica e difendono i diritti fondamentali. E’ per questo che l’Europa promuove e difende lo stato di Diritto”, ha affermato il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. L’Unione incoraggia dunque gli Stati membri a migliorare il proprio apparato di giustizia, l’Italia è stata, purtroppo, destinataria di una raccomandazione proprio sull’annoso problema delle lungaggini in ambito processuale.
Tuttavia, in tema di riforme, il 2016 è stato un anno proficuo per il nostro paese che ha adottato ben 13 riforme procedurali, 8 misure per lo sviluppo in ambito giuridico di sistemi informatici e altrettante che riguardano direttamente i giudici. A proposito di questi ultimi la media italiana nel 2015 era di 10 magistrati ogni 100.00 mila abitanti, con il 55 per cento di donne nei tribunali ordinari, il 50 per cento nelle corti d’appello e solo il 28 per cento in cassazione. Per quanto riguarda gli avvocati i numeri sono completamente diversi, si parla di 380 legali ogni 100.000 abitanti. Prima di noi solo il piccolo Lussemburgo con oltre 400 legali sullo stesso numero di abitanti.
Infine un dato che fa riflettere, visto che i risultati non sono esaltanti stando a quanto emerge dal Eu Justice Scoreboard 2017.   Il Belpaese è, infatti, tra gli Stati che nel 2015 hanno destinato più risorse economiche alla giustizia, circa € 97,00 per abitante (7° posto), pari allo 0.4 per cento del Pil.
 

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