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Commento a sentenza: Tribunale di Treviso, n. 1091/2018

Sentenza gentilmente segnalata dal giudice Alessandra Pesci
 
Il Tribunale di Treviso, con la sentenza n. 1091/2018, nel dichiarare l’inefficacia ex artt. 2901 e ss. c.c. di un «atto di cessione di quote sociali e modifica di patti sociali» posto in essere da uno dei convenuti, affronta tre interessanti questioni giuridiche: l’esperibilità dell’azione revocatoria ordinaria a tutela di un credito litigioso, la pignorabilità delle quote sociali di una società di persone e la non fungibilità tra gli strumenti (entrambi a tutela del credito) dell’azione revocatoria ordinaria e del sequestro conservativo.
Per quanto riguarda la prima questione, si rammenta come la giurisprudenza della Suprema Corte ammetta un’interpretazione piuttosto lata di “credito” rilevante ai sensi dell’art. 2901 c.c., comprensiva della ragione o aspettativa, affermando che l’azione revocatoria ordinaria, quale mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale, può essere proposta anche a tutela di un credito solo eventuale in quanto oggetto di contestazione in un separato giudizio (cfr., ex multis, Cass. civ., n. 5619/2016; Cass. civ., n. 5618/2017).
Va da sé che solo in caso di favorevole conclusione del giudizio e di mancato spontaneo adempimento del soccombente (integrando la sentenza il titolo esecutivo) il creditore potrà aggredire i beni conservati al patrimonio del debitore mediante l’azione pauliana.
Invero l’azione revocatoria ordinaria non postula la liquidità o esigibilità del credito ed è finalizzata, in via diretta e immediata, a ottenere l’inefficacia relativa di uno o più atti dispositivi pregiudizievoli per il creditore e, in via indiretta e mediata, a realizzare coattivamente il credito tutelato; nel caso in cui si tratti di credito litigioso, tale seconda finalità è subordinata all’accertamento dell’effettiva sussistenza del credito.
Presupposti per l’esperibilità dell’azione revocatoria sono l’accertamento  dell’eventus damni – vale a dire dell’attitudine dell’atto dispositivo a rendere il patrimonio del debitore insufficiente a soddisfare l’interesse del creditore o a rendere più difficile o incerto l’eventuale soddisfacimento coattivo del credito – e, trattandosi di atto a titolo oneroso, della scientia damni e della partecipatio fraudis – ovvero della consapevolezza da parte del debitore e dei terzi di arrecare un danno alle ragioni del creditore (art. 2901, n. 2 c.c.).
Condizioni tutte ritenute sussistenti nel caso di specie e pertanto legittimanti l’accoglimento della domanda attorea.
La seconda questione, relativa alla pignorabilità delle quote di una società di persone, è stata risolta in senso affermativo osservando che è vero che l’art. 2305 c.c. impedisce al creditore particolare del socio di chiedere la liquidazione della quota del socio debitore finché perdura la società, tuttavia alle società in nome collettivo è applicabile anche l’art. 2270 c.c. (in virtù del rinvio effettuato dall’art. 2293 c.c.), il quale prevede invece la possibilità per il creditore particolare del socio, finché perdura la società, di far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore e compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest’ultimo nella liquidazione. E tra gli atti conservativi è pacificamente annoverata anche l’azione revocatoria ordinaria.
Da ultimo il Tribunale si sofferma sulla possibilità per il creditore di agire in revocatoria a tutela dell’intero credito nonostante abbia già proceduto con il sequestro conservativo, chiarendo come i due rimedi non siano sovrapponibili, fungibili, bensì abbiano presupposti ed effetti ben diversi.
In primis, mentre l’inefficacia relativa dell’atto revocato giova solo al creditore che ha esperito l’actio pauliana, quando il sequestro conservativo viene convertito in pignoramento anche gli altri creditori possono intervenirvi; nella revocatoria la soddisfazione del credito non è limitata alla concorrenza del quantum cautelato come invece accade nel sequestro conservativo; infine quando la sentenza di accoglimento della domanda di revocatoria passa in giudicato si stabilizzano gli effetti della relativa tutela, mentre la tutela derivante dal sequestro conservativo è esposta alla possibilità di revoca o modifica della misura o all’estinzione del pignoramento in cui il sequestro si converte (cfr. Cass. civ., n. 22835/2017).
Pertanto va escluso che le due azioni siano equivalenti e che la concessione della misura cautelare faccia venir meno l’interesse ad agire in revocatoria.

Leggi il testo integrale della sentenza

dott.ssa Veronica Foroni

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Veronica Foroni

Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Verona, tesi "Il consenso informato ai trattamenti sanitari nei soggetti incapaci tra esigenze di protezione della salute e tutela dell'autodeterminazione", relatore Prof. Riccardo Omodei Salè (110/110). Frequento la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali, Università degli Studi di Trento e Verona. Praticante avvocato e tirocinante presso Tribunale di Verona - III sez. civile (magistrato referente dott. Massimo Vaccari). Appassionata di biodiritto e bioetica, mi interesso dei temi di diritto civile relativi a persone e famiglia (in particolare della tutela dei soggetti incapaci).

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