Commenti a SentenzeDiritto medicoPenale

Commento a sentenza: Tribunale di Catanzaro, n. r.g. 3776/11

Sentenza gentilmente segnalata dal giudice Maria Clausi
 
Il Tribunale di Catanzaro ha recentemente condannato un chirurgo operatore che aveva agito con colpa (imprudenza, negligenza e imperizia, nonché violazione delle leges artis) durante un intervento di surrenectomia sinistra video laparoscopica, causando in tal modo alla povera paziente lesioni personali gravi, tali da porla addirittura in pericolo di vita; in particolare ciò che gli era stato contestato era di averle causato una perforazione del fondo gastrico e una speritoneizzazione della parete anteriore dello stomaco durante l’esecuzione dell’intervento, con conseguente omissione dell’apprezzamento e riparazione delle suddette lesioni intraoperatoriamente.
Ricostruzione dei fatti questa poi confermata dalle risultanze della c.t.u. medico-legale sulla cui base il giudice ha condannato il medico operatore mentre ha assolto ex art. 530 c.p.p. il chirurgo osservatore per non aver commesso il fatto, avendo avuto egli con la sua presenza in sala operatoria solo finalità scientifiche.
Il c.t.u. incaricato, attraverso un ragionamento controfattuale compiuto in base alle leggi scientifiche di copertura, ha affermato con criterio di certezza che se la lesione perforativa fosse stata prontamente individuata e riparata dall’équipe operatoria, la successiva modificazione peggiorativa dello stato anteriore della paziente non si sarebbe verificata; pertanto sussiste il nesso causale tra l’omissione del chirurgo e l’evento infausto.
In tale condotta, connotata da negligenza, imperizia e imprudenza, sono stati ritenuti insiti evidenti profili di responsabilità professionale in capo al chirurgo, il quale, come noto, assumendo un’obbligazione di mezzi e non di risultato, deve impegnare appunto tutti i mezzi ritenuti più adeguati, in un determinato momento storico dalla comunità professionale alla quale appartiene, per raggiungere quel risultato (tipicamente la guarigione da una malattia).
Pertanto il medico risulta inadempiente a detta obbligazione non per il mancato raggiungimento in sé del risultato atteso, bensì qualora in seguito a una valutazione circa il suo operato e l’osservanza dei doveri inerenti allo svolgimento dell’attività professionale, sulla base dei parametri della diligenza, della perizia e della prudenza, risulti fondata l’inosservanza delle doverose e aggiornate regole di condotta.
Al contrario, qualora si trattasse di obbligazione di risultato, il medico che, pur avendo agito con diligenza professionale per ottenere la guarigione da una malattia, non abbia raggiunto tale scopo, sarebbe senz’altro inadempiente.

dott.ssa Veronica Foroni

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Veronica Foroni

Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Verona, tesi "Il consenso informato ai trattamenti sanitari nei soggetti incapaci tra esigenze di protezione della salute e tutela dell'autodeterminazione", relatore Prof. Riccardo Omodei Salè (110/110). Frequento la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali, Università degli Studi di Trento e Verona. Praticante avvocato e tirocinante presso Tribunale di Verona - III sez. civile (magistrato referente dott. Massimo Vaccari). Appassionata di biodiritto e bioetica, mi interesso dei temi di diritto civile relativi a persone e famiglia (in particolare della tutela dei soggetti incapaci).

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