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Commento a sentenza: Tribunale di Brindisi, n. 344/2018

Nella sentenza 344/2018 del Tribunale di Brindisi, la ricorrente conviene in giudizio il convenuto per richiedere il risarcimento dei danni occorsole in farmacia; dopo aver pagato i prodotti acquistati, ella urtava con violenza contro la porta vetrata di ingresso, che non si era aperta correttamente.
Il convenuto, d’altro canto, chiedeva il rigetto della domanda attrice, deducendo che il sinistro era addebitabile esclusivamente alla sua imprudente e irruenta condotta allontanandosi dal banco vendita della farmacia con il capo chino e con rapidità.
Il primo passo che il giudice deve compiere è quello di qualificare giuridicamente la controversia in atto. Alla luce della richiesta dell’attrice, è giocoforza ritenere la sua domanda di risarcimento sollevata ex articolo 2051 c.c., afferente il danno da custodia; è fuor di dubbio che la porta della farmacia sia una cosa in custodia al proprietario della farmacia stessa.
Come già affrontato in un precedente caso, riguardante il condominio, «ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito».
In ambito civilistico il caso fortuito è un evento imprevedibile e inevitabile che si verifica indipendentemente dalla volontà e dall’agire di una persona, rendendo impossibile l’adempimento di una obbligazione o il riconoscimento di una responsabilità.
È agevole constatare che nel caso di specie non vi sia la volontà del custode, non ravvisando la volontà di far sfracellare un cliente contro la porta vetrata, al fine di soddisfare un’improbabile voglia di sadismo velato, sebbene l’effetto ilare, di un tale evento, possa risultare non indifferente.
Per quanto concerne, invece, l’inevitabilità, di primo acchito non sembra vi sia la possibilità di asserire che il malfunzionamento di una porta sia un evento del tutto fortuito e non prevedibile; ciò non toglie che sia assodato come una porta vetrata automatica non si apra istantaneamente, richiedendo un fugace lasso di tempo prima di concedere l’ingresso all’avventore.
A un dato letterale il custode rischierebbe, quindi, di apparire soccombente, se non fosse che la sentenza n. 10461/2001 della Cassazione chiarisce che «nella nozione di caso fortuito, la giurisprudenza ricomprende anche il fatto del terzo o dello stesso danneggiato, come può essere la sua imprudenza o l’utilizzazione impropria del bene, la cui pericolosità sia apprezzata da chiunque».
Ne deriva che la signora avrebbe dovuto utilizzare una maggior prudenza nell’uscire da una porta nella quale era passata pochi minuti prima, non potendo certo asserire come scusante che la porta non fosse visibile; ad avviso del giudice, visionate le foto scattate dalla perizia, «si evidenzia che la porta in questione presentava un segno indicativo, all’altezza degli occhi, che la rendeva facilmente individuabile».
Il giudice non può che ritenere infondate le pretese attoree.

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Michel Simion

Dottore in Giurisprudenza, Università degli Studi di Verona. Tesi in diritto costituzionale giapponese, appassionato di letteratura asiatica.

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