Sentenze

Tribunale di Bolzano, Sez. Civile – Sentenza n. 873/2016 del 21.06.2016 (Dott. M. Recla)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI BOLZANO
SEZIONE SECONDA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Morris Recla: ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa civile n. R.G. XXX/2012 promossa da:
D. R. e I. di D. R. & Co. S.n.c., in persona del socio e legale rapp.te R. D., entrambi rappresentati e difesi giusta procura a margine dell’atto di citazione dall’avv. M. M., presso il cui studio in Merano, via hanno eletto domicilio;

attori

nei confronti di

R. C., rappresentato e difeso giusta delega a margine della comparsa di costituzione e riposta con chiamata in causa dall’avv. F. M., presso il cui studio in Merano, ha eletto domicilio.

convenuto

con la chiamata in causa di

A. A., in persona del dirigente e legale rapp.te pro tempore rappresentata e difesa dall’Avv. D. E., giusta procura in calce alla copia notificata dell’atto di citazione per chiamata in causa, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Bolzano via ;

terza chiamata

Causa trattenuta in decisione all’udienza del 28.01.2016 sulle seguenti

CONCLUSIONI

Del Procuratore degli attori:
“voglia l’On.le Tribunale di Bolzano disattesa e reietta ogni contraria eccezione, deduzione e produzione:
– in via principale di merito: previo accertamento e dichiarazione dell’esclusiva responsabilità colposa del sig. R. C. (ai sensi dell’art. 2051 c.c., ovvero dell’art 2043 c.c.) nella causazione dell’evento per cui è causa, condannare lo stesso convenuto al risarcimento di tutti i danni personali (nell’accezione più ampia) e patrimoniali patiti dal sig. D. e dalla I. s.n.c., come segue quantificati:
A) per R. D., personalmente:
– Euro 31.334,25.- a titolo di danni personali, spese di cura e peritali;
– Euro 92.309,58.- a titolo di danni patrimoniali per danno specifico alla capacità lavorativa;
B) per I. s.n.c., rappresentata dal sig. R. D.:
– Euro 84.995,00.- per danno emergente per perdita/mancata possibilità d’esecuzione del lavoro programmato;
– Euro 137.661,44.- per maggior costo di dipendente, necessariamente adibito alle competenze e mansioni operative prima svolte dal sig. R. D..
salva, in tutti i casi, la diversa somma, maggiore o minore, che verrà ritenuta di giustizia, anche a seguito di CTU, con gli interessi e la rivalutazione monetaria dal di del dovuto all’effettivo saldo;
– in via subordinata di merito: nel solo, denegato e inimmaginabile caso in cui in corso di causa nel comportamento dell’attore dovesse ravvisarsi un minimo concorso di colpa, diminuire proporzionalmente il risarcimento del danno spettante al sig. D. e alla I., tenuto conto che lo stesso è stato richiesto complessivamente come segue: a) per R. D., personalmente:
– Euro 31.334,25.- a titolo di danni personali, spese di cura e peritali;
– Euro 92.309,58.- a titolo di danni patrimoniali per danno specifico alla capacità lavorativa;
b) per I. s.n.c., rappresentata dal sig. R. D.:
– Euro 84.995,00.- per danno emergente per perdita/mancata possibilità d’esecuzione del lavoro programmato;
– Euro 137.661,44.- per maggior costo di dipendente, necessariamente adibito alle competenze e mansioni operative prima svolte dal sig. R. D..
salva, in tutti i casi, la diversa somma, maggiore o minore, che verrà ritenuta di giustizia, anche a seguito di CTU, con gli interessi e la rivalutazione monetaria dal di del dovuto all’effettivo saldo
– in via istruttoria: si chiede l’assunzione della CTU contabile non assunta in istruttoria;
– In ogni caso: con vittoria di diritti, onorari e spese, oltre maggiorazione ex art. 14 TPF, Cap ed Iva, come per legge. Ogni ulteriore diritto riservato”.
Del Procuratore di parte convenuta:
“Voglia l’Ecc.mo Tribunale di Bolzano ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione reietta così giudicare:
In via preliminare: autorizzare la chiamata in causa, per le causali esposte in narrativa, della società A. A. (P.IVA ) in personale del suo legale rappresentate pro tempore con sede legale in 20123 Milano, affinchè nella denegata ipotesi di condanna del sig. R. C. a rifondere somme di denaro in favore delle parti attrici lo tenga indenne e lo manlevi tanto in linea di capitale ed interessi quanto per eventuali spese legali anche di soccombenza.
In via di merito: respingere per le causali esposte in narrativa qualunque domanda formulata nei confronti del sig. R. C. in quanto infondata in linea di fatto come in quella di diritto.
In via di merito subordinata: nella denegata ipotesi di condanna del sig. R. C. alla refusione di somme di denaro in favore delle parti attrici ridurre le avversarie richieste secondo giustizia e comunque condannare la società A. A. (P.IVA ) in personale del suo legale rappresentate pro tempore con sede legale in 20123 Milano, a tenere indenne e manlevare il sig. R. C. tanto in linea capitale ed interessi quanto per eventuali spese legali anche di soccombenza.
In ogni caso: con piena vittoria di spese e competenze di giudizio”
Del Procuratore di parte chiamata: “in via principale, accertata la non operatività della polizza A. n. in relazione al sinistro de quo respingere la domanda di manleva in ogni sua parte;
in subordine, respingere la domanda degli attori per infondatezza e, per l’effetto, la domanda di manleva del convenuto nei confronti di A. A.;
in estremo subordine, previo accertamento del concorso di colpa dell’attore D. R. e delle preesistenze patologiche da cui lo stesso attore era affetto in epoca antecedente al sinistro, liquidare i soli danni che risultino conseguenza immediata e diretta del sinistro de quo, respingendo ogni altra ulteriore e diversa e superiore pretesa; limitare corrispondentemente l’obbligo di manleva di A. Assicurazioni, previa decurtazione della franchigia, ed entro l’importo massimo di € 50.000,00 in relazione ai danni derivanti da interruzione o sospensione totale o parziale di attività conseguenti al sinistro”
MOTIVI DELLA DECISIONE

a. Fatto e svolgimento del processo
Con atto di citazione dd. 11.01.2012 il sig. D. R., in proprio e quale titolare della I. di D. R. & Co. S.n.c., conveniva in giudizio il sig. R. C. deducendo quanto segue:
– le parti si accordavano affinché l’I. S.n.c., nella persona del sig. D., effettuasse un sopralluogo nell’appartamento del sig. C., onde determinare i lavori necessari per la ristrutturazione del bagno;
– il sig. D., con il benestare e su indicazione del sig. C., si dirigeva verso la cucina, in quanto, sotto al lavello, si trovava il comando di chiusura generale dell’acqua dell’appartamento;
– una volta entrato nella cucina dell’appartamento in oggetto, il sig. D. scivolava sbattendo violentemente la schiena sul pavimento reso insidioso dalla presenza da quelli che apparivano essere residui d’olio;
– il sig. C. confermava come la sera prima si fosse rotta un bottiglia d’olio con conseguente spargimento;
– le condizioni di scivolosità del pavimento non erano visibili né percepibili dal sig. D., il quale riportava dalla caduta un trauma al bacino ed alla colonna lombosacrale con prognosi ospedaliera iniziale di 6 gg;
– trascorso tale periodo di riposo, i dolori nelle zone sopraindicate persistevano e determinavano un prolungamento dell’invalidità temporanea;
– l’attore si sottoponeva poi a visita medico legale dalla quale emergeva che a seguito delle lesioni dovute alla caduta, dovesse essergli riconosciuto un danno permanente nella misura dell’8 o 9 % (75% di inabilità parziale per 15 gg e al 50% per 50 gg, nonché un danno da incapacità lavorativa specifica nella misura del 30% in relazione alle attività manuali e operative da artigiano;
-l’ammontare del danno è da quantificarsi in € 31.344,25 a titolo di danno biologico, oltre ad € 92.309,58 a titolo di danno da incapacità lavorativa specifica;
– la società I. subiva danni patrimoniali per € 84.995,00 conseguenti all’impossibilità di svolgere i lavori di ristrutturazione già commissionati dalla sig. L. M. di Merano proprio a causa delle precarie condizioni fisiche dell’attore, oltre ad €137.661,44 pari al maggior costo per il dipendente necessariamente adibito alle competenze e alle mansioni operative prima svolte dall’attore;
– le condizioni di salute del sig. D. rendevano inoltre necessaria l’attribuzione di maggiori mansioni ad un dipendente della I., comportando una maggior spesa pari ad € 5.985,28 annui, anch’essi da parametrarsi alla vita residua del sig. D.;
– parte convenuta è responsabile delle lesioni riportate dall’attore ai sensi dell’art. 2051 c.c., quale custode dei beni di sua proprietà, non ricorrendo nell’ipotesi concreta di specie un caso fortuito;
– deve inoltre ritenersi provata la responsabilità del sig. C. ai sensi dell’art. 2043 c.c. per non aver opportunamente ripulito il pavimento dall’olio versato la sera prima.
Ciò premesso, parte attrice concludeva chiedendo l’accertamento e la declaratoria dell’esclusiva responsabilità colposa del sig. C. come sopra esposto e la conseguente condanna al pagamento di tutti i danni patrimoniali e non da esso patiti.
Con comparsa di costituzione dd. 10.04.2012 si costituiva in giudizio il sig. C. esponendo quanto segue:
– il sig. D., nel corso di un sopralluogo presso l’abitazione del convenuto, scivolava su una macchia d’olio presente sul pavimento a causa della rottura di una bottiglia avvenuta la sera precedente;
– l’attore si sarebbe dovuto aspettare, all’interno di una cucina, di trovare qualche macchia, anche d’olio, sul pavimento dovendosi, pertanto, ascrivere alla negligente condotta dell’attore, perlomeno a titolo concorsuale, i danni dallo stesso lamentati;
– le somme esposte dal sig. D. a titolo di risarcimento del danno sono inoltre assolutamente eccessive e da provarsi nel corso del processo, in particolare, per ciò che attiene il danno il dannoda mancato guadagno, quello di perdita di capacità lavorativa, nonché quello relativo alle maggiori spese dovute all’aumento di stipendio del dipendente della società, sig. D. C..
Alla luce di quanto descritto, il convenuto chiedeva in via preliminare di essere autorizzato alla chiamata in causa dell’assicurazione A. A. e, nel merito, il rigetto delle domande formulate nei confronti del sig. C.. In via subordinata, chiedeva la condanna dell’A. Assicurazioni a tenere indenne e manlevare il sig. C. per capitale e spese di lite anche di soccombenza.
Con comparsa dd. 16.07.2012 si costituiva in giudizio la A. A. deducendo quanto segue: – il riconoscimento reso dal convenuto nei propri atti e relativo alla dinamica del sinistro non ha effetto nei confronti della terza chiamata ai sensi dell’art. 2733 c.c.;
– l’evento lesivo della caduta deve essere imputato al comportamento imprudente dell’attore- vista la facile evitabilità e riconoscibilità del pericolo, – o almeno alla prevalente responsabilità del danneggiato nella verificazione del sinistro;
– sul quantum debeatur occorre prendere atto che già prima della caduta il sig. D. soffriva di dolori lombalgici, nonché di discopatia degenerativa e inoltre non è stata data contezza degli sviluppi dell’infortunio denunciato all’INAIL (in particolare su eventuali inabilità e danni biologici riconosciuti);
– inoltre, in relazione al danno da lucro cessante lamentato dall’attore, l’importo richiesto di € 84.995,00 non tiene conto dei costi che la I. avrebbe sostenuto per lo svolgimento dei lavori stessi, mentre il maggior costo di manodopera costituisce una duplicazione del danno già azionato per perdita di capacità lavorativa;
– per quanto attiene la domanda di manleva, la copertura assicurativa non opera nel caso di specie, in quanto il sig. C. ha espressamente escluso la garanzia responsabilità civile per la proprietà della casa;
– anche ove si ritenesse operante la polizza in esame, si rileva che la stessa prevede comunque un limite per il risarcimento dei danni derivanti da sospensione totale o parziale di attività conseguenti al sinistro pari al 10% del massimale assicurato (10% di 500.000,00 = € 50.000,00);
Un tanto premesso, il procuratore della terza chiamata chiedeva,in via principale, l’accertamento della non operatività della polizza, in subordine il rigetto delle domande attoree ed in estremo subordine, previo accertamento delle preesistenze patologiche, liquidare i soli danni conseguenza immediata e diretta del sinistro, con il limite del 10% del massimale assicurato per danni derivanti da sospensione totale o parziale di attività conseguenti al sinistro.
b. In diritto.
Come sopra riportato il sig. D., agendo sia in proprio sia quale legale rappresentante della società I., chiede la condanna del sig. C. al risarcimento del danno subito dai due distinti soggetti giuridici in conseguenza delle lesioni riportate dal sig. D., il quale, nel corso di un sopralluogo preliminare all’esecuzione di alcuni lavori di ristrutturazione, sarebbe scivolato sul pavimento della cucina del convenuto a causa della presenza sul medesimo di una macchia d’olio.
La pretesa risarcitoria viene pertanto avanzata nei confronti del sig. C. a titolo di responsabilità per danni cagionati da cose in custodia ex art. 2051 c.c.
In linea generale, onde poter invocare l’applicazione della disposizione menzionata, è sufficiente, per il danneggiato, dimostrare la sussistenza in capo al danneggiante di un rapporto di custodia con la cosa dalla quale è scaturito l’evento dannoso.
La custodia, per quanto qui rileva, deve intendersi quale capacità del custode di controllare la cosa, di modificare la situazione di pericolo in essa insita o che in essa si è determinata, nonché di escludere i terzi dall’ingerenza sulla cosa (cfr. Cass. Civ. n. 7403/2007).
Nel caso di specie il rapporto di custodia tra il sig. C. e l’immobile in cui si è verificato l’evento dannoso è incontestato così come la concreta possibilità del convenuto di rimuovere la macchia d’olio o di impedire l’accesso alla cucina.
Per quanto attiene alla produzione del danno cagionato, lo stesso, oltre a poter trovare la sua fonte nella natura stessa della cosa, ben può essere determinato da un agente dannoso insorto nella causa della condotta dell’uomo.
Ed è, infatti, proprio la seconda ipotesi che caratterizza il caso de quo, preso atto che la presenza sul pavimento della macchia che lo ha reso scivoloso è da ricondursi esclusivamente alla rottura di una bottiglia d’olio avvenuta la sera prima.
Tale circostanza è stata ammessa dal sig. C. nel corso del suo interpello assunto in data 28 aprile 2014 ed è stata confermata dalla moglie dello stesso in sede di audizione testimoniale (si veda verbale udienza di data 28.04.2014 teste M.).
Alla luce di quanto sin qui delineato, la fattispecie in esame è pertanto senza alcun dubbio riconducibile all’istituto della responsabilità per danni da cosa in custodia.
b.1 Sul caso fortuito.
È noto come la presunzione di responsabilità posta dall’art. 2051 in capo al custode possa essere vinta solo ove si dimostri la sussistenza del caso fortuito.
In virtù dell’ormai uniforme orientamento giurisprudenziale sul punto, il custode è esonerato da qualsiasi responsabilità unicamente qualora il danno si sia verificato a causa di una circostanza del tutto imprevedibile tenuto conto delle caratteristiche del bene custodito, tale da interrompere il nesso causale fra quest’ultimo e l’evento lesivo.
Il fattore estraneo che esclude la responsabilità del custode può essere talora rappresentato anche dal comportamento imprudente o comunque negligente del danneggiato, purché la condotta di quest’ultimo abbia caratteristiche tali da risultare causa esclusiva dell’evento e da ridurre la custodia a mera occasione dell’infortunio (Trib. Roma n. 3582/2013; Cass. n. 25029/2008).
A tal proposito, sia il convenuto che la terza chiamata hanno evidenziato come la macchia d’olio presente sul pavimento fosse prevedibile e, pertanto, la caduta sarebbe stata evitabile dal danneggiato prestando la normale diligenza.
In particolare esponeva la terza chiamata, vi sarebbero tutti gli estremi per ritenere provato il caso fortuito costituito dalla condotta dell’attore di per sé idonea ad interrompere il nesso di causalità tra la cosa in custodia e l’evento danno.
Sul punto, il testimone D. C. A. B. (idraulico dipendente della ditta I. presente al momento del sinistro) affermava che “il pavimento era unto, le piastrelle erano molto g opache”, a conferma della visibilità della macchia d’olio.
La presenza della macchia d’olio sul pavimento non può dunque essere qualificata quale insidia perché non connotata da invisibilità (per le ragioni appena esposte) e/o imprevedibilità (alla luce del particolare tipo di attività svolta nella cucina).
Occorre pertanto determinare se la visibilità della macchia in sé considerata o se la condotta tenuta dal danneggiato siano idonei a rompere il nesso di causalità tra la res e l’evento dannoso.
Preliminarmente si osserva che l’incontro presso la casa del sig. C. veniva fissato affinché l’I. effettuasse un sopralluogo nell’appartamento in cui quest’ultima avrebbe dovuto in seguito eseguire dei lavori di ristrutturazione. Pertanto la cucina, luogo della caduta, non doveva essere teoricamente oggetto diretto di verifiche da parte del sig. D., che ivi veniva condotto dal sig. C. onde accedere al comando di chiusura generale dell’acqua dell’appartamento. Con alta probabilità il sig. D., nella ricerca dell’ubicazione del lavello al di sotto del quale era presente il ° comando generale dell’acqua, tenendo un comportamento non censurabile, non ha indirizzato il suo sguardo verso il pavimento, posizione in cui, per comune esperienza, è noto che tali interruttori non sono installati. Il sig. C., dal canto suo, perfettamente conscio della presenza di una macchia d’olio sul pavimento e del fatto che non risulta che il D. fosse in precedenza entrato in quella cucina e, dunque, conoscesse lo stato dei luoghi e la posizione del lavello, nulla comunicava all’attore, relativamente alla presenza dell’olio spanto la sera precedente, prima dell’entrata di quest’ultimo nella cucina.
Inoltre, dalla testimonianza del sig. D. C. A. B., è emerso che il D., è scivolato bruscamente in terra non appena entrato nella cucina, più precisamente, circa due passi dopo l’ingresso nella stessa, quindi senza nemmeno avere il tempo di rendersi conto della presenza della sostanza oleosa. Dall’istruttoria non è emerso che l’attore abbia posto in essere comportamenti % negligenti, imprudenti o imperiti, limitandosi ad entrare nella cucina del convenuto.
La condotta dell’attore non è dunque connotata da eccezionalità o imprevedibilità di per sé idonee a interroppere il nesso di causalità tra la cosa custodita e l’evento dannoso verificatosi (Cfr. Cass. Civ. 18317/2015), apparendo del tutto conforme alla normalità. Al contrario, la condotta del custode che ometteva di avvertire l’attore circa la presenza del pericolo, appare assorbente e causa esclusiva della caduta.
b. 2 Sul risarcimento del danno
Gli attori chiedevano la condanna del convenuto al pagamento del risarcimento di tutti i danni patrimoniali e personali patiti dallo stesso e dalla I. s.n.c. quantificandoli come segue:
D. in proprio:
– € 31.334,25 a titolo di danno biologico, comprensivo di personalizzazione, spese di cura e peritali;
– € 92.309,58 al titolo di danni patrimoniali per danno specifico alla capacità lavorativa;
I. snc:
– € 84.995,00 per danno emergente conseguente alla mancata possibilità di esecuzione del lavoro programmato;
– € 137.661,44 per il maggior costo di dipendente, necessariamente adibito alle competenze e mansioni operative prima svolte dal sig. R. D..
Va in primo luogo esaminata la richiesta di risarcimento del danno del sig. D. in proprio.
In corso di causa veniva disposta l’assunzione di CTU medico-legale sulla persona del sig. D..
Il consulente stabiliva nella la bozza di elaborato inoltrata ai CTP che, a seguito della caduta avvenuta in data 08.10.2010, l’attore subiva un “trauma contusivo bacino e colonna lombo-sacrale”, accertando che il sinistro non aveva comportato un peggioramento permanente delle condizioni fisiche precedenti.
Ad avviso del consulente d’ufficio, la predetta caduta si è inserita in un contesto anamnestico del paziente caratterizzato da importanti preesistenze patologiche, quali “alterazioni artrosiche delle articolazioni interapofisarie a livello di L4-L5 e una protrusione paramediana ed intraforaminale dx del profilo discale di L5-S1, con sporgenza di questo di circa 3,6 mm in sede paramediana, a contatto con la superficie inferiore del corrispondente ganglio radicolare” (rilevate con TAC 2007 e poi confermate da RM lombo sacrale del 2009, come risulta dall’elaborato consulenziale).
Il CTU, a fronte dell’analisi della RM Lombosacrale del 24.11.10 (verificata un mese e mezzo dopo il trauma), nonchè della visita neurologica + EMG arti inferiori dd. 30.12.10, ha ritenuto che la caduta in esame non abbia comportato alcun tipo di peggioramento del quadro clinico rispetto alla RM del 2009.
Per quanto concerne, invece, la voce di danno relativa all’invalidità temporanea sofferta dall’attore, il ° consulente dott. B. ha ritenuto congruo, a causa di un peggioramento temporaneo delle condizioni generali del soggetto, riconoscere un periodo di invalidità più lungo rispetto a quello normalmente atteso in conseguenza di questo tipo di lesioni e, precisamente:
– Invalidità temporanea totale: 6 gg
– Invalidità temporanea parziale al 75%: 10 gg
– Invalidità temporanea parziale al 50%: 15 gg
– Invalidità temporanea parziale al 25%: 30 gg
Ha affermato, inoltre, il CTU che il quadro clinico risultante dalle analisi svolte, legato alle preesistenze patologiche, impedisce al sig. D. l’espletamento di attività manuali comportanti sforzi fisici e posture coatte.
Ancora con riferimento alle spese mediche sostenute dal sig. D. e richieste quale autonoma voce % patrimoniale del complessivo risarcimento del danno, il CTU le ha ritenute pertinenti ad eccezione di € 1.570,0 destinati all’acquisto di particolari materassi, il cui utilizzo, viste le preesistenze patologiche, era consigliabile anche prima della caduta.
Alla bozza dell’elaborato peritale seguivano le osservazioni del consulente di parte convenuta (mentre il CTP del convenuto Dott. Cesaro Lico concordava con le conclusioni del CTU), il quale contestava il quadro clinico così come delineato dal consulente d’ufficio, ed, in particolare, il mancato riconoscimento al sig. D. di un danno biologico permanente riconducibile alla caduta. A detta del CTP, grande rilevanza assumono sul punto le testimonianze escusse nel corso del procedimento, in virtù delle quali sarebbe stato provato che il sig. D., a causa delle sofferenze riportare a seguito della caduta, non è più in grado di svolgere le medesime mansioni di lavoro richiedenti uno sforzo fisico di medio/alta intensità.
Le medesime osservazioni venivano svolte dal procuratore dell’attore all’udienza dd. 02.04.2015, in occasione della quale il giudice assegnava termine al CTU sino al 10.05.2015 per fornire gli opportuni chiarimenti e prenda priore.
Il consulente d’ufficio ha confermato in toto il contenuto della propria relazione peritale, sottolineando che in virtù delle lombalgie recidivanti con importante patologia discale degenerativa, preesistenti alla caduta, il sig. D. avrebbe già da tempo dovuto limitare la propria attività lavorativa.
Rilevato che la perizia redatta dal CTU dott. B. risulta esente da vizi logici nonché procedurali, avendo il consulente compiutamente preso posizione su tutti i quesiti a lui sottoposti, non sussistono motivi per discostarsi dalle determinazioni in essa contenute.
A dispetto delle richieste attoree, viene, pertanto, riconosciuto al sig. D. esclusivamente un danno biologico da invalidità temporanea, il cui ammontare viene come di seguito quantificato:
L’attore non ha riportato alcun danno biologico permanente; l’invalidità temporanea assoluta (al 100%) ha avuto una durata di giorni 6; l’invalidità temporanea parziale è stata al 75% per giorni 10, al 50% per giorni 15, al 25% per giorni 30.
Per ciascun giorno di invalidità temporanea assoluta va liquidato un importo di €. 145,00 sulla base dell’applicazione delle Tabelle di Milano. Il riconoscimento nella misura massima delle tabelle è giustificato dal livello di sofferenza patito dal sig. D. in considerazione della sua pregressa situazione di salute, come evidenziato dal consulente.
Il danneggiato ha subito una invalidità temporanea assoluta di giorni 6 che va liquidata in €. 870,00.
Per la invalidità temporanea parziale la liquidazione della diaria avviene in misura proporzionale alla percentuale di invalidità riconosciuta per ciascun giorno. La invalidità temporanea parziale di giorni 10 al 75% va liquidata in €. 1.087,50, quella di giorni 15 al 50% va liquidata in €. 1.0 87,50 , quella di giorni ° 30 al 25% va liquidata in €. 1.087,50.
A titolo di danno biologico per invalidità temporanea (I.T.A. e I.T.P.) spetta dunque al danneggiato l’importo complessivo di €. 4.132,50
Nel caso in esame va escluso, in concreto, che possa essere liquidato il danno non patrimoniale da personalizzazione ulteriore rispetto a quanto sopra detto con riferimento alla sofferenza patita nel periodo di invalidità temporanea.
Infatti, la c.d. personalizzazione del danno biologico non costituisce un diritto automatico del danneggiato fondato sull’impossibilità di proseguire la propria vita come prima ovvero sulla base della semplice valorizzazione delle concrete conseguenze pregiudizievoli subite e ciò perché quanto viene risarcito col valore tabellare per l’invalidità permanente non costituisce un risarcimento base da adeguare sempre e comunque alle peculiari ed irrepetibili situazioni contingenti del danneggiato, ma il giusto risarcimento per i casi ordinari, costituenti la maggioranza dei casi. Oggetto del risarcimento è
insomma, per usare il linguaggio del legislatore (cfr. artt. 138 e 139 cod. ass. priv.), “l’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato…”,
secondo quanto comunemente, ossia ordinariamente, si verifica.
Solo “qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionale personali”, l’ammontare del risarcimento può essere adeguato, come previsto dalle norme citate. Non si tratta di un adeguamento automatico da praticare in relazione alle peculiari condizioni soggettive del danneggiato, che per ciascuna persona sono un unicum irrepetibile, ma un caso particolare che si verifica solo nell’ipotesi in cui le conseguenze pregiudizievoli siano considerevolmente maggiori rispetto a quanto accade ordinariamente per la classe di individui di appartenenza del danneggiato. Nel caso di specie l’attore non ha minimamente allegato una qualsiasi circostanza di fatto dalla quale si possa argomentare che la lesione subita, per usare ancora il linguaggio del legislatore, “incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionale personali” ed in misura significativamente differenziata per eccesso rispetto a quanto accade normalmente.
Al sig. D. vanno liquidati anche i danni materiali conseguenti agli esborsi di somme che egli ha dovuto sostenere in conseguenza delle lesioni subite. In particolare si riconosce la congruità delle seguenti spese mediche:
– Fattura dd. 20.12.2010 visita neurologica € 150,00;
– Parcella dd. 16.11.2010 certificato medico assicurazione € 60,00;
– Fattura dd. 08.11.2010 visita specialistica € 80,00;
– Fattura dd. 24.22.2010 risonanza magnetica € 160,00;
– Fattura dd. 21.12.2010 visita di controllo € 45,00;
– Fattura di data 21.01.2011 N. 8 Emg semplice € 36, 15;
– Fattura di data 21.01.2011 visita specialistica fisiatrica € 18,95;
– Parcella dott. B. dd. 02.02.2011 € 500,00, per complessivi € 1.050,01.
Le spese relative agli ausili ortopedici acquistati dall’attore non vengono riconosciute in quanto il CTU ha evidenziato come le stesse non siano collegabili all’evento de quo, bensì sono connesse ad alterazioni strutturali e disturbi pregressi di cui l’attore era affetto ante sinistro.
Riepilogando:
Il danno biologico da invalidità temporanea è stato calcolato nella misura di €. 4.132,50.
Tale importo va riportato in valori monetari alla data di verificazione del fatto dannoso e, conseguentemente, la liquidazione va determinata in base ai medesimi criteri di cui sopra, nella misura di €. 3.865,38.
I danni materiali (spese mediche) sono stati determinati complessivamente in €. 1.050,01; la data di liquidazione ai fini del calcolo di rivalutazione ed interessi viene individuata nella data del 01.02.2010, | ovvero in un periodo intermedio tra l’esecuzione del primo e dell’ultimo esborso.
All’attore D. è stato corrisposto un indennizzo Inail che dovrà essere tenuto in considerazione al fine del calcolo del c.d. danno differenziale. Ai fini del calcolo del danno c.d. civilistico deve essere mantenuta l’omogeneità dei valori a confronto con la conseguenza che “non si può decurtare il danno biologico civilistico, appartenente all’ampia categoria del danno non patrimoniale, per effetto di importi che offeriscono a pregiudizio patrimoniali, ristorati con indennizzo Inail” (cfr. Corte App. Venezia,. 21.07.2011 e Trib. Genova 10.03.2009). Il danno differenziale va dunque calcolato per categorie concettuali di danno civilistico (patrimoniale e non patrimoniale).
A questa posizione ha aderito in più occasioni questo Tribunale, anche in funzione di giudice del lavoro, con motivazioni pienamente condivisibili.
In questa sede occorre solo meglio precisare il criterio proposto con riferimento, da un lato, alla più precisa individuazione dei termini omogeni da porre a raffronto e, dall’altro, alle diverse nozioni di danno differenziale c.d. quantitativo e c.d. qualitativo.
Sotto il primo profilo, l’accoglimento della sistemazione concettuale delle Sezioni Unite, nelle sentenze gemelle c.d. di San Martino, impone di considerare unicamente due categorie concettuali autonome di danno: il danno patrimoniale ed il danno non patrimoniale. La distinzione di natura delle singole voci risarcitorie, riconducibili alle due categorie, esclude la possibilità di utilizzare quanto di più indennizzato dall’Inail in una categoria (ad es. danno patrimoniale), per ridurre il risarcimento dell’altra categoria (ad es. danno non patrimoniale).
Questa esclusione deve essere affermata sia a livello di legislazione ordinaria sia, limitatamente ai casi di tutela di valori costituzionali, a livello di principi costituzionali, come chiariti in questa materia dalle pronunce della Corte Costituzionale n. 319/89, 356/91 e 485/91.
All’interno di ciascuna categoria non ha però più senso distinguere autonome voci risarcitorie, prive in | realtà di autonomia concettuale. L’abbandono dell’originario criterio dell’indistinzione tra singole voci risarcitorie nel calcolare il danno differenziale e l’ambito delle rivalse in favore degli assicuratori sociali, è stato imposto dalle pronunce della Corte Costituzionali che si sono limitate, ad affermare che l’incostituzionalità delle varie norme di legge che consentivano l’esercizio delle azioni di rivalsa in favore di assicuratori sociali (o privati) pregiudicando il pieno risarcimento del solodanno biologico.
Una volta superata questa ragione di incostituzionalità in via normativa, attraverso l’estensione anche al danno biologico dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l’originario criterio dell’indistinzione tra singole voci risarcitorie ritenuto imposto nel calcolare il danno differenziale dal dato normativo, può essere recuperato sia pure in un più limitato senso, potendo operare solo all’interno di ciascuna categoria concettuale autonoma di danno.
Posto che per le ragioni sopra elencate, nel caso di specie non va riconosciuto alcun danno patrimoniale, ad esclusione degli esborsi per spese mediche, occorre quindi calcolare l’intero danno non patrimoniale in senso civilistico, comprensivo di tutte le voci, anche quelle non coperte dall’assicurazione sociale (ad. Es. invalidità temporanea assoluta e relativa aventi natura non patrimoniale).
Questa soluzione, oltre a trovare indiretto conforto nelle citata sentenze di San Martino, che hanno valorizzato il principio indennitario, appare essere un ragionevole compromesso tra tutela ai valori della persona, anche di rilievo costituzionale e l’esigenza di evitare moltiplicazioni risarcitorie, anche a tutela dei conti pubblici. Risponde inoltre ad esigenze di semplificazione nelle decisioni, rendendo l’operazione aritmetica relativamente semplice, mentre la necessità di scorporare le singole voci risarcitorie di danno patrimoniale e di danno non patrimoniale, in funzione della corrispondenza con le voci coperte dall’assicurazione sociale, rischia di rendere in concreto ingestibile l’attività di giudizio, a vanificare le eventuali azioni di rivalsa e a perpetuare duplicazioni risarcitorie.
Precisato che il c.d. danno differenziale deve essere calcolato con riferimento alle due uniche categorie concettuali autonome di danno, ossia il danno patrimoniale e non patrimoniale, il caso in esame è facilmente deciso nei termini che seguono.
Devono essere tenuti in considerazione i soli importi liquidati da Inail a titolo di danno biologico comprensivi dell’aumento straordinario ex D.M. 27.03.2009, come risultanti dal prospetto Inail versato in atti per complessivi € 4.401,25.
Gli indennizzi vengono detratti dall’importo della liquidazione del danno e dal momento dell’ultimo versamento effettuato da Inail e, dunque, dal giorno 28.03.2012. Essi vengono computati ai fini del calcolo quali acconti e vengono imputati prima al capitale, in considerazione del principio espresso dalla Suprema Corte (Cass., sez. III, 14-03-1996, n. 2115) secondo cui poiché l’art. 1194 c.c. (il quale prescrive di imputare i pagamenti parziali prima agli interessi e quindi al capitale) è stato dettato con riferimento alle obbligazioni pecuniarie, esso non trova applicazione in materia di risarcimento del danno derivante da fatto illecito.
I conteggi sono eseguiti, quindi, in modo da considerare la riduzione del capitale liquidato di pari importo all’acconto versato, così che per il periodo successivo al versamento dell’acconto per tale importo non maturano più rivalutazione ed interessi.
Le somme liquidate (crediti di valore) vanno rivalutate dalle date in cui sono state monetariamente determinate (c.d. aestimatio) fino alla data della loro liquidazione definitiva (c.d. tacitio) che va fissata alla data dell’emissione della presente sentenza.
La rivalutazione va effettuata applicando sulle somme gli indici della rivalutazione monetaria ricavati dalle pubblicazioni ufficiali dell’Istituto Nazionale di Statistica. Gli indici presi in considerazione sono quelli del c.d. costo della vita, ovverossia del paniere utilizzato dall’ISTAT per determinare la perdita di capacità di acquisto con riferimento alla tipologie dei consumi delle famiglie di operai ed impiegati (indice F.O.I.).
Tale rivalutazione viene presa in considerazione per ciascuna delle voci di cui si compone la liquidazione del danno e dalla decorrenza per ciascuna indicata (vedi sopra).
Nella liquidazione del danno la giurisprudenza è concorde nel riconoscere anche il danno da ritardo nella prestazione e tale importo viene liquidato in via sostanzialmente equitativa attraverso il riconoscimento al danneggiato di una ulteriore voce che correntemente viene definita come interessi compensativi o moratori. Tali interessi sono calcolati dalla data del momento generativo della obbligazione risarcitoria sino al momento della liquidazione.
Gli interessi vanno liquidati al tasso nella misura legale che, in base alla normativa vigente, viene variato in relazione alle dinamiche dei tassi correnti sul mercato, sia un parametro di riferimento adeguato per determinare il danno da ritardo della prestazione risarcitoria.
Tali interessi vanno calcolati non sulle somme integralmente rivalutate (cosa che condurrebbe ad una duplicazione delle voci risarcitorie, come affermato nella nota sentenza Sezioni Unite del 17.2.1995, n. 1712), il che comporta un calcolo di interessi alquanto inferiore a quelli calcolati integralmente per l’intero periodo. La cadenza della rivalutazione comporta il calcolo degli interessi sulla somma via via rivalutata con periodicità annuale (Cass. 20.6.1990, n. 6209, soluzione accolta, in genere, con riferimento alle esigenze di semplificazione dei calcoli).
In tal caso il calcolo della rivalutazione viene fatto anno per anno alla data convenzionale del 31 dicembre ed in quella data vengono computati gli interessi che, poi, sono improduttivi di ulteriori interessi e non vengono capitalizzati in alcun modo.
Le somme dovute complessivamente sono le seguenti:
Danneggiato N.B.: utilizzata colonna 42 per 41 anni compiuti
Nome e Cognome: D. R. Data di nascita: Età: anni e 8 mesi
Danno non patrimoniale (biologico – Tabelle di liquidazione)
Punto tabellare di invalidità (anni): 0,00 Punto scelto liberamente dall’utente: —
Diaria giornaliera da tabella: 120,50 Diaria giornaliera scelta liberamente dall’utente: 145,00
A1) Invalidità permanente (punti di I.P.: 0,0%) €. 0,00
A2) Invalidità temporanea al 100% Giorni 6 €. 870,00
A3) Invalidità temporanea al 75% Giorni 10 €. 1.087,50
A4) Invalidità temporanea al 50% Giorni 15 €. 1.087,50
A5) Invalidità temporanea al 25% Giorni 30 €. 1.087,50
Sub totale A2)-A6) devalutato alla data del sinistro €. 3.865,38
Totale A €. 4.132,50
Totale A devalutato alle date indicate €. 3.865,38
B) Danni materiali
Spese mediche €. 1.050,01
Indennizzo Inail versato al danneggiato €. 4.401,25
Rivalutazione (dalla data del sinistro alla data della liquidazione) €. 250,40
Interessi legali sul capitale via via rivalutato annualmente €. 164,57
Totale dovuto €. 929,10
Resta ora da verificare la fondatezza delle pretese di parte attrice I. Snc.
Essendo da escludersi che l’evento per cui è causa abbia cagionato un peggioramento permanente delle condizioni di vita del sig. D., né una sua incapacità lavorativa specifica, non risulta fondata la pretesa risarcitoria di I. Snc e relativa ai costi sostenuti per l’attribuzione di maggiori mansioni, con conseguente aumento dello stipendio, al proprio dipendente D. C. per tutta la durata della presumibile vita lavorativa del sig. D..
Nulla va riconosciuto all’attrice I. Snc a causa del mancato espletamento del lavoro di ristrutturazione oggetto dell’incarico affidato dal convenuto.
Infatti, anche a voler ritenere provato che, nonostante le chiare risultanze della CTU, il sig. D., in assenza del sinistro, si sarebbe occupato in prima persona dell’esecuzione dei lavori, si osserva che I. Snc avrebbe dovuto allegare e provare che i 2 operai e l’apprendista di cui si avvaleva la società (come risulta dalle dichiarazioni del teste C.) non avrebbero potuto eseguire la ristrutturazione oggetto dell’incarico in assenza del sig. D., ad esempio, perché sprovvisti di idonee competenze tecniche o perché già impegnati in altro lavoro o, ancora, che la società non è stata in grado, pur avendovi provato, a reperire tempestivamente un sostituto dell’attore. Tale onere di allegazione e prova non sono stati adempiuti da I. Snc e la relativa domanda va pertanto respinta in assenza di prova del nesso causale tra il sinistro subito dal D. e l’omessa esecuzione del lavoro oggetto dell’incarico da parte del C.. b. 3 Sulla copertura assicurativa.
Come esposto in fatto, il sig. C. chiamava in causa A. A., al fine di essere tenuto indenne nel caso di una sua condanna al risarcimento del danno in favore dell’attrice.
A parere del convenuto, la polizza nr. stipulata con la terza chiamata, coprirebbe anche i danni arrecati a terzi e riconducibili a cause verificatesi all’interno della propria abitazione e non direttamente riconducibili ad una condotta dell’uomo.
Di differente avviso è, invece, A. A. secondo la quale il sig. C., all’atto di stipula dell’assicurazione, avrebbe deciso di estendere la garanzia assicurativa per la responsabilità civile “per i fatti della vita privata” e non anche quella “per la proprietà della casa”.
Secondo la compagnia assicuratrice i danni causati dalla privata dimora abituale andrebbero infatti ricompresi in quest’ultima voce.
Dalla documentazione versata in atti (doc. 1 di parte chiamata e doc. 5 di parte convenuta) risulta in effetti che il convenuto ha sottoscritto la polizza menzionata al fine vedere garantiti danni per “fatti della vita privata”. °
Ciò premesso, si rileva, in primis, la poca chiarezza delle clausole contrattuali.
Infatti, nella sezione delle CDA intitolata “Responsabilità civile per danni a terzi” “Responsabilità per i | fatti della vita privata” (pag. 3 CDA) sottosezione “Che cosa è assicurato”, si legge: art. 1: “A. terrà indenne l’assicurato e/o il suo nucleo familiare, per la somma che dovrà risarcire (capitale interessi e spese) se civilmente responsabili ai sensi di legge di danni involontariamente causati a terzi per:
– morte, lesioni personali; … in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi nell’ambito della vita privata;
Prosegue la polizza: “Ogni fatto accidentale che procura un danno, non escluso in “Che cosa non è assicurato” è coperto dalla garanzia: Alcuni esempi di rischi coperti sono:
a) la conduzione dell’abitazione abituale (omissis).
Senonché, nella sottosezione “Cosa non è assicurato”, (pag. 5 CDA), si specifica quanto segue:
“Art. 3: Esclusioni per i fatti della vita privata
Sono esclusi i danni: (omissis)…
5) derivanti dalla proprietà di case e di altri immobili; (omissis).
È evidente come una tale formulazione delle clausole contrattuali risulti alquanto confusa e ambigua.
Sul punto si evidenzia che, ai sensi dell’a rt. 1370 c.c., le clausole contenute nelle condizioni generali di assicurazione la cui interpretazione è dubbia, vanno interpretate a favore del contraente che non ha predisposto il modulo.
Una recente pronuncia della Suprema Corte ha ribadito tale concetto, affermando che “il contratto di ° assicurazione deve essere redatto in modo chiaro e comprensibile. Ne consegue che, al cospetto di clausole polisenso, è inibito al giudice attribuire ad esse un significato pur teoricamente non incompatibile con la loro lettera, senza prima ricorrere all’ausilio di tutti gli altri criteri di ermeneutica previsti dagli artt. 1362 e ss. c.c., ed in particolare quello dell’interpretazione contro il predisponente, di cui all’art. 1370 c.c.”(Cass. Civ. n. 668/2016). £
La lettura delle clausole contrattuali come proposta da parte chiamata e volta ad escludere la copertura assicurativa, appare contraria al canone della buona fede interpretativa prevista dall’art. 1366 c.c., intesa quale precetto generale di lealtà e chiarezza da seguire nell’operazione ermeneutica.
Alla luce di ciò, le clausole della polizza nr. ed, in particolare, quella di cui alla voce Responsabilità civile verso terzi – Che cosa è assicurato – Art. 1: “A. terrà indenne l’assicurato e/o il suo nucleo familiare, per la somma che dovrà risarcire (capitale interessi e spese) se civilmente responsabili ai sensi di legge di danni involontariamente causati a terzi per:
– morte, lesioni personali […] in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi nell’ambito della vita privata”, devono essere interpretate a favore dell’assicurato C. e, pertanto, tra i danni assicurati va ricompreso anche quello cagionato all’attore. Il sinistro si è infatti verificato a causa di un comportamento omissivo dell’assicurato (consistente nel non aver adeguatamente pulito il pavimento dopo avervi rovesciato una bottiglia di olio il che ha causato la caduta dell’attore D.) tenuto nel corso della conduzione dell’immobile nell’ambito della vita privata.
La terza chiamata dovrà dunque garantire e tenere indenne il convenuto di quanto questi sarà chiamato a risarcire all’attore D. R. in forza della presente sentenza.
A tal fine va tuttavia osservato che a pag. 10 delle CDA è prevista una tabella indicante le franchigie a carico del danneggiato.
Per quanto attiene il danno di natura non patrimoniale subito dall’attore D. in proprio, si ° evidenzia che la tabella non indica alcuna corrispondente voce cui applicare scoperti e/o franchigie, sicchè, sempre in ossequio al principio dell’interpretazione delle clausole contrattuali dubbie in favore | dell’assicurato, alcuna franchigia potrà essere applicata.
c. Spese di lite
1. Rapporti attori convenuto.
Tenuto conto che l’importo riconosciuto a favore dell’attore a titolo di risarcimento del danno è enormemente inferiore (circa 1/150) rispetto alle pretese inizialmente avanzate dal medesimo si giustifica una integrale compensazione delle spese di lite e di CTU.
2. Rapporti convenuto terza chiamata A..
A fronte dell’infondatezza delle eccezioni mosse da A. Assicurazione in ordine all’inoperatività della polizza e dell’eccezione relativa all’applicabilità dello scoperto, l’assicurazione risulta soccombente nei confronti del convenuto e per tale ragione dovrà rifondergli le spese processuali anche in applicazione dell’art. 1917, terzo comma c.c., non essendo superato il limite di un quarto del massimale assicurato, pari ad € 125.000,00 (n.b. massimale € 500.000,00).
Le spese vengono liquidate come in dispositivo, in applicazione dei valori massimi di cui al D.M.
55/2014 relative alle cause pendenti innanzi al Tribunale Ordinario con valore da € 1.101,00 a 5.200,00 in base al principio della liquidazione con riferimento il decisum, aumentati del 30% in considerazione dell’attività istruttoria espletata nonché del numero di udienze tenutesi e del tentativo di conciliazione esperito.
P.Q.M.

Il Tribunale di Bolzano, definitivamente pronunziando, ogni ulteriore istanza respinta ed infondata,
1) accerta la responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. di C. R. per i subito dal sig. D. R. in proprio a seguito del sinistro verificatosi in data 08.10.2010;
2) condanna C. R. al pagamento in favore di D. R. in proprio dell’importo di € 929,10, oltre interessi dalla data della presente sentenza al saldo effettivo;
3) compensa le spese di lite tra gli attori D. R. e I. di D. R. & Co. S.n.c. e il convenuto C. R.;
4) pone le spese di CTU come liquidate con decreto di data 25.06.2015 definitivamente a carico degli attori D. R. e I. di D. R. & Co. S.n.c. e del convenuto C. R. in solido tra loro nei confronti del CTU e nei rapporti interni a carico di entrambe le parti processuali in ragione del 50% ciascuna, con obbligo del convenuto di restituire agli attori quanto da questi eventualmente già corrisposto al CTU;
5) condanna A. A. a tenere indenne C. R., in virtù della polizza n. , da quanto sarà chiamato a corrispondere a D. R. e I. di D. R. & Co. S.n.c. in forza della presente sentenza per capitale, interessi e spese di lite;
6) condanna A. A. alla rifusione in favore di C. R. delle spese del presente giudizio, che nel complesso vengono liquidate in € 6.781,32 per compenso di avvocato, 1.066,28 per
anticipazioni e spese, oltre accessori come per legge e spese forfettarie nella misura del 15% di quanto liquidato per compenso.
Così deciso in Bolzano, 20.06.2016.
Il Giudice
Dott. Morris Recla

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