Lavoro e previdenzaNews giuridiche

L’intangibilità del superminimo

Il superminimo è un emolumento accessorio della retribuzione, erogabile singolarmente o collettivamente per meriti o qualità intrinseche al lavoratore.
Con la sentenza n. 62/2018 del Tribunale di Napoli un soggetto vinceva la controversia con la società datrice di lavoro, relativa alla dichiarazione di illegittimità della revoca del superminimo.
Non paga della soccombenza, la società in questione impugnava questa sentenza presso la Corte d’Appello di Napoli, sostenendo la legittimità del provvedimento di revoca dell’ incremento individuale annuale, attributo al ricorrente quale emolumento meritocratico in considerazione della sua elevata professionalità; ulteriormente essa ha rilevato come gli standard lavorativi fossero progressivamente svaniti, conducendola all’extrema ratio della revoca; infine non erano condivise le motivazioni del giudice a quo, che aveva ritenuto che l’assegno fosse ormai un diritto quesito del ricorrente.
Il punto di partenza per l’analisi del caso di specie può partire da quanto statuito dalla sentenza n. 6974/1997 della Cassazione, secondo cui «è necessario distinguere le indennità corrisposte in considerazione delle qualità professionali intrinseche alle mansioni da quelle indennità corrisposte in ragione delle particolari modalità della prestazione lavorativa; solo nel primo caso, date la loro stretta attinenza alla professionalità conseguita dal lavoratore per effetto dell’ espletamento di mansioni complesse o implicanti particolari cognizioni tecnico-scientifiche, non possono essere soppresse dal datore di lavoro».
È quindi necessario capire se il superminimo rientri nella prima o nella seconda categoria.
Con l’ausilio della sentenza n. 9011/2012 della Cassazione possiamo facilmente evincere che il superminimo appartenga alla prima categoria: «Il superminimo inizialmente costituisce un trattamento ad personam di miglior favore rimesso alla discrezionalità del datore di lavoro ma poi, una volta concesso, perde il suo originario carattere discrezionale assumendo così carattere retributivo».
Come incide, quindi, il peggioramento delle prestazioni lavorative nel contratto di lavoro in questione?
Il giudice del caso di specie afferma che «il calo dello standard di rendimento del lavoratore, a cui la società riconduce il provvedimento di revoca, è del tutto irrilevante ai fini in esame, essendo al più idoneo a giustificare la valutazione disciplinare del comportamento del dipendente, ma non certo a determinare una riduzione del trattamento economico in godimento, stante il generale principio della immodificabilità unilaterale della retribuzione ex art. 2103 c.c.».
Alla luce di ciò e alla luce della mancata motivazione della revoca del superminimo, precedentemente giustificato per il serio e qualificato impegno del dipendente, il giudice non può che rigettare, nuovamente, le pretese della società.

Leggi il testo integrale – Tribunale di Napoli, sentenza n. 62/2018

Rimani sempre aggiornato sui nostri articoli e prodotti
Mostra altro

staff

Redazione interna sito web giuridica.net

Articoli correlati

Lascia un commento

Controlla altro
Close
Back to top button