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Cassazione: annullata la pericolosità sociale per un facchino abusivo

Nessun reato per il facchino abusivo che va alla ricerca di clienti in stazione e nessuna aggravante se i suoi modi sono particolarmente insistenti. Questo è quanto emerge dalla sentenza n. 11606/2018 della Cassazione, la quale non ha dubbi sull’allontanare qualsiasi accusa che possa tirare in ballo una presunta pericolosità sociale del soggetto. Tutto sta nell’avere ben chiara la differenza tra attività illecita e reato. Annullata, quindi, la misura che ha decretato l’espulsione del soggetto con divieto di ritorno per tre anni.
La decisione va quindi a favorire il ricorrente, che vede così annullare la sentenza emessa dal Tribunale di Busto Arsizio e confermata in appello con la quale lo si condannava per violazione dell’ordine di rimpatrio. Il tutto a firma dal questore di Varese che ricorse a una procedura prevista dal Codice antimafia.
La cui difesa dell’uomo si era schierata tirando in ballo lo stato di necessità: il soggetto versava in uno stato di disoccupazione e aveva appena avuto una figlia.
Il provvedimento preso, spiegano i giudici di Cassazione, era eccessivo rispetto al comportamento dell’uomo. Non vale nemmeno giustificare il tutto considerando la “pericolosità sociale” dell’uomo in seguito a vecchi precedenti penali per reati contro il patrimonio, anche se già estinti in seguito all’affidamento ai servizi sociali. Sono bastati la sua attività di “carrellista” abusivo a Malpensa e l’assenza di un lavoro per rendere verosimile la pericolosità sociale del soggetto. Questo ultimo punto, confermato dalla Corte d’Appello: «L’aggirarsi per l’aeroporto alla ricerca di viaggiatori da circuire per portargli il carrello e farsi dare una mancia non dovuta» è un’attività scorretta che può porre in essere «una specie di truffa».
Di tutt’altro avviso, come si intuisce, la Cassazione. Per costituire pericolosità sociale non basta l’aver commesso alcuni atti illeciti, ma serve dimostrare la propensione del soggetto a commetterli. Non si può applicare nemmeno per tutti i reati, ma solo per quelli che costituiscono un pericolo per «l’integrità fisica o morale di minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica»; quest’ultima, naturalmente, da provare in tribunale. Il comportamento del soggetto, nonostante la provata insistenza, non costituisce un pericolo tale, senza contare il fatto che la condizione sociale del soggetto dettata dalla sua disoccupazione non è un motivo che lo porterà per forza a delinquere ancora.
 

Fonte: IlSole24Ore

 

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