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Leasing – Tribunale di Udine, sentenza n. 437/2018, giudice Massarelli

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Tribunale Ordinario di Udine Sezione seconda civile VERBALE DELLA CAUSA n. r.g. 556/2017 tra A. SRL GI H. A. R. ITALIA S.R.L. con gli avv.ti P. M., B. L., V. A., A. E.; ATTORE V. S.R.L. con gli avv. ti R. M.; CONVENUTO Oggi 5 aprile 2018 ad ore 9.30 innanzi al dott. Lorenzo Massarelli, sono comparsi: Per A. SRL GI H. A. R. ITALIA S.R.L. gli avv. ti P. M.; B. L.; V. A.; A. E., oggi tutti sostituiti dall’avv. B. Per V. S.R.L. gli avv. ti R. M., oggi sostituito dall’avv. F. D. L. Il Giudice invita le parti a precisare le conclusioni.
L’avv. B. conclude:
“1- in via principale: Accertata l’intervenuta risoluzione di diritto del contratto di locazione finanziaria immobiliare n. 311834/1 di data 16 ottobre 2006, voglia ordinare alla V. S.r.l., con sede legale in 20123 Milano (MI), n. 55, c.f., in persona dell’Amministratore Unico, sig. X. S., residente a P. (CT), via U. F. n. 23, e/o, comunque, del legale rappresentante pro tempore, di rilasciare in favore della ricorrente H. A. R. ITALIA S.r.l., con sede legale in T. (UD), via A. A. n. 6, come sopra rappresentata, gli immobili di cui al contratto di locazione finanziaria n. 311834/1 di data 16 ottobre 2006, siti in Comune di Arluno (MI), costituiti da un complesso immobiliare posto in via C. C. n. 7, attualmente accatastati all’NCEU del predetto comune al F. 15 mappale n. 74 sub 704 e mappale n. 710 sub 702, graffati, via n. 7, piano T-1, cat. D/7 e al Catasto Terreni del predetto Comune al F. 15 mappale n. 678, seminativo irriguo di classe 1 di are 4 e ca. 05 e F. 15 mappale 679, seminativo irriguo di classe 1 di are 4 e ca. 63, liberi e sgomberi da persone e cose, anche interposte.
2- in via subordinata: Nella denegata ipotesi in cui l’adito Tribunale ritenga non essersi verificata la risoluzione di diritto del contratto di locazione finanziaria descritto in narrativa, accertato l’inadempimento nel pagamento dei canoni da parte della V. S.r.l., dichiari l’intervenuta risoluzione di diritto del contratto di locazione finanziaria immobiliare n. 311834/1 di data 16 ottobre 2006, ordinando alla V. S.r.l., con sede legale in 20123 Milano (MI), n. 55, c.f., in persona dell’Amministratore Unico, sig. X. S., residente a P. (CT), via U. F. n. 23, e/o, comunque, del legale rappresentante pro tempore, di rilasciare in favore della ricorrente H. A. R. ITALIA S.r.l., con sede legale in T. (UD), via A. A. n. 6, come sopra rappresentata, gli immobili di cui al contratto di locazione finanziaria n. 311834/1 di data 16 ottobre 2006, siti in Comune di Arluno (MI), costituiti da un complesso immobiliare posto in via C. C. n. 7, attualmente accatastati all’NCEU del predetto comune al F. 15 mappale n. 74 sub 704 e mappale n. 710 sub 702, graffati, via n. 7, piano T-1, cat. D/7 e al Catasto Terreni del predetto Comune al F. 15 mappale n. 678, seminativo irriguo di classe 1 di are 4 e ca. 05 e F. 15 mappale 679, seminativo irriguo di classe 1 di are 4 e ca. 63, liberi e sgomberi da persone e cose, anche interposte.
3- rigettarsi le domande riconvenzionali avversarie, in quanto infondate ed in diritto, contenendole nei limiti del dovuto del dimostrato, rideterminandosi, comunque, i rapporti di dare ed avere tra le parti, ad avvenuta restituzione dell’immobile, anche alla luce delle pattuizioni contenute nella clausola risolutiva espressa di cui all’art. 7 delle CGC allegate al contratto di leasing immobiliare.
Dichiararsi inammissibili, perché tardivamente dedotte, le domande riconvenzionali nuove (formulate nei punti nn 2 e 3 delle conclusioni di merito) introdotte da controparte solo con la prima memoria ex art. 183 sesto comma c.p.c. Spese di causa interamente rifuse.
In via Istruttoria: come da memoria ex art. 183 sesto comma n 3 c.p.c.”L’avv. D. L. conclude: “In via principale:
1) rigettare le domande di H. A. R. ITALIA SRL in quanto infondate ed inammissibili in fatto ed in diritto In via riconvenzionale:
2) Accertare e dichiarare la nullità della clausola relativa agli interessi (lettera H delle condizioni particolari) per indeterminatezza e, conseguentemente, ordinare il ricalcolo del piano di ammortamento applicando il tasso sostitutivo ex art. 117 TUB o al tasso legale.
3) Accertare e dichiarare la nullità della clausola relativa all’indicizzazione dei canoni (combinato disposto lettera D e L delle condizioni particolari) per indeterminatezza e/o per violazione dell’art. 21 TUF e degli artt. 27 e 32 della normativa regolamentare Consob.
4) Dichiarare la nullità totale e/o parziale del contratto di leasing per cui è causa relativamente alle clausole sugli interessi, corrispettivi e moratori, commissioni (anche per estinzione anticipata) e spese a qualunque titolo connesse all’erogazione del credito, in quanto stipulate in violazione della normativa antiusura e, di conseguenza, disporre che il medesimo contratto sia derubricato a contratto a titolo gratuito ex art.1815 II comma c.c.
5) Accertare la pattuizione e l’applicazione di tassi e condizioni “in concreto”usurari (cd. usura sopravvenuta) e, per l’effetto, applicare l’art. 1815, c. 2, c.c. nei periodi in cui è superato il tasso soglia usura.
6) Accertare e dichiarare che il contratto per cui è causa non contiene l’ISC, per l’effetto, dichiarare il contratto per cui è causa nullo e, conseguentemente, rideterminare gli importi dovuti da V. SRL con l’applicazione del tasso sostitutivo BOT ex art. 117 TUB, eventualmente restituendo l’eccedenza finora percepita rispetto a quanto dovuto da quest’ultimo ai sensi del TAEG così rideterminato.
7) Accertare e dichiarare che il tasso leasing contenuto nel contratto per cui è causa è difforme dal tasso leasing effettivo e, per l’effetto, dichiarare il contratto per cui è causa nullo e, conseguentemente, rideterminare gli importi dovuti da V. SRL con l’applicazione del tasso sostitutivo BOT ex art. 117 TUB, eventualmente restituendo l’eccedenza finora percepita rispetto a quanto dovuto da quest’ultimo ai sensi del TAEG così rideterminato.
8) Accertare e dichiarare la mancata indicazione nel contratto di leasing della variazione in aumento dei tassi effettivi del finanziamento dovuta al costo occulto per indicizzazioni alla stipula e, per l’effetto, dichiarare il contratto per cui è causa nullo e, conseguentemente, rideterminare gli importi dovuti da V. SRL con l’applicazione del tasso sostitutivo BOT ex art. 117 TUB, eventualmente restituendo l’eccedenza finora percepita rispetto a quanto dovuto da quest’ultimo ai sensi del TAEG così rideterminato.
9) Accertare e dichiarare l’inefficacia e/o l’invalidità e/o la risoluzione parziale del contratto di leasing con riguardo alle clausole di indicizzazione rischio cambio. Di conseguenza, condannare H. A. R. ITALIA SRL alla restituzione delle somme corrisposte da V. SRL in forza delle clausole di indicizzazione rischio cambio, ammontanti ad. 108.810, 40, o nella maggiore o minore somma che emergerà dall’espletanda istruttoria, oltre alla rivalutazione monetaria in base agli indici Istat ed agli interessi legali sugli importi via via rivalutati dalla data di ciascun pagamento al saldo.
10) Accertare e dichiarare l’applicazione di interessi ultralegali/spese/commissioni da parte della H. A. R. ITALIA SRL non concordate fra le parti e, conseguentemente, rideterminare i canoni secondo le condizioni economiche di cui al contratto di leasing per cui è causa.
11) Rideterminare l’importo dei canoni di sola restituzione delle somme esborsate dalla V. SRL – in ciò confermando le perizie in atti – e conseguentemente accertare e dichiarare che la V. SRL, vanta un credito (indicato nella CTP) da portarsi in compensazione dei canoni non ancora scaduti. Di conseguenza, rideterminare l’importo dei canoni futuri.
12) per l’effetto, dichiarare l’inefficacia della risoluzione contrattuale comunicata alla V. SRL dalla convenuta in data 23.12.2016, attesa la carenza del presupposto dell’inadempimento della utilizzatrice e, conseguentemente, ordinare a H. A. R. ITALIA SRL di attenersi al piano di ammortamento ricalcolato dichiarando, all’uopo, che V. SRL sarà tenuta esclusivamente al pagamento dei canoni risultanti da tale piano (in particolare V. SRL dovrà pagare gli interessi sul capitale residuo, alla scadenza dei futuri ratei mensili) in misura conforme all’art. 117 TUB o al tasso legale senza applicazione alcuna delle clausole di indicizzazione). Sempre in via riconvenzionale ma in subordine ed esclusivamente nel non creduto caso di rigetto della domanda di dichiarazione di inefficacia della risoluzione contrattuale: 13) accertare e dichiarare l’inadempimento di H. A. R. ITALIA SRL per aver messo a disposizione un immobile affetto da gravi vizi che lo rendono inidoneo all’uso e che potrebbero arrecare gravi danni alla salute dell’utilizzatore e dei suoi dipendenti, e quindi, dichiarare la risoluzione del contratto di leasing per cui è causa e, conseguentemente, condannare H. A. R. ITALIA SRL restituire a V. SRL tutti i canoni già pagati, oltre alle somme a titolo di indicizzazione nonché ogni altro onere eventualmente applicato, oltre interessi legali dalla data di ciascun pagamento al saldo.
Sempre in via riconvenzionale ed in estremo subordine ed esclusivamente nel non creduto caso di rigetto della domanda di dichiarazione di inefficacia della risoluzione contrattuale e di rigetto della domanda di addebito della risoluzione a H.: 14) Accertare e dichiarare la nullità dell’art. 7 delle Condizioni Generali del contratto stipulato fra V. SRL ed H. A. R. ITALIA SRL nella parte ove recita “In ogni caso i corrispettivi periodici comunque pagati, resteranno acquisiti al locatore per l’intero loro ammontare. All’utilizzatore sarà fatto obbligo di pagare i corrispettivi periodici maturati sino alla risoluzione del contratto oltre gli interessi di mora nella misura convenzionalmente pattuita alla lettera M delle Condizioni Particolari, calcolati alla scadenza di ogni singolo corrispettivo periodico sino alla data di effettivo pagamento. Il locatore ha altresì la facoltà di richiedere all’Utilizzatore il pagamento di un importo pari alla somma dei corrispettivi periodici a scadere attualizzati al tasso base per l’indicizzazione dei canoni ridotto della metà oppure, in caso di contratto non indicizzato al tasso legale ridotto della metà maggiorato dell’importo pattuito per l’esercizio del diritto di opzione.
15) Accertare che il contratto di locazione finanziaria del 16.10.2006 stipulato con la H. A. R. ITALIA SRL, è un “leasing traslativo”ed è pertanto sottoposto alla disciplina di cui all’art. 1526 c.c. C., condannare la convenuta a restituire i canoni di leasing versati, oltre agli interessi dal pagamento dei singoli canoni alla scadenza del contratto, e, quindi, condannare H. a restituire l’importo complessivo di. 515.190, 36, o la somma minore o maggiore che il Tribunale riterrà di giustizia, oltre IVA ed interessi legali.
16) In subordine: nella denegata ipotesi che l’adito Tribunale ritenga valide le clausole contrattuali di cui si è chiesta la dichiarazione di nullità, voglia ridurre l’indennità convenuta ex art. 1526, II comma c.c. e la penale ai sensi dell’art. 1384 c.c. In ogni caso: 17) Col favore delle spese e degli emolumenti di causa, da attribuirsi al sottoscritto difensore, il quale dichiara di averne fatto anticipo ex art. 93 c.p.c.”In via Istruttoria: come da memoria ex art. 183 sesto comma n 2 c.p.c. Dopo breve discussione orale, il Giudice si ritira per deliberare.
All’esito pronuncia la seguente sentenza ex art. 281 sexies c.p.c., che viene pubblicata mediante lettura integrale.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI UDINE
SEZIONE CIVILE

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

“H. A. B. SpA” e “K. & V I. Srl” hanno stipulato il 16.10.2006 un contratto di locazione finanziaria avente ad oggetto immobili siti in Arluno (MI – doc. 4 attrice). Nella posizione di utilizzatore è subentrata il 27.11.2011 “V. Srl” (d’ora in poi per brevità “V.”- doc. 5 attrice). “H. A. B. SpA” ha conferito nel 2012 a “H. A. L. Srl” un ramo d’azienda, nel quale è compreso il contratto in questione (doc. 3 attrice). La conferitaria ha poi mutato denominazione dapprima in “H. A. R. Italia Srl” e poi, in corso di causa, nell’attuale “A. Srl” (per brevità, d’ora in poi “Aquileia”). Aquileia, visto il mancato pagamento di numerosi canoni di locazione, ha invocato nel dicembre 2016 la clausola risolutiva espressa inserita in contratto (suo doc. 8); chiede in questa sede la condanna di controparte a rilasciare l’immobile, ormai detenuto senza titolo.
V. si oppone, sostenendo che il contratto è afflitto da numerosi vizi in ordine alla determinazione degli interessi dovuti e che, in esito alla necessaria rideterminazione della corretta situazione di dare-avere, risulterà che alla data di cessazione dei pagamenti (novembre 2015) non vi era alcun inadempimento.
In subordine, chiede pronunciarsi la risoluzione del contratto per inadempimento legato a fatto e colpa di controparte (vizi del bene concesso in uso) e la sua condanna a restituire tutte le somme percepite.
In estremo subordine chiede comunque la restituzione di quanto pagato (salva l’applicazione dell’art. 1526 c.c.) oppure la riduzione di indennità e penali fissate in contratto.
È opportuno partire da quelle questioni, sollevate da V. in comparsa, che si pongono come preliminari rispetto alla domanda attorea.
TASSO USURARIO (punti 4 e 5 delle conclusioni) S. V. il tasso contrattuale di mora stabilito in contratto è pari a 9, 24%, superiore al tasso soglia usurario fissato per il quarto trimestre 2006. Da ciò la necessità di applicare l’art. 1815 secondo comma c.c. ed il diritto di ripetere tutti gli interessi indebitamente pagati a controparte.
La domanda è infondata.
Parte attrice non ha infatti depositato copia del D.M. che stabiliva, all’epoca della stipula del contratto, il tasso-soglia anti-usura. Quanto esposto al n 14 dell’indice dei documenti (inserito in calce alla comparsa) non risulta infatti dimesso in atti. Trattandosi di costituzione telematica, la mancanza dei documenti preannunciati non può essere addebitata che alla parte (unica in grado di confezionare la “busta telematica”), e non hanno senso ricerche di cancelleria per ovviare ad impossibili smarrimenti.
Si tratta di elemento di prova essenziale della fattispecie, in mancanza del quale non è possibile affermare se sussiste o meno la nullità denunciata. Come afferma la Suprema Corte, infatti, “La natura di atto amministrativo dei decreti ministeriali osta all’applicabilità del principio iura novit curia. Ne consegue che spetta alla parte interessata l’onere della relativa produzione, la quale non è suscettibile di equipollenti.” (Cass. n 15065/2014). Né si condividono le contrarie tesi emerse presso alcuni tribunali sulla natura normativa di simili provvedimenti (perché non tutti gli elementi integrativi di una fattispecie penale in bianco hanno per ciò solo tale natura) e sull’applicabilità alla fattispecie dell’istituto del fatto notorio (perché esso implica che una determinata nozione sia stata acquisita in modo definitivo dalla collettività indifferenziata, e non solo che essa sia facilmente acquisibile dai clienti di una banca anche tramite internet). Del resto la Suprema Corte ha già avuto modo di esprimersi nel senso qui seguito riguardo ai D.M. previsti dalla L. n 108/1996 (nn 8742/2001 e 11706/02); le altre sentenze di legittimità citate in altri precedenti di merito (ad es. n 14470/2005) fanno invece riferimento a disposizioni secondarie di ben altra portata, quelle sì davvero integrative di precetti di legge e dunque rientranti nel principio iura novit curia.
Nel merito comunque non si condivide per nulla il metodo impegato dal CT di V. per dare rilevanza agli interessi di mora e ad altri oneri legati all’inadempimento ai fini che ci occupano (“tasso effettivo di mora”). Questo giudice ha più volte indicato che il procedimento corretto per giungere ad una valutazione di usurarietà delle pattuizioni di un contratto di mutuo è del tutto diverso (cfr. Trib. UD 26.9.2014, in Danno e Responsabilità, 2015, p. 522, e da ultimo sentenza Trib. UD n 1408/16); si ribadisce anche qui che l’analisi in parola va sempre condotta senza rapportare al tasso soglia ex lege n 108/96 né le singole voci di costo indicate in contratto né la loro somma né la loro congiunzione più o meno acrobatica, perché ciò che, al momento della conclusione del contratto, occorre riferire alla soglia d’usura è il costo globale effettivo unitario di tutto il credito erogato, espresso in termini percentuali unitari tramite la nota formula di determinazione del TAEG, integrata dalla valutazione degli oneri eventuali secondo il criterio del c.d. worst case ma riferito al momento della stipula.
Quanto all’usurarietà sopravvenuta, negli angustissimi limiti in cui il tema può essere trattato all’indomani della nota sentenza della Suprema Corte n 24675/17, la domanda di V. non ha migliore sorte, per mancata produzione dei D.M. di ciascun periodo di successiva esecuzione del contratto, in cui si sarebbe verificata la fattispecie.
ASSENZA DI ISC/TAEG (punto 6 delle conclusioni) V. lamenta che nel contratto in esame non è inserito l’indicatore sintetico di costo; da ciò ricava la nullità del contratto ai sensi dell’art. 117 comma 8 TULB, con conseguente sostituzione del tasso d’interesse pattuito con quello legale di cui all’art. 117 comma 7 TULB. La domanda è infondata, perché in caso di leasing non è, nemmeno oggi, obbligatoria l’indicazione in contratto dell’ISC/TAEG alla stregua delle fonti subprimarie che regolano la materia (Del. CICR 4.3.2003 e Provv. Banca D’Italia 25.7.2003 e s.m.). INDICAZIONE ERRATA TASSO LEASING (punto 7 delle conclusioni) Nel contratto il c.d. “tasso leasing”è stato indicato in misura di 3.0891%. V. sostiene l’erroneità di tale indicazione, perché si tratterebbe di un tasso interno di attualizzazione da esprimersi in termini effettivi e non nominali (come invece avvenuto), per tener conto della periodicità infrannuale dei canoni. Il reale tasso sarebbe dunque pari a 3, 138%. Da ciò ricava la nullità di cui all’art. 117 comma 6 TULB e la conseguente necessità di applicare il tasso sostitutivo di cui al successivo comma 7 dello stesso articolo.
La domanda è infondata.
L’eventuale inesattezza nell’espressione della misura del “tasso leasing”in contratto non rientra infatti nell’elenco delle nullità di cui all’art. 117 comma 6 TULB, ma configura al più un’ipotesi di inadempimento contrattuale fondante un’azione di risarcimento del danno, quale mancato rispetto degli obblighi di trasparenza. Domanda peculiare, che non è stata formulata in questa causa.
Peraltro il “tasso leasing”non indica l’importo degli interessi dovuti a remunerazione del capitale (cioè la misura dell’obbligazione principale di un contratto di credito, su cui deve convergere il consenso delle parti), ma sintetizza in una sola percentuale il contenuto di tutte le varie obbligazioni assunte esplicitamente dall’utilizzatore nel corpo del contratto, tenendo conto del capitale finanziato (971.750 nella fattispecie), dell’importo delle singole rate costanti (5.250 + Iva nella fattispecie), del loro numero (179, nella fattispecie), della loro periodicità (mensile, nella fattispecie), dell’importo dell’anticipo (97.175 + Iva nella fattispecie), dell’opzione di acquisto (194.350 nella fattispecie), le spese di istruttoria (1.250 nella fattispecie). Elementi tutti che sono ben presenti in contratto, e su cui appare difficile fondare un difetto di informativa.
APPLICAZIONE DI CONDIZIONI ECONOMICHE DIVERSE DA QUELLE CONCORDATE (punto 10 delle conclusioni) V. eccepisce quanto sopra, ma la domanda è infondata perché non è indicata quale condizione sarebbe stata indebitamente applicata a suo danno, e non è certo tramite una CTU contabile che si può provare quella che rimane una mera affermazione priva di contenuto. Del resto non è dimostrato quali pagamenti sarebbero stati ingiustamente eseguiti da V. in forza di tale pratica abusiva, e ciò preclude in radice l’accoglimento di ogni domanda di ripetizione d’indebito.
INEFFICACIA DELLA RISOLUZIONE INTIMATA (punto 12 conclusioni) Con nota del 23.12.2016 (suo doc. 8) Aquileia ha comunicato a controparte la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa pattuita all’art. 7 delle condizioni generali applicabili al contratto.
V. sostiene che non sussisteva alcun inadempimento tale da giustificare tale iniziativa, dunque inefficace.
La tesi di V. è infondata.
Il patto in esame prevede che il locatore possa invocare la risoluzione anticipata in caso di inadempimento, da parte dell’utilizzatore, ‘”degli obblighi inerenti al pagamento anche di uno solo dei canoni di locazione_finanziaria o di qualsiasi altro importo connesso'”. È pacifico che V. non ha pagato alcuno dei canoni di locazione maturati a partire dalla mensilità di febbraio 2016. A nulla vale opporre che alla data del 23.12.2016 sarebbe sussistito un contro-credito da ripetizione o da risarcimento del danno per importi superiori al debito maturato: a) il tema dell’usurarietà del contratto, come detto, non ha fondamento, così come in generale le richieste di applicazione dell’art. 117 TULB ai canoni contrattuali; b) le domande residue riguardano la nullità delle clausole che determinano obblighi in materia di indicizzazione, e non di canoni; c) l’inadempimento rilevante, secondo la clausola, concerne anche un solo canone periodico, e l’omissione è evidente; d) l’estinzione del debito per canoni tramite compensazione legale con altri crediti (ammessa per assurdo la loro coesistenza) non poteva nella fattispecie operare, per difetto delle condizioni previste dall’art. 1243 primo comma c.c. V. sostiene anche che non si può discutere di risoluzione del contratto per altro ordine di motivi.
In sostanza: – l’immobile sarebbe affetto da gravi vizi (presenza di amianto nella copertura); – si tratta di un impedimento assoluto, pur a carattere temporaneo, alla possibilità di godere del bene; – di ciò la concedente non può non rispondere.
L’esecuzione del contratto pertanto sarebbe temporaneamente sospesa, finché Aquileia non rimuoverà il vizio, ed in tal senso non sarebbe possibile risolverlo per inadempimento.
La tesi è infondata, perché dal doc. 20 V. si comprende che sussiste sì la presenza di amianto nelle coperture dell’immobile, ma non in grado tale da rendere il bene assolutamente ed oggettivamente inutilizzabile fino ad intervenuto recupero ambientale. La situazione riscontrata ad agosto 2016 è infatti tale da imporre solamente un intervento di bonifica entro i successivi 3 anni e l’interdizione agli utilizzatori di venire a contatto diretto con le superfici esterne delle coperture. Per il resto il bene può essere goduto ed è pacifico che la convenuta lo sta pienamente utilizzando per lo svolgimento della sua attività produttiva.
Non sussiste dunque né l’impedimento assoluto (sebbene temporaneo) di Aquileia all’adempimento dell’obbligazione di far godere il bene a V., né la dedotta situazione di sospensione degli effetti del contratto.
RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO DI AQUILEIA (punto 13 conclusioni) V. sostiene che la presenza dei citati vizi nell’immobile la legittima a chiedere essa stessa, piuttosto, la risoluzione del contratto, ai sensi dell’art. 1580 c.c. La domanda è infondata, perché gli elementi sopra riportati fanno concludere che alla data in cui è stata attivata la clausola risolutiva espressa da Aquileia (dicembre 2016) l’immobile non esponeva a serio pericolo la salute dell’utilizzatore o dei suoi dipendenti: le stesse disposizioni di legge, anche regionale, e regolamento applicabili (assai restrittive) imponevano all’epoca solo un intervento di bonifica entro tre anni, segno di una situazione non ancora tanto degenerata da creare effettivo, serio ed immediato pericolo per la comunità degli utilizzatori dell’immobile.
Va comunque ricordato, in tema di vizi della cosa concessa in leasing, tali da renderla inidonea all’uso, che secondo Cass. S.U. n 19785/15 occorre distinguere l’ipotesi in cui gli stessi siano emersi prima della consegna, da quella in cui siano emersi successivamente alla stessa, perché nascosti o taciuti in mala fede dal fornitore.
Nel secondo caso, utilizzatore (qui V.) ha azione diretta verso il fornitore per l’eliminazione dei vizi o la sostituzione della cosa, mentre il concedente, una volta informato, ha il dovere di sospendere il pagamento del prezzo nei confronti del fornitore (se ancora possibile) e, ricorrendone i presupposti, di agire verso quest’ultimo per la risoluzione del contratto di compravendita o per la riduzione del prezzo. L’utilizzatore (V.) può peraltro sempre agire contro il fornitore per il risarcimento dei danni, compresa la restituzione della somma corrispondente ai canoni già eventualmente pagati al concedente.
DOMANDA PRINCIPALE DI AQUILEIA Tutto ciò premesso, non vi sono ostacoli ad accogliere la domanda principale di Aquileia: a) il contratto si è risolto per legittima attivazione della clausola risolutiva espressa da parte di Aquileia, stante l’inadempimento dell’obbligo di pagare anche uno solo dei canoni maturati; b) il bene deve essere rilasciato alla proprietaria/concedente.
RICONVENZIONALI V. formula, per l’ipotesi di accoglimento della domanda avversaria, due vere e proprie riconvenzionali.
La prima riguarda la richiesta di ottenere la restituzione di tutto quanto pagato a controparte nel corso del contratto ormai risolto (624.000), in stretta applicazione dell’art. 1526 c.c. e tenendo conto del fatto che Aquileia non ha a sua volta domandato (reconventio reconventionis) la condanna della convenuta a versare l’equo compenso per l’uso della cosa.
Ciò previa dichiarazione di nullità della clausola contenuta nell’art. 7 delle condizioni generali applicabili al contratto, illecita per contrasto col citato art. 1526 c.c. Sul punto occorre una premessa: nella fattispecie si tratta di leasing di tipo “traslativo”, attesa la natura dei beni che ne sono oggetto (immobili) e la concreta organizzazione di ciascun rapporto (il bene, acquistato ad oltre 970.000, al termine del contratto avrebbe intuibilmente mantenuto un valore residuo assai elevato in rapporto al prezzo di riscatto prefissato, 194.000). Cfr. sul punto Cass. n 13418/2008. La distinzione fra leasing finanziario e leasing traslativo, quanto alla disciplina applicabile in caso di risoluzione, è ancora ben attuale: cfr. Cass. nn 2538/2016 e 8687/2015. Come detto, il contratto inter partes è stato risolto; per disciplinare le relative conseguenze non si può peraltro applicare l’art. 72 quater L.Fall. (relativo solo ad ipotesi di contratti pendenti alla data di fallimento dell’utilizzatore, nel caso in cui il curatore non subentri – Cass. n 2538/16) ma l’art. 1526 c.c. (cfr. Cass. nn 8687/15 e 19272/14). Ciò anche se le parti lo hanno pattiziamente escluso, in quanto tale norma è di applicazione necessaria: Cass. n 19732/2011 (in motivazione). Alla stregua della disposizione richiamata, dunque, a seguito della risoluzione del contratto ed in via di principio devono essere reciprocamente restituiti sia il bene che i canoni versati, salvi (art. 1526 primo comma c.c.): 1) l’equo compenso per l’uso della cosa; 2) il risarcimento del danno.
Quanto all’equo compenso, è da sempre considerata legittima una pattuizione, integrativa della citata norma, che preveda la sua forfettizzazione tramite la previsione del diritto di ritenzione, da parte della concedente, dei canoni incassati (c.d. “patto di confisca”ex art. 1526 secondo comma c.c. – Cass. n 7266/1995). Nella fattispecie pervenuta in giudizio (art. 7 delle condizioni generali di contratto) è previsto, su tale aspetto, che l’equo compenso sia appunto forfettizzato sommando le entità seguenti: a) le somme già versate dall’utilizzatore (“patto di confisca”classico); b) i corrispettivi periodici ancora non versati, ma maturati fino alla risoluzione del contratto, comprese indicizzazioni ed interessi di mora.
Tale pattuizione non presenta illiceità strutturali e va confermata.
Quanto al diverso aspetto del risarcimento del danno cagionato alla concedente dall’inadempimento, è come sempre possibile pattuire una penale a ristoro di tale voce.
Sul punto in contratto è prevista la facoltà per la concedente di pretendere, oltre alla restituzione del bene, anche tutti i canoni “a scadere” dalla risoluzione in poi (attualizzati a tasso definito) oltre al prezzo di riscatto.
In contratto è però previsto anche quanto segue: – Dall’importo così determinato sarà dedotto l’eventuale ricavato dalla vendita del bene, ovvero l’importo assunto a base di calcolo nell’ipotesi di diversa ricollocazione del bene.
Tale clausola è pienamente idonea ad evitare censure non solo di chiara eccessività della penale, ma anche di sua affinità ad un patto commissorio nullo (cfr. anche Cass. n 1625/2015). V. non ha dunque alcun diritto, in linea di principio, di ottenere la restituzione di tutto quanto versato, dovendo tale importo rimanere presso la concedente a titolo di indennità predeterminata per l’uso del bene oggi in restituzione.
Il fatto che Aquileia non abbia chiesto in questa sede la condanna a pagare quanto residua a suo favore per effetto del patto di forfettizzazione dell’equo compenso (canoni ed accessori scaduti fino alla risoluzione) non comporta certo la perdita del diritto di trattenere quanto già ricevuto.
La seconda riconvenzionale, formulata in subordine, riguarda la richiesta di ridurre l’indennità forfettizzata per l’uso del bene e la penale, con domanda di restituzione del di più versato.
La legge prevede in effetti che la prima pattuizione sopra esaminata possa essere ridotta dal giudice se eccessiva (art. 1526 secondo comma c.c.). Spetta però all’utilizzatore, che intenda invocare tale potere, fornire gli elementi utili alla decisione giudiziale: – l’entità del dovuto (versato più versando); – la durata dell’utilizzo; – il deprezzamento conseguente alla non commerciabilità come nuovo del bene; – il grado di logoramento per l’uso (Cass. n 9161/2002). La domanda va respinta: si discute di un importo complessivo di 732.586 (624.000 versati + 108.586 maturati fino alla risoluzione), che andrebbero a ristorare oltre dieci anni di utilizzo (6.100 al mese); considerato il costo d’acquisto (971.000), il tipo di immobile (stabilimento produttivo) e le sue dimensioni (non infime), non pare proprio che l’indennità in parola, per come quantificata, si presenti come eccessiva.
Quanto alla penale per i danni, non può esserne disposta alcuna riduzione, posto che Aquileia non ha esercitato la facoltà di chiederne il pagamento.
Lo stesso può dirsi per la richiesta di dichiarare nulle le clausole contrattuali che disciplinano le modalità di calcolo del valore del bene (da riconoscere a favore di V.), stante la mancata attualità della questione; si rinvia comunque a quanto deciso nella sentenza n 431/2017 di questo ufficio sul chiaro contrasto fra tali clausole ed i principi stabiliti da Cass. n 888/2014, nonché sui modi di superare tale contrasto.
Le altre domande proposte da V. riguardano le clausole relative alle indicizzazioni.
Aquileia ritiene che le domande di cui ai punti nn 2 e 3 delle conclusioni avversarie siano inammissibili perché tardive.
L’eccezione è infondata, perché: – il procedimento segue, dopo la disposta conversione, il rito ordinario, in cui non si verifica alcuna preclusione definitiva connessa al deposito dell’atto di costituzione in giudizio; – V. ha inserito tali domande nell’ambito della memoria ex art. 183 sesto comma n 1 c.p.c., quale reazione alle questioni rilevabili d’ufficio delineate dal giudice all’udienza ex art. 183 c.p.c.; – le domande in esame sono ammissibili sia per effetto di quanto sopra, sia perché attengono pur sempre alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio (Cass. S.U. n 12310/15), sia infine perché i medesimi temi erano già stati trattati in comparsa, sia pure sotto altro aspetto (costo occulto del finanziamento per effetto dell’indicizzazione ai tassi – pagg. 8 e 9; risoluzione della clausola di indicizzazione al rischio cambio, qualificata come derivato, per inadempimento degli obblighi informativi – pagg. 10 a 16). Ciò detto, la causa su tali aspetti non è matura per la decisione e va rimessa in istruttoria per condurre apposita CTU. Vi si provvede con separata ordinanza.
La presente sentenza definisce alcune delle domande proposte dalle parti, che presentano carattere autonomo e separato rispetto a quelle per cui la causa prosegue.
Le spese su tale aspetto seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo; valore pari all’importo massimo delle somme chieste in restituzione (o in deduzione) dalla convenuta in questa parte della causa (732.000, ovvero tutto quanto pagato più quanto resterebbe da pagare) ed alla domanda di rilascio. Per il resto si rinvia alla sentenza successiva.

P.Q.M.

Il Tribunale, parzialmente, ma in tale parte definitivamente pronunciando, così decide: a) rigetta le domande formulate da V. ai punti 4, 5, 6, 7, 10, 12, 13, 14, 15, 16 delle relative conclusioni; b) condanna V. a rilasciare immediatamente in favore di Aquileia, liberi da persone e cose anche interposte, gli immobili di cui al contratto di locazione finanziaria n. 311834/1 di data 16 ottobre 2006, siti in Comune di Arluno (MI), via C. C. n. 7; NCEU F. 15 part. 74 sub. 704 e part. 710 sub. 702, graffati; NCT F. 15 part. 678 679; c) condanna V. a rifondere a controparte le spese di questa parte della lite, che si liquidano in 1.686 per spese vive, 22.000 per compensi, oltre rimborso forfettario ed ulteriori accessori, se dovuti quale reale costo come per legge; Il Tribunale, parzialmente, ma in tale parte non definitivamente pronunciando, così decide: a) rigetta le eccezioni di inammissibilità sollevate da Aquileia; b) rimette la causa in istruttoria come da separata ordinanza.
ORDINANZA Il giudice, visto l’art. 281 quater c.p.c., secondo cui il giudice istruttore decide la causa rimessa al tribunale in composizione monocratica con tutti i poteri ordinariamente spettanti al collegio; visto l’art. 279 c.p.c., secondo cui se il decidente non definisce il giudizio, e provvede su questioni relative all’istruzione della causa, pronuncia ordinanza; osservato che nella causa rimane da discutere della validità sia della clausola di indicizzazione ai tassi (con conseguente eventuale applicazione dell’art. 117 comma 7 lett. A T.U.B.), sia delle clausole “rischio cambio”e “floor” (con conseguente individuazione delle somme versate in forza della prima o non fruite per effetto della seconda); che per definire tale aspetto occorre una preliminare rielaborazione contabile, tenendo conto degli orientamenti desumibili dalle citate sentenze nn 850, 933 e 1208/17 di questo ufficio; rimette la causa in istruttoria; dispone procedersi a CTU per rispondere al presente quesito: “Il CTU, esaminati i soli atti ed i documenti di causa, provveda a: – rideterminare il piano finanziario del contratto in discussione, applicando al capitale finanziato (dedotto l’anticipo versato) ed alla durata stabilita (decorrente dal giorno in esso indicato) la media dei tassi minimi dei buoni ordinari del tesoro annuali emessi nei dodici mesi precedenti la sua conclusione contratto; – stabilire l’importo netto pagato all’attrice a titolo di interessi, di indicizzazione ai tassi, di rischio cambio (separatamente per ogni voce e distinguendo fra periodo anteriore e posteriore al 10.12.2011); – evidenziare ogni accredito o utile percepito dalla convenuta, rispetto al piano finanziario originario, in forza delle clausole di indicizzazione; – stabilire se la clausola floor abbia avuto applicazione nel corso del contratto; – in caso positivo, calcolare quali somme ulteriori sarebbero spettate alla convenuta ove la clausola non fosse stata stipulata, sempre distinguendo fra periodo anteriore e posteriore al 10.12.2011.”nomina CTU la dott. ssa M. F.; fissa l’udienza del 3.5.2018 ore 12 per la comparizione ed il giuramento.
Si comunichi al CTU. Il Giudice dott. Lorenzo Massarelli Il verbale è stato steso personalmente, e sottoscritto digitalmente, dal solo giudice e non dal cancelliere perché, ad onta dell’art. 126 c.p.c., non è disponibile (per ragioni oggettive legate al numero ed all’organizzazione del personale amministrativo) alcun funzionario per l’incombente.
L’originale di questo atto è un documento informatico sottoscritto con firma digitale (artt. 1, lett. s, 21 e 24 D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82) e depositato telematicamente nel fascicolo informatico ai sensi degli artt. 15 e 35, co. I, D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, come modificato dal D.M. 15 ottobre 2012 n. 209.

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