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Irrogare una o più sanzioni disciplinari con il solo fine di screditare il lavoratore è mobbing, e la vittima può chiedere il risarcimento dei danni subiti.
È quanto si evince dalla sentenza di Cassazione n. 22381/2022.
Il caso
In seguito a diversi atti persecutori perpetrati dal preside di un liceo romano, una docente aveva sviluppato una sindrome ansioso-depressiva. Con riferimento a sentenza del TAR Lazio, la Corte d’Appello accertava che quella del preside era una condotta “mobbizzante” in quanto era cristallina la volontà di ledere la dignità della docente; fatto che ha portato a respingere il ricorso presentato dal MIUR.
Il MIUR, però, non si è arreso e ha presentato ricorso in Cassazione.
La sanzione vessatoria è mobbing
Dall’esame degli atti i giudici di Cassazione hanno potuto confermare la reiterazione degli atti vessatori, il che dimostra l’intenzionalità e quindi il mobbing. Si è configurato quanto specificato in Cass. 19782/2014, cioè «comportamenti di carattere vessatorio, con la conseguenza dell’evento lesivo della salute o della dignità del dipendente e l’intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti».
Respinto, quindi, il ricorso presentato dal MIUR e confermato il risarcimento per i danni subiti dalla docente.