Civile

Il Rent to buy nel fallimento: esame di una procedura competitiva di vendita

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di Giorgio Aschieri – Avvocato

Tribunale di Verona, Provvedimento del 12.12.2014

Con provvedimento in data 12.12.2014, un Giudice Delegato del Tribunale Fallimentare di Verona ha autorizzato l’esperimento di una procedura competitiva di vendita di un’azienda, nel cui perimetro era ricompreso un capannone industriale allocato, nell’ambito di tale procedura, con la formula del rent to buy.

Più specificamente, le condizioni proposte dal curatore ed autorizzate dal Giudice Delegato sono state le seguenti:

  1. durata triennale del contratto di RTB, senza possibilità di tacito rinnovo, ferma restando la possibilità per il conduttore di recedere liberamente dal contratto dando un preavviso di almeno sei mesi;
  2. diritto di acquistare l’immobile riconosciuto al conduttore entro trenta mesi dalla sottoscrizione del contratto. Una volta comunicata la sua volontà in tal senso, obbligo di concludere il contratto di compravendita entro e non oltre sessanta giorni;
  3. parte del canone da imputare in conto prezzo, nel caso di acquisto dell’immobile da parte del conduttore, pari al 90% dello stesso e obbligo di restituzione per il concedente, nel caso di risoluzione per inadempimento del conduttore e comunque di mancato esercizio dell’opzione, del 50% del canone versato;
  4. esclusione della rivalutazione ISTAT;
  5. oneri ordinari e straordinari di manutenzione dell’immobile interamente a carico del conduttore. Tale previsione è facilmente comprensibile se si considera che il conduttore è destinato a divenire il proprietario dell’immobile;
  6. nel caso di esercizio della facoltà di cui all’art. 107, co. 4 o dell’art. 8, co. 1, della Legge Fallimentare, restituzione integrale di quanto corrisposto dal conduttore, posto che, in tali casi, la compravendita non si concluderebbe per ragioni indipendenti dalla volontà del conduttore;
  7. espressa previsione che l’immobile deve essere rilasciato alla scadenza della durata di tre anni qualora il conduttore non intenda esercitare l’opzione di acquisto;
  8. stipula del contratto per mezzo di notaio (a spese del conduttore) nel quale sia indicato espressamente che l’immobile dovrà essere rilasciato libero da persone e da cose (di proprietà del conduttore) alla scadenza[1].

La procedura competitiva, appare opportuno precisare, è stata esperita con successo ed è stato quindi stipulato l’atto notarile di cessione di azienda e di concessione del capannone in rent to buy, a dimostrazione dell’importanza non meramente teorica dell’istituto disciplinato dall’art. 23 del D.L. 12 settembre 2014 n. 133 (c.d. “Decreto Sblocca Italia”).

Il provvedimento autorizzativo e lo stesso contratto stipulato si presterebbero a numerosi commenti: in questa sede, ritenendo opportuno illustrare un caso concreto per maggior valorizzare l’operatività pratica dell’istituto nell’ambito concorsuale, appare interessante soffermarci soprattutto su alcuni aspetti di carattere teorico / pratico.

Anzitutto, va posta in risalto la condizione sub 1) della vendita competitiva, ossia il fatto che il contratto ha durata triennale e si sottrare quindi a quella minima di sei anni prevista dalla Legge 392/78.

Tale previsione era necessaria per poter pervenire all’autorizzazione, atteso che una durata maggiore a quella prevista si sarebbe posta in conflitta con la ragionevole durata della procedura fallimentare di cui alla c.d. “Legge Pinto”. Il fondamento della autorizzazione è dato dal fatto che il Giudice Delegato, esaminato il complesso delle previsioni relative alla stipulando rent to buy, ha ritenuto che la causa relativa al contratto di vendita fosse nettamente preponderanti rispetto a quella della locazione, così dando continuità all’orientamento giurisprudenziale formatosi sul punto[2].

Il secondo aspetto è intrinsecamente collegato al primo ed emerge dalla connessione tra la durata del contratto, l’entità del canone in relazione al prezzo di vendita ed il fatto che detto canone sarà quasi integralmente imputato in conto vendita in caso di esercizio dell’opzione.

Il canone suddetto è infatti pari ad Euro 15.000 mensili mentre il corrispettivo per la vendita del capannone è pari ad Euro 1.000.000,00 (ossia quello indicato nella perizia di stima redatta in sede fallimentare).

È agevole notare che il canone mensile è di gran lunga superiore al valore locativo del bene e quindi “incorpora” una rilevante componente di prezzo di vendita, che infatti significativamente verrà in parte retrocesso all’aggiudicatario in caso di mancata stipula dell’atto definitivo.

Il rapporto in questione si avvicina quindi molto ad un “leasing tra privati” ossia esattamente ciò che il Legislatore ha voluto disciplinare introducendo l’art.23 in commento, laddove, nella fattispecie in esame nell’arco temporale di due anni e mezzo (ossia il termine ultimo per l’esercizio dell’opzione) sarà corrisposto all’incirca il 40% del prezzo di futura vendita.

Appare quindi verosimile che l’aggiudicatario, avendo corrisposto in un periodo sostanzialmente breve una parte così rilevante del prezzo di vendita, riuscirà a reperire un Istituto di Credito disposto a finanziare l’acquisto e, ciò, per due motivi: i) dovrà essere finanziato “solamente” il 60% del valore del bene e, soprattutto: ii) l’aggiudicatario avrà conseguito uno “storico creditizio” consistente nel fatto che ha sostenuto importanti flussi finanziari per il godimento del bene in funzione del successivo acquisto e, conseguentemente, apparirà ragionevole la sostenibilità ulteriore di tali flussi, che andranno a rimborsare il finanziamento concesso.

In altri termini, il rent to buy può costituire un importante elemento di autofinanziamento, che consenta ai potenziali acquirenti di immobili allocati dalle procedure fallimentari o concordatarie di superare, almeno in parte, le difficoltà di reperire la provvista per partecipare alle procedure competitive.

Spetterà poi ai curatori fallimentari, ovvero ai liquidatori giudiziali, il compito (tutt’altro che semplice) di “costruire” le procedure competitive in modo oculato, in modo da rendere concretamente appetibili gli immobili da allocare, dosando con la massima attenzione tutti gli elementi negoziali che connotano il rent to buy adattandoli alla specificità di ogni singolo caso.

Una ulteriore condizione della procedura competitiva merita un breve commento.

Si tratta della previsione di un diritto di recesso a favore del conduttore, con preavviso di mesi sei. Tale pattuizione sembrerebbe di per sé sfavorevole per la curatela, ma a ben vedere è posta nel comune interesse della stessa e del potenziale aggiudicatario.

È evidente che la previsione di tale diritto è idonea ad allargare la platea dei potenziali interessati e accrescere quindi la probabilità che vi sia aggiudicazione. D’altro canto, tale diritto sarà realisticamente esercitato, eventualmente, soprattutto nei primi mesi di vigenza del contratto perché, in seguito, vi sarà un meccanismo di penalizzazione (ossia la restituzione solo parziale della componente “vendita” relativa ai canoni), di mese in mese crescente, in forza del quale sarà sempre meno conveniente per il conduttore esercitare tale diritto.

Proprio in quest’aspetto si coglie appieno la natura economica di questa formula di vendita competitiva. A ben vedere, infatti, al momento dell’aggiudicazione il curatore non è affatto sicuro di vendere mentre l’aggiudicatario ha il diritto ma non l’obbligo di comprare. La procedura si trova quindi in una posizione di soggezione che, da un lato rende molto appetibile lo strumento per l’aggiudicatario (unitamente all’effetto di autofinanziamento sopra descritto), mentre dall’altra deve essere bilanciata equilibrando la misura del canone, l’entità della quota da imputare a prezzo in caso di esercizio dell’opzione, nonché di quella (che andrà opportunamente falcidiata) che il conduttore avrà diritto di vedersi restituita in caso di mancata conclusione della vendita definitiva.

Sarà il tempo a dire quale fortuna avrà l’istituto in commento nelle vendite fallimentari e concordatarie: lungi dall’ipotizzarsi un suo uso generalizzato, il rent to buy ad avviso di chi scrive può costituire una interessante alternativa alle vendite “tradizionali”, esperibile soprattutto laddove vi siano dei potenziali interessati all’immobile in questione, che abbiano difficoltà a finanziarsi ovvero desiderino conseguirne il godimento e valutarne in un secondo momento l’acquisto, molte volte in dipendenza dall’oscillante andamento dei mercati internazionali o di quello interno, o dei cambi valutari o di altre variabili economico / finanziarie, purtroppo in costante aumento negli ultimi anni.

da www.studiorighini.it su gentile concessione dell’autore

Leggi anche:

Il nuovo contratto di “Rent to buy” – Avv. Gianluca Fiori
La fiscalità del rent to buy come rappresentata dall’Agenzia delle Entrate – Dott. Marco Ghelli


[1] Tale ultima prescrizione si spiega tenendo presente che l’art. 474, co. 3, c.p.c. prevede che l’esecuzione forzata per consegna rilascio non possa avvenire che in virtù, tra l’altro, di atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato (co. 2 n. 3). In tal modo sarà, dunque, possibile ottenere, qualora ciò non avvenga spontaneamente da parte del conduttore, la riconsegna dell’immobile, senza dover prima munirsi di un altro titolo esecutivo idoneo in tal senso
[2] Cfr. Cass., 23 marzo 1992, n. 3587, in Repertorio del Foro Italiano, 1992, c. 657.[/fusion_text][fusion_text]-[/fusion_text] PDF provvedimento

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Giorgio Aschieri

Avvocato. Responsabile del Dipartimento di Ristrutturazione e Assistenza nella Crisi d?Impresa dello Studio Righini. Si occupa prevalentemente di procedure concorsuali e ristrutturazione del debito, interventi di risanamento e gestioni di accordi con i creditori. Ha incarichi di curatore fallimentare, liquidatore in concordati preventivi, legale del fallimento per numerose procedure. www.studiorighini.it

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