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Fede integralista lontana dai valori costituzionali? No al permesso di soggiorno

Uno dei fattori che possono determinare l’assegnazione o no dello status di rifugiato sono le convinzioni politico religiose del richiedente, quando queste sono lontane dai valori costituzionali del nostro Paese.

A confermarlo è la Prima sezione civile della Corte di Cassazione con sentenza n. 23758/2019 (testo), la quale ha esaminato il ricorso presentato da un cittadino del Bangladesh contro il diniego espresso dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Gorizia; verdetto precedentemente confermato dalla Corte d’Appello di Trieste con sentenza n. 703 dell’8 settembre 2017 (testo).

Il ricorrente aveva dichiarato di essere scappato dal suo Paese di origine a causa di ripetuti pestaggi subiti dalla polizia e per paura di subire violenze da parte degli attivisti del partito Awami League. Il partito di cui faceva parte il giovane, come sostenuto dalla difesa, era stato considerato fuori legge dall’Alta corte del Bangladesh. Il partito in questione è Jamaat e islami, integralista e filo pakistano.

Nel suo verdetto, la Corte Costituzionale ha ribadito che la valutazione di non credibilità dei racconti non è sindacabile, come non lo è la valutazione rilasciata dalla Commissione territoriale sulla fede integralista del ricorrente. Fattore primario è il fatto che quest’ultima non si integra con i valori costituzionali, così da far pensare che non ci sia una vera volontà di integrazione in Italia.

È bene precisare che la volontà di integrazione non è un fattore sufficiente per ottenere il permesso di soggiorno per motivi umanitari, sempre che nel paese di origine non sia presente una consistente violazione dei diritti umani.

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Redazione interna sito web giuridica.net

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