L'importanza della nomina dell'arbitro di parte nell'arbitrato sportivo

L’arbitrato è un rimedio previsto dall’ordinamento sportivo per la risoluzione delle controversie tra tesserati e società affiliate alle federazioni sportive.

Esso si pone come strumento per la risoluzione delle controversie sportive, alternativo alla giurisdizione statale e residuale rispetto alla composizione delle controversie sportive dinanzi agli organi di giustizia federale.

Elemento tipico della procedura è il carattere negoziale dell’accordo con cui le parti rimettono agli arbitri il potere di risolvere la controversia insorta.

I contratti tra tesserati e società contengono, difatti, la cd. clausola compromissoria a cui aderiscono la società all’atto di affiliazione ed il tesserato all’atto del tesseramento e con la quale le parti “assumono l’obbligo di demandare la risoluzione di tutte le controversie concernenti l’attuazione del contratto o comunque il rapporto tra società e tesserato al Collegio Arbitrale competente, che deciderà secondo l’apposito regolamento facente parte integrante e sostanziale dell’Accordo Collettivo”.

La clausola compromissoria è, dunque, uno strumento presente negli statuti delle federazioni sportive con cui gli associati si impegnano a devolvere ad appositi Collegi Arbitrali le controversie sorte tra società e tesserati e non devolute ad altri organi federali.

La Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), ha istituito Collegi Arbitrali presso le Leghe Professionistiche, predisponendo appositi regolamenti di procedura.

In particolare l’arbitrato si svolge a Milano per quanto riguarda la Lega Nazionali Professionisti Serie A e B ed a Firenze per la Lega Pro.

Ai fini della individuazione del collegio competente si deve fare riferimento alla serie di appartenenza della società al momento della proposizione della domanda.

Dal punto di vista procedimentale, il giudizio arbitrale viene introdotto con ricorso che deve essere sottoscritto dal ricorrente o dal suo difensore munito di procura alle liti.

Il ricorso deve contenere l’esposizione della materia del contendere, delle proprie richieste ma soprattutto la “designazione dell’arbitro di parte” che costituisce l’elemento fondamentale dell’atto introduttivo atteso che la mancata nomina dell’arbitro determina la “improcedibilità” del ricorso medesimo.

I Regolamenti dei Collegi Arbitrali statuiscono, difatti, che: «È improcedibile il ricorso che non contenga la designazione dell’Arbitro prescelto. L’improcedibilità è rilevata con provvedimento del Presidente del Collegio costituito nella prima riunione successiva alla proposizione del ricorso ed è comunicato dalla Segreteria del Collegio alla parte ricorrente».

Dunque, se il ricorrente omette di nominare il proprio arbitro, il ricorso è improcedibile.

Ma che cosa succede, invece, se il ricorrente nomina il proprio arbitro ma erra nella designazione dello stesso?

Anche in tale ipotesi la conseguenza sarà la improcedibilità del ricorso: la normativa federale, difatti, equipara la errata indicazione dell’arbitro di parte alla mancata designazione.

Sul punto i Regolamenti dei Collegi Arbitrali sanciscono che: «Gli arbitri di parte sono scelti tra i nominativi, presenti negli appositi elenchi, indicati dalle rispettive associazioni di categoria».

Il citato disposto normativo impone, quindi, al ricorrente di nominare, quale proprio arbitro, uno tra i soggetti presenti negli appositi elenchi ed i cui nominativi vengono indicati dalle rispettive associazioni di categoria.

In sostanza, ad esempio, laddove il ricorrente sia una società, l’arbitro deve essere scelto tra i nominativi indicati dalla Lega; laddove il ricorrente sia un calciatore, l’arbitro deve essere scelto tra i nominativi designati dall’A.I.C.; laddove il ricorrente sia un direttore sportivo, l’arbitro deve essere scelto tra i nominativi designati dall’A.DI.SE.

In un caso pratico che ha visto protagonista lo scrivente avvocato, il Collegio ha statuito nel senso della improcedibilità del ricorso per errata nomina dell’arbitro da parte del ricorrente.

Nella fattispecie è accaduto che il ricorrente, nella sua qualità di Responsabile Area Tecnica, ha proposto ricorso al Collegio Arbitrale nei confronti della società con la quale aveva un rapporto di lavoro, lamentando il mancato pagamento del compenso pattuito nel contratto.

Nell’atto introduttivo, il ricorrente nominava, erroneamente, quale proprio arbitro, un avvocato designato per le società, anziché quello designato per i Direttori Sportivi.

La società si costituiva eccependo, in via preliminare, la improcedibilità del ricorso per errata nomina dell’arbitro di parte.

Costituitosi il Collegio, alla prima riunione fissata dopo la proposizione del ricorso, il Presidente del Collegio ha dichiarato improcedibile il ricorso rilevando che: «nel proprio ricorso il ricorrente ha designato quale arbitro un avvocato il cui nominativo non è presente nell’apposito elenco indicato dall’associazione di categoria di appartenenza del ricorrente stesso, ma nell’elenco di altra categoria».

Ordinanza C.A. del 15.05.2015