Evasione fiscale, fenomeno trasversale: il Report della Fondazione nazionale dei commercialisti

Evasione fiscale? Non riguarda solo le partite iva. A demolire la convinzione per la quale l’evasione fiscale sarebbe praticata solo dagli intestatari di una partita iva, è la Fondazione nazionale dei commercialisti che ha analizzato i dati contenuti nella Relazione annuale sull’evasione fiscale e contributiva del Mef che dal 2015 accompagna la pubblicazione annuale del DEF. Dal rapporto, che esamina gli esiti conseguiti n materia di contrasto all’evasione fiscale e contributiva, emerge che in Italia le tasse e i contributi evasi ammontano a 107,7 miliardi di euro, di cui poco meno della metà è riconducibile a contribuenti privi di partita iva.
Infatti, sottolineano i commercialisti, l’evasione riconducibile al lavoro dipendente irregolare ammonta a 15 miliardi; altri 7,4 riguardano poi una serie di voci trasversali: il canone Rai, l’Imu e le locazioni immobiliari. Per la Fondazione sono invece interamente riconducibili all’evasione propria delle partite Iva le voci relative a Irpef per lavoro autonomo e impresa, Irap e Ires, per complessivi 49,5 miliardi.
Rimangono infine 35,8 i miliardi di evasione iva da distribuire tra consumi intermedi  (fatture a un’altra partita iva) e consumi finali (fattura al consumatore finale non partita iva). Quest’ultimo tipo di evasione è frutto di interessi convergenti: quello di non fatturare risparmiando sull’irpef, proprio dell’intestatario della partita iva, e quello di non pagare l’Iva a suo carico, proprio del consumatore finale.
La Fondazione sintetizza così le cifre finali:

Insomma, quasi la metà dell’evasione riguarderebbe la generalità dei contribuenti che è composta per un 85% da lavoratori dipendenti e pensionati e solo per il rimanente 15% da partite iva.