Tribunale di Verona, Sez. Lavoro – Sentenza n. 134/2016 del 02.08.2016 (Dott. A. Gesumunno)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Verona – Sezione Lavoro, nella persona del Giudice dott. Antonio Gesumunno, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di lavoro promossa con ricorso depositato in data 22.8.2014

DA

B. V., comparso in causa a mezzo degli avv.ti E. S., A. C. e M. B. G. per mandato a margine del ricorso ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. F. B. in Verona,

CONTRO

M. S. S., in persona del legale rappresentante pro tempore, comparsa in causa a mezzo dell’avv. G. C. per mandato a margine della memoria di costituzione ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Verona,
OGGETTO: illegittimità esclusione da socio – ripristino rapporto sociale e di lavoro – risarcimento danni
UDIENZA DI DISCUSSIONE: 6.4.2016
CONCLUSIONI DI PARTE RICORRENTE:
Accertarsi e dichiararsi per i motivi indicati in ricorso e per gli ulteriori emergendi nel procedimento, la illegittimità/nullità/invalidità/sproporzione della delibera/provvedimento di esclusione da socio del ricorrente dalla Cooperativa convenuta (quale che sia l’accertando atto che tale esclusione/espulsione ha dato origine);
accertarsi e dichiararsi, con qualsiasi statuizione, l’illegittimità/nullità/invalidità/sproporzione della esclusione/espulsione dalla Cooperativa convenuta del sig. B. e altresì del licenziamento/interruzione del rapporto di lavoro, entrambi comunicati con lettera del 1.7.2014;
ordinarsi alla M. S. scarl di ricostituire il rapporto sociale e/o a ripristinare il rapporto di lavoro con il ricorrente e conseguentemente condannarsi la medesima M. S. scarl al risarcimento del danno nella misura delle complessive retribuzioni globali di fatto maturate e maturande dal ricorrente dalla data di illegittima interruzione del rapporto sociale e/o di lavoro (01 – 02.07.2014) a quella del loro effettivo ripristino/ricostituzione, e al versamento dei relativi contributi previdenziali e assistenziali;
in subordine, nella denegata e non creduta ipotesi che si ritenesse applicabile in simili fattispecie la tutela c.d. obbligatoria, solo per mero scrupolo si chiede al G.L. di condannarsi la convenuta al risarcimento del danno nella misura massima prevista dall’art. 8 della legge 604/66, o nella diversa misura che dovesse essere ritenuta di giustizia, utilizzando come parametro la retribuzione globale di fatto di € 1.591,88 cent. Lordi, come sopra individuata a pag. 18.
Con interessi e rivalutazione monetaria dalle scadenze al saldo su ogni somma che risulterà dovuta.
Spese e onorari integralmente rifusi con distrazione in favore della sottoscritta difesa.
CONCLUSIONI DI PARTE CONVENUTA:
In via preliminare:
accertarsi e dichiararsi, per i motivi esposti in memoria, l’improcedibilità e/o l’inammissibilità e/o la nullità del ricorso.
Nel merito, in via principale:
previo accertamento della legittimità di ogni comportamento posto in essere da parte resistente e relativo al rapporto organico/lavoristico intercorso tra le parti e la loro risoluzione nei modi e nei tempi indicati in memoria, respingersi, per le ragioni sopra esposte, le domande tutte ex adverso formulate in quanto inammissibili, improponibili e/o, comunque, infondate in fatto ed in diritto.
In subordine:
in denegata (e non creduta) ipotesi di accoglimento delle tesi difensive avversarie convertirsi, ove necessario, la risoluzione del rapporto di lavoro di cui è causa in un licenziamento per giustificato motivo soggettivo, con riconoscimento al ricorrente dell’indennità sostitutiva del preavviso e/o comunque, più in generale, ridursi le domande ex adverso formulate secondo giustizia (anche in virtù delle eccezioni e delle deduzioni svolte in memoria).
Con vittoria di spese, diritti, onorari, rimborso forfettario oltre IVA e CPA.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ricorso depositato il 22/08/2014 B. V. conveniva in giudizio dinanzi al tribunale di Verona in funzione di giudice del lavoro la società cooperativa M. S. scarl esponendo di essere stato assunto dalla convenuta in data 02/10/2010 con contratto a tempo determinato successivamente trasformato in contratto a tempo indeterminato dopo sei mesi; di avere lavorato sempre all’intemo di un impianto di selezione/riciclo della plastica svolgendo mansioni di selezionatore di materiali plastici; che la cooperativa con lettera spedita il 26/06/2014 ricevuta il 27/06/2014 aveva addebitato al ricorrente di aver avuto un litigio in zona spogliatoio con un collega il quale mostrava segni di percosse fisiche sul volto; che la società convenuta aveva addebitato al ricorrente di avere turbato il regolare svolgimento dell’attività lavorativa costringendo il datore di lavoro a riorganizzare l’intera giornata di lavoro e i turni; che inoltre veniva contestato al ricorrente di essersi presentato per iniziare l’attività lavorativa in evidente stato di ubriachezza con conseguente inabilità temporanea allo svolgimento dell’attività lavorativa; che contestualmente la cooperativa aveva applicato una sospensione disciplinare dal lavoro di giorni tre; di avere fornito giustificazioni sia personalmente sia tramite l’organizzazione sindacale di appartenenza; che la società convenuta aveva comunicato alla ricorrente la sua esclusione da socio per aver provocato risse all’interno dell’azienda nel posto di lavoro, con contestuale ed automatica cessazione del rapporto di lavoro subordinato; la cooperativa, sulla base delle comunicazioni successivamente scambiate, aveva deciso il licenziamento e l’esclusione da socio prima ancora di leggere le giustificazioni scritte inviate dal ricorrente tramite l’organizzazione sindacale; che nel merito le contestazioni erano infondate; di aver avuto con il collega una semplice discussione che non era stata seguita da vie di fatto né da risse; che l’episodio non aveva generato alcuna turbativa dell’attività aziendale.
Ciò premesso, il ricorrente chiedeva accertarsi l’illegittimità della delibera di esclusione ai sensi dell’articolo 2533 in quanto non erano state dimostrate gravi inadempienze tali da giustificare la risoluzione del rapporto associativo e di lavoro. Il ricorrente chiedeva pertanto che fosse ricostituito il rapporto sociale e anche il rapporto di lavoro e che la società convenuta fosse condannata a pagare a titolo di risarcimento del danno una somma corrispondente alla retribuzione globale di fatto dalla data dell’esclusione sino alla ricostituzione del rapporto.
Si costituiva in giudizio la società convenuta e chiedeva il rigetto integrale delle domande di parte ricorrente sostenendo la piena legittimità della delibera di esclusione della conseguente cessazione del rapporto di lavoro. La società convenuta invocava l’articolo 2 della legge 142/01 il quale escludeva l’applicazione della tutela reale ogni volta che venga a cessare col rapporto di lavoro anche quello associativo. Eccepiva pertanto l’incompetenza del giudice del lavoro in ordine alle domande svolte dalla ricorrente.
La causa veniva istruita mediante l’assunzione delle prove testimoniali ammesse e veniva fissata udienza di discussione con termine per deposito di note autorizzate. All’udienza del 06/04/2016 La causa veniva decisa mediante pubblica lettura di dispositivo.
Le domande di parte ricorrente sono in parte fondate e devono essere accolte nei termini di seguito precisati.
Le domande di parte ricorrente devono preliminarmente essere inquadrate nell’ambito della tutela prevista dall’articolo 18 legge 300/70. Da ciò consegue anche la corretta instaurazione della controversia dinanzi al giudice del lavoro.
In forza della novella apportata dalla legge 30/2003 all’alt 9 della legge n.30, l’art.5 della legge 142/2001, il rapporto di lavoro del socio di cooperativa si estingue ex lege con il venir meno del rapporto sociale, a seguito della delibera di esclusione.
La modifica ha, infatti, stabilito infatti che “Il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l’esclusione del socio deliberati nel rispetto della previsioni statutarie e in conformità agli articoli 2526 e 2527 c.c.” Conseguentemente, lo scioglimento del vincolo sociale determina automaticamente ope legis l’estinzione del rapporto lavorativo, quale che sia la natura di quest’ultimo (subordinata, parasubordinata, autonoma) e non richiede alcun ulteriore atto risolutivo. Dunque, anche nel caso di rapporto di lavoro a carattere subordinato non è necessaria l’intimazione di un licenziamento.
La predetta disposizione deve essere letta alla luce dell’ art 2, comma 1 della norma stessa che dispone: “Ai soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato si applica la legge 300/1970 con esclusione dell’art. 18 ogni volta che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche l’associativo”.
L’interpretazione originariamente restrittiva di tale norma è stata, però, oggetto di una progressiva rielaborazione giurisprudenziale che ha condotto ad ampliare la portata del precetto.
Secondo la recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 24917 del 21.11.2014 (cfr. anche la recente pronuncia n. 1259/15 del 23.1.2015), resa in sede di regolamento di competenza, in caso di esclusione del socio lavoratore di cooperativa ai sensi della legge 142/2001, il Tribunale Ordinario in funzione del Giudice del Lavoro è il giudice competente a giudicare tanto la lite lavoristica quanto i rapporti connessi e afferenti al contratto sociale, che compongono il complesso rapporto giuridico analizzato ai sensi della legge 142/2001.
La Suprema Corte, dunque, ha fissato il principio di diritto per cui, qualora la società cooperativa deliberi l’espulsione del socio, con conseguente automatica cessazione del rapporto di lavoro subordinato intercorrente tra socio-lavoratore e società stessa, e il provvedimento espulsivo sia dichiarato illegittimo, trova applicazione l’art. 18 legge 300/70, in forza del rinvio operato dall’art. 2 L. 142/01. Pertanto che l’eventuale accertamento dell’illegittimità della delibera di esclusione del socio travolge anche la legittimità del licenziamento intimato, con conseguente ripristino sia del rapporto di lavoro sia di quello associativo.
In base al criterio di attrazione in capo al Giudice del Lavoro elaborato dalla Suprema Corte, tutte le controversie nate all’interno di una cooperativa ove il fondamento sia riscontrabile nell’ambito del rapporto di lavoro, indipendentemente che la delibera di esclusione sia intervenuta prima del licenziamento, esulano dalla competenza delle Tribunale delle Imprese.
Ciò premesso, devono essere disattese le obiezioni di parte ricorrente sulla regolarità della procedura adottata dalla convenuta. Infatti, è pacifico che il ricorrente si è presentato spontaneamente per rendere la propria giustificazione, ma non è provato che egli abbia fatto riserva di un successivo intervento del sindacato ai fini dell’approfondimento della propria attività difensiva. Pertanto la società convenuta non era obbligata ad attendere o comunque tenere conto di quanto comunicato dal sindacato successivamente a tale incontro.
Per quanto riguarda il merito degli addebiti disciplinari il teste K. A. ha riferito di essere stato provocato dal collega B., il quale si era avvicinato a lui e aveva cominciato a dargli dei pugni sulla faccia “io allora l’ho afferrato per la tuta che lui indossava e lui mi afferrava con la mano per il collo. Con le sue unghie mi ha fatto un taglio sulla guancia ed è uscito il sangue”. Tale versione dei fatti, da valutare con particolare attenzione tenendo conto che il testimone era l’altra persona coinvolta nel diverbio è stato licenziato per il medesimo episodio, non ha trovato integrale conferma da parte degli altri dipendenti che hanno assistito al litigio.
Il teste A. I. ha riferito che tra i due era sorta una discussione a causa di parole apparentemente ingiuriose, ma in realtà aventi tono scherzoso, pronunciate dal ricorrente. Secondo il testimone in questione “c’è stata solo una discussione. Non ho visto che K. si è fatto male né che aveva sangue sulla faccia”.
Il l teste C. F. ha riferito invece che i due colleghi stavano litigando e che uno teneva per il collo l’altro: “io sono intervenuto dicendo ai due di smetterla e sono riuscito a separarli e poi sono andato via” il teste C. ha riferito di avere visto “che K. aveva del sangue sulla guancia ma non so dire come si era fatto male”
Il teste E. M. N. ha riferito di essere arrivato quando la discussione tra il ricorrente e K. era già in corso. Il teste ha dichiarato di aver visto soltanto K. seduto su una panca nello spogliatoio mentre il ricorrente si trovava all’esterno vicino alla finestra dello spogliatoio.
Il teste G. ha riferitolo pensavo che stessero scherzando, ho visto che sono messi le mani in faccia, ma poi ho capito che era un litigio perché ho visto un collega, I., che li ha separati” e “K. mi ha detto successivamente era stato ferito ma io non ho visto questa cosa direttamente”.
Il teste A. E. M. invece riferito di non aver visto in contatto fisico fra i due colleghi che stavano litigando e di non avere visto segno ferite sul visto di K..
Sulla base delle testimonianze sopra commentate si deve ritenere provato che i due lavoratori B. e A. abbiano litigato e che, come riferito in maniera credibile e coerente dai testi C. e G., siano venuti a contatto fisico afferrandosi o comunque mettendo le mani uno sulla faccia o sul collo dell’altro. I testi non hanno confermato quanto riferito dal sig. A. circa i pugni che quest’ultimo avrebbe ricevuto dal ricorrente. Così pure dalle dichiarazioni dei testimoni non emerge in maniera univoca e chiara che la ferita o il graffio presente sul volto del sig. A. sia stato causato da un’azione violenta del ricorrente.
Con la lettera ricevuta il 27/06/2014 la società convenuta contestò al ricorrente di aver avuto un litigio, in zona spogliatoio con il collega K. A., che mostrava segni di percosse fisiche al volto. Nella lettera di contestazione la società convenuta richiamava il regolamento interno della cooperativa la quale il quale prevedeva quali possibili cause di esclusione anche “provocare risse o litigi di particolare gravità eseguiti da vie di fatto entro il recinto dello stabilimento su qualsiasi altro posto di lavoro”.
La cooperativa contestava al ricorrente che tali mancanze avevano notevolmente turbato il regolare svolgimento dell’attività lavorativa e costretto il datore di lavoro a riorganizzare l’intera giornata di lavoro ed i turni. Nella lettera di contestazione si addebitava al ricorrente anche di essersi presentato in stato di ubriachezza evidente e quindi in condizioni di inabilità temporanea allo svolgimento del lavoro. Lo stato di alterazione era talmente evidente da provocare un litigio con un collega. Si presumere che tali litigio fosse quello menzionato della prima parte della contestazione. Peraltro nella lettera di comunicazione della delibera di esclusione la società convenuta si è limitata (doc. 13 di parte ricorrente) ha richiamare soltanto il motivo di aver “provocato risse all’intemo dell’azienda nel suo posto di lavoro”.
Sulla base delle risultanze istruttorie si deve ritenere che la società convenuta abbia provato in buona parte il fatto storico contestato al ricorrente e cioè il diverbio con il collega seguito da vie di fatto.
Il CCNL gomma plastica (doc. 17 ricorrente) applicato dalla società convenuta (cfr. lettera di assunzione doc. 5 ricorrente) prevede all’articolo 55 che il diverbio litigioso seguito da vie di fatto avvenuto nel recinto stabilimento e che rechi grave per turbamento alla vita aziendale sia suscettibile di sanzione mediante provvedimento espulsivo con interruzione immediata del rapporto.
Nel caso in esame il comportamento tenuto dal ricorrente integra sicuramente un grave inadempimento nel senso che, come hanno riferito tutti testimoni, il diverbio avvenuto nei locali dell’azienda ed è sorto verosimilmente da motivi futili. Inoltre la discussione è avvenuta con toni piuttosto accesi e stava per degenerare, tenuto conto del fatto che tutti testimoni hanno riferito che taluni colleghi sono intervenuti per separare i due o quanto meno per allontanarli l’uno dall’altro per evitare ulteriori conseguenze.
Tuttavia non è stato dimostrato che l’episodio abbia generato un grave perturbamento dell’attività aziendale. I fatti si sono svolti nello spogliatoio e non durante l’orario di lavoro o lo svolgimento di attività lavorativa e non vi è prova che l’episodio abbia comportato la necessità di rivedere i turni o l’organizzazione del lavoro in quella giornata.
Pertanto la fattispecie deve essere inquadrata nell’ambito della previsione del quinto comma dell’articolo 18 legge 300/70, poiché il fatto storico contestato è stato sostanzialmente dimostrato, ma le circostanze concrete siano tale da escludere una gravità tale da giustificare l’immediata interruzione del rapporto di lavoro per giusta causa.
Il rapporto di lavoro pertanto deve dichiararsi risolto alla data della cessazione del rapporto di lavoro conseguente alla delibera di esclusione. Si ritiene equo determinare l’indennità prevista dal quinto comma dell’articolo citato nella misura minima di 12 mensilità, tenuto conto del fatto che il procedimento disciplinare è comunque scaturito da un comportamento integrante un inadempimento di non scarsa rilevanza.
La parte ricorrente indicato, senza contestazione della controparte, l’importo della retribuzione globale di fatto in euro 1591,88 lordi mensili.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo in favore dei procuratori antistatari. Il parziale accoglimento delle domande di parte ricorrente giustifica la compensazione delle spese di lite nella misura di 1/3.
P.Q.M.

Il Tribunale di Verona in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata
1) In parziale accoglimento del ricorso, accerta che non ricorrono gli estremi della giusta causa addotti dal datore di lavoro e dichiara risolto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento
2) Condanna la società cooperativa al pagamento di una indennità omnicomprensiva pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (€ 1591,88 lordi) oltre agli interessi ed alla rivalutazione come per legge dalla sentenza sino al saldo
3) Dichiara compensate nella misura di un terzo le spese di lite, liquidate per l’intero in € 6.000 per compensi oltre Iva e Cpa e rimb.forf. e condanna la società convenuta a rifondere i rimanenti due terzi al ricorrente con distrazione in favore dei difensori Avv.ti C. e G.
4) Fissa termine di gg. 60 per il deposito della sentenza.
Verona, 6.4.2016
IL GIUDICE
dott. Antonio Gesumunno