Tribunale di Verona, Sez. Civile – Sentenza n. 2923/2016 del 08.11.2016 (Dott. S. Rizzuto)

REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE DI VERONA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Verona, in persona della dott.ssa Silvia Rizzuto, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa civile di I grado iscritta al n. /2013 e promossa da
CONDOMINIO F. in persona dell’amministratore elettivamente domiciliato e rappresentato dall’ avv.to G. C. che lo rappresenta e difende per mandato depositato in data 16.5.2016

attore

contro:

LA R. S.R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore p. elettivamente domiciliata e rappresentata dall’ avv.to G. V. che la rappresenta e difende per mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta.

convenuto

e con la chiamata in causa di:
A. COSTRUZIONI S.R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore p.
chiamata in causa contumace
conclusioni per l’attore: come da foglio di conclusioni allegato al verbale del 19.5.2016
conclusioni per il convenuto: come da memoria ex art.183 co.VI n.1c.p.c.

MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO

Preliminarmente si da atto che viene omesso il puntuale svolgimento del processo alla luce dell’attuale disposto dell’alt 132 c.p.c.
Il Condominio F., dopo l’espletamento di un giudizio ex art. 696 bis c.p.c., ha convenuto in giudizio la società La R. s.r. chiedendo il risarcimento dei danni per difetti e vizi dell’immobile nell’importo quantificato nell’ATP oltre ad ulteriori voci di danno non correttamente valutate dal CTU e a vizi verificatesi successivamente.
La R. S.r.l , nel costituirsi in giudizio, ha eccepito decadenza dall’azione ex artt.1667 e 1669 c.c. nonché il difetto di legittimazione passiva per essere responsabile la ditta appaltatrice A. Costruzioni S.r.l. già fallita.
Il contraddittorio si è poi integrato con la chiamata in causa della società A. Costruzione i s.r.l., nelle more tornata in bonis, che è rimasta contumace.
Nella prima memoria ex art. 183 VI co c.p.c. il condominio ha contestato l’eccezione di carenza di legittimazione passiva deducendo che l’art. 1669 c.c. è norma applicabile anche nei confronti del costruttore-venditore, con ciò dunque delineando più precisamente la domanda di risarcimento danni promossa.
In generale, l’articolo 1669 c.c., benché collocato tra le norme disciplinanti il contratto di appalto, è diretto alla tutela dell’esigenza di carattere generale della conservazione e funzionalità degli edifici e di altri immobili destinati per loro natura a lunga durata. Conseguentemente, l’azione di responsabilità prevista da detta norma ha natura extracontrattuale e, trascendendo il rapporto negoziale (appalto o vendita) in base al quale l’immobile pervenuto nella sfera di un soggetto diverso dal costruttore, può essere esercitata nei confronti di quest’ultimo, quando abbia veste di venditore, anche da parte degli acquirenti.
Per quanto poi concerne il condominio, la legittimazione dell’amministratore derivante dall’art. 1130, primo comma, n. 4, cod. civ. – a compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio – gli consente di promuovere azione di responsabilità , ai sensi dell’art. 1669 cod. civ. nei confronti del costruttore a tutela dell’edificio nella sua unitarietà (Cass. n. 22656 del 08/11/2010).
“Il difetto di costruzione che, a norma dell’art. 1669 c.c., legittima il committente all’azione di responsabilità extracontrattuale può consistere in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determinandone la rovina o il pericolo di rovina), bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l’impiego duraturo cui è destinata, incida negativamente e in modo considerevole sul godimento dell’immobile medesimo” (Cass. n. 20307 del 2011).
In sostanza, “i gravi difetti che, ai sensi dell’art. 1669 c.c., fanno sorgere la responsabilità dell’appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità , pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura.
Nel caso in esame, la società La R. ha dichiarato di aver costruito l’immobile per cui è causa (cfr. doc. 17 e 18) ed è dunque soggetta alla disciplina dell’art. 1669 c.c. nei confronti degli acquirenti senza che rilevi, a fini scriminanti, il contratto di appalto stipulato con la A. Costruzioni.
Ciò posto, occorre esaminare i vizi che il CTU ha classificato come lievi onde verificare se gli stessi possano essere ricompresi nella tutela dell’art. 1669 c.c.
Il CTU ha evidenziato che la copertura dell’accesso alle abitazioni era stata posta in opera dai condomini, che le problematiche dei chiusini di servitù e quello di posizionamento del paletto di apertura del cancello erano state sistemate (punti 1, 4 e 8 CTU); ha quindi riscontrato la chiusura imperfetta e non a tenuta delle ante metalliche cieche di accesso ai vani contatori (punto 2), plafoniere non abilitate a luoghi umidi a all’aperto (punto 3), un erroneo posizionamento del paletto di apertura intera (punto 5), fessurazioni sui muri di delimitazione dello scivolo (punto 6), cattiva esecuzione della sagomatura della ringhiera (punto 7), dei pavimentazioni dei esterni, contro terra e senza battiscopa (punto 9) e delle finiture delle scale interrate (punto 14), macchie indelebili nei portoncini d’ingresso (punto 11), fessurazione di una pedana (punto 15), inidoneo tamponamento delle porte tagliafuoco (punto 17). Il CTU ha poi constatato all’ingresso civico 2 tracce di umidità , percolazione di acqua anche nello scantinato e, infine, risalite di umidità interne e infiltrazioni nella parte sottostante in entrambi gli ingressi, al piano scantinato.
Per quanto concerne i punti 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 11, 14 e 15 si tratta di difetti che non possono ritenersi gravi, ai sensi dell’art. 1669 c.c., poiché non pregiudicano in modo grave la funzione né limitano in modo notevole le possibilità di godimento anche solo di porzioni dell’immobile.
La domanda proposta dal Condominio va dunque rigettata limitatamente a tali punti.
Diversamente per quanto concerne le infiltrazioni e l’umidità riscontrate nel piano interrato e nelle parti comune che incidono sulla salubrità e fruibilità degli ambienti, si ritiene sussistere l’operatività della garanzia di cui all’art. 1669 cod. civ. che infatti “si estende anche ai gravi difetti della costruzione che non riguardino il bene principale (come gli appartamenti costruiti), bensì i viali di accesso pedonali al condominio, dovendo essa ricomprendere ogni deficienza o alterazione che vada ad intaccare in modo significativo sia la funzionalità che la normale utilizzazione dell’opera, senza che abbia rilievo in senso contrario l’esiguità della spesa occorrente per il relativo ripristino€ (Cass. n. 20644 del 2013). Ugualmente deve ritenersi per la messa in opera delle porte tagliafuoco che devono essere in grado di garantire la resistenza al fuoco.
Il termine prescrizionale è dunque di dieci anni e quello di decadenza di un anno dalla scoperta dei vizi.
“Il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile, previsto dall’art. 1669 c.c., a pena di decadenza dall’azione di responsabilità contro l’appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti” (Cass. n. 81 del 2000), e che, “la conoscenza completa idonea a provocare la decorrenza del doppio termine (decadenziale e prescrizionale) deve ritenersi acquisita, in assenza di anteriori esaustivi elementi, solo all’atto dell’acquisizione delle disposte relazioni peritali” (Cass. n. 11740 del 2003), non potendosi onerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo.
In ragione dell’epoca di deposito della CTU che si è resa necessaria per definire esattamente le cause dei vizi e la loro natura, non può ritenersi prescritta l’azione promossa ad esclusione di quanto richiesto per i lavori necessari all’ottenimento della Certificazione prevenzione incendi. La richiesta dei Vigili del Fuoco è infatti del 7.12.2006 mentre la prima denuncia è avanzata nell’ambito del procedimento ex art. 696 bis notificato a gennaio 2011.
Il CTU – con valutazioni condivisibili e che vengono fatte proprie da questo Giudice – ha quindi determinato in determinato in complessivi € 8.950 i costi per l’eliminazione dei vizi da infiltrazioni e delle porte tagliafuoco. In relazione alla stima dei costi deve essere disattesa la richiesta di ristoro delle somme relative all’installazione dell’impianto semaforico e dell’affitto di garages. Deve essere confermato il rigetto della richiesta di pagamento della somma pari ai canoni di affitto mensili per il ricovero delle 13 autovetture che non possono essere parcheggiate non solo per la intempestiva denuncia del vizio ma anche per la totale assenza di prova in ordine alla spesa richiesta.
Tanto premesso, la società La R. s.r.l. deve essere condannata a versare all’attore la somma complessiva di € 8.950, espresso in termini monetari correnti alla data di deposito dell’ATP, oltre rivalutazione monetaria dal 10.11.2011 e interessi sull’importo che si determina devalutato al 2006 e rivalutato sino alla data della presente sentenza. Sull’importo finale che si determina decorrono poi ulteriori interessi dalla data della presente sentenza al saldo. All’attore compete inoltre il ristoro delle spese sostenute per l’ATP da determinarsi in complessivi € 7.736 (spese CTU come liquidate, compenso avvocato con applicazione delle tabelle forensi e compenso consulente di parte) oltre rivalutazione monetaria dal 2011 e interessi sull’importo annualmente rivalutato dal 2011 sino alla data della presente sentenza. Sull’importo che si determina decorrono poi ulteriori interessi dalla data della presente sentenza al saldo.
Deve infine essere accolta la domanda della convenuta La R. s.r.l. avanzata nei confronti della chiamata in causa cui è opponibile l’ATP espletato per essere stata evocata anche in quel giudizio. Dagli atti di causa risulta poi il ruolo di appaltatrice della A. Costruzioni s.r.l. (vedi contratto d’appalto).
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione, deduzione disattesa e respinta, nel giudizio n. /2013, promosso da Condominio F.
condanna La R. s.r.l. a versare al condominio attore le seguenti somme:
– € 8.950 oltre rivalutazione monetaria dal 10.11.2011, interessi sull’importo devalutato al 2006 e rivalutato sino alla data della presente sentenza e interessi sull’importo che si determina dalla data della presente sentenza al saldo;
– € 7.736 oltre rivalutazione monetaria dal 2011, interessi sull’importo annualmente rivalutato dal 2011 alla data della presente sentenza e interessi sull’importo che si determina dalla data della presente sentenza al saldo effettivo;
condanna La R. .r.l. alla rifusione delle spese di lite liquidate in € 4.835,00 per compenso e € 300 per spese, oltre rimborso forfetario, IVA e CPA, condanna A. Costruzioni s.r.l. a tenere indenne La R. s.r.l. di quanto quest’ultima sarà tenuta a pagare in esecuzione della presente sentenza.
Verona, 7/11/2016
Il Giudice
dott. Silvia Rizzuto

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