Diritto dello Sport. Un primo passo per 'liberare' i tesserati dal vincolo illegittimo

Di grandissimo impatto per il sistema sportivo giovanile la sentenza con cui, nello scorso mese di Aprile, il Giudice del Tribunale Civile di Verbania ha confermato, in sede di Appello, una pronuncia del Giudice di Pace motivando come il tesseramento di un giovane atleta dilettante (nella fattispecie calciatore), in quanto pluriennale, e avente durata sino al compimento del venticinquesimo anno di età dello stesso, sia da ritenersi nullo, in mancanza di un’autorizzazione ad hoc del Giudice Tutelare.

Ciò in virtù del fatto che detto tesseramento rientra tra gli atti previsti dall’art 320 c.c. che, andando a modificare l’aspetto economico/patrimoniale riferito ad un minore, necessitano di detta autorizzazione, non essendo sufficienti le sottoscrizioni degli esercenti la potestà genitoriale.

Detto principio, che ad una prima lettura potrebbe sembrare accettabile se non addirittura pacifico, in realtà, pare destinato a sconvolgere l’intero sistema considerato come l’istituto del vincolo (ossia il legame che sino al venticinquesimo anno d’età impone al tesserato di non poter cambiare compagine d’appartenenza, se non con l’avvallo della società medesima) rappresenti da sempre un punto critico per gli esperti della materia e, spesso, venga utilizzato dalle società come una sorta di “ricatto” acché i tesserati, soprattutto quelli più promettenti in età giovanile, non passino ad altre compagini, costringendoli, in tal modo, a riscattare il loro cartellino, pagandolo fior di quattrini, per poterne pienamente disporre.

A seguito di detta pronuncia, anche i principali organi di stampa si sono occupati dell’argomento, invertendo un pericoloso indirizzo che li aveva portati a tralasciare in troppe occasioni la materia, per paura che gli effetti di un’eventuale abolizione del vincolo avrebbe potuto comportare, temendo, tra le alte cose, le reazioni delle Federazioni Sportive.

Il motivo menzionato dal Giudice di Verbania non è il solo a far pensare che il “vincolo” sia un istituto illegittimo; In realtà, la pronuncia de qua, condizionandolo all’autorizzazione del Giudice Tutelare, non ne certifica la nullità: di sicuro, però, pone un importante paletto nella fase pre-tesseramento e, soprattutto, ne condiziona la validità ad un assenso, quello per l’appunto del Giudice Tutelare, assolutamente inesistente nei tesseramenti in vigore.

Si potrà obiettare che, una volta ottenuta l’autorizzazione ad hoc, la questione tornerà sui binari di partenza, ossia caratterizzata dal vincolo pluriennale ma, nel frattempo, uno scossone importante è stato dato ai tesseramenti in corso.

Per i meno avvezzi alle tematiche giurisportive, si segnala come il vincolo di cui si dibatte altro non sia se non una clausola contrattuale che impone, al giovane atleta che intende tesserarsi per una qualsiasi società sportiva affiliata al CONI, di non poter liberamente cambiare la propria società sportiva di appartenenza sino al compimento del venticinquesimo anno di età.

E ciò in barba a qualsiasi esigenza di natura sociale, umana, ricreativa e, anche d’ambizione, rapportabile all’atleta sia che esso risulti particolarmente dotato e destinato ad una brillante carriera, sia che, più semplicemente, sia intento a praticare una disciplina sportiva al mero fine di soddisfare una passione ricreativo-sociale.

Chi scrive, da anni, sia nell’esercizio professionale che nelle riflessioni dottrinali a cui si è prestato, ritiene che quello indicato dal Giudice di Verbania sia solo uno dei motivi atti ad inficiare la normativa sul vincolo e, grazie agli studi dottrinali di chi l’ha preceduto, è in grado di indicare una serie di motivi atti ad indurre i Giudici Ordinari a decretarne definitivamente l’illegittimità.

Come accennato, tanti e giuridicamente importanti sono i motivi di doglianza in relazione alla presenza di un simile limite al libero tesseramento degli atleti giovani e/o dilettanti. Basti pensare al fatto che, non potendo svincolarsi a loro piacimento, i minori vengono privati del diritto alla pratica sportiva, dapprima come attività di sfogo e divertimento ed, in seconda battuta, come fonte di importanti garanzie costituzionali nonché di diritti consolidati a livello internazionale.

Impedire il recesso dal contratto di tesseramento (il cosidetto “cartellino”) ad un giovane atleta cozza, inoltre, con una serie di normative a tutela del “fanciullo”, definizione entro cui l’art. 1 della “Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia” riconduce tutti i soggetti che non abbiano ancora compiuto il 18? anno d’età.

Paradossale, peraltro, che detto vincolo, che per i professionisti è stato abolito sin dal 1981, rimanga in vigore per i giovani ed i dilettanti, ossia in contesti in cui, tendenzialmente, la pratica sportiva non è vista come fonte di guadagno ma mera attività ricreativa.

Il vincolo di cui alla fattispecie che si dibatte viola nell’ordine:

– il diritto al gioco spettante ad ogni minore stabilito dall’art 31 L. 27 maggio 1991, n. 176 che concede al minore la possibilità di dedicarsi al gioco e all’attività ricreativa proprie della sua età.

– il diritto di praticare senza difficoltà la propria attività agonistica rinvenibile nelle libertà sociali ed individuali di cui alla Costituzione e nell’art 1 L. 23 marzo 1981, n. 91 che rende “libero” l’esercizio dell’attività sportiva , sia essa svolta individualmente che in forma collettiva;

– la libertà d’associazione che comprende anche il “diritto di dissociazione”, tutelato dall’art 18 della Costituzione, nonché dall’art 11 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (L. 4 agosto 1955 n. 848) e, da ultimo, dall’art 22 del patto internazionale sui diritti civili e politici;

– il diritto di recedere dall’associazione qualora l’associato non abbia assunto l’obbligo di farne parte per un tempo determinato, secondo quanto previsto dall’art 24 del codice civile (si vedrà in seguito come un vincolo fino al 25° anno di età non possa ritenersi congruo quale tempo determinato);

– il principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art 3 della Costituzione data la parzialità del trattamento riservato illogicamente agli atleti professionisti per i quali l’art 16 L. 23 marzo 1981 ha disposto espressamente l’abolizione del vincolo sportivo;

– il principio che deve caratterizzare i nuovi statuti e regolamenti delle federazioni sportive, di partecipazione all’attività sportiva da parte di chiunque, in condizioni di parità e in armonia con l’ordinamento sportivo nazionale ed internazionale (art. 16 co 1, D. Lgs 23 luglio 1999, n. 242).

Ad ogni modo, pur in presenza di alcune riserve che andranno affrontate e che renderanno il dibattito ancor più interessante a livello giuridico, la pronuncia del Tribunale di Verbania, riveste i dettami di un primo importante passo nella direzione di “liberare” i giovani atleti che, spesso, per poter praticare la loro disciplina preferita sono soggetti ai ricatti suindicati, senza dimenticare che, anche in costanza di detta abnorme normativa, è previsto un sistema di tutela, già vigente ancorché poco diffuso e poco conosciuto, ossia l’art. 108 NOIF che permette ai calciatori giovani-dilettanti di poter inserire, previa richiesta di apposito modulo, una clausola che prevede il libero svincolo al termine di ogni stagione sportiva, previo congiunto accordo tra il tesserato e la società di appartenenza.

A questo punto, ora che un primo paletto è stato posto in essere a mezzo della sentenza de qua, non resta che completare l’opera di “abbattimento” di detto vincolo utilizzando tutti gli spunti giuridici suesposti.