Sentenze

Tribunale di Vicenza, Sez. Civile – Sentenza n. 1264/2016 del 13.09.2016 (Dott. B. Biondo)

Appalto di opere pubbliche – risarcimento danni da inadempimento

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI VICENZA

Il Giudice Istruttore in funzione di giudice monocratico, Dott.ssa Biancamaria Biondo, ha pronunciato la seguente

SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. /2009 del Ruolo Generale, avente ad oggetto: “appalto di opere pubbliche – risarcimento danni da inadempimento”
PROMOSSA DA

E. s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in Resana (TV), via , rappresentata e difesa dagli avv.ti S. C. ed E. G. del Foro di Venezia ed elettivamente domiciliata in Vicenza, , presso lo studio dell’avv. A. F. come da procura a margine dell’atto di citazione,

ATTRICE

Contro

A.T.. DI VICENZA – Azienda Territoriale per l’edilizia residenziale della Provincia di Vicenza, in persona del legale rappresentante pro-tempore, con domicilio eletto in Vicenza, via , presso lo studio dell’avv. L. P. che la rappresenta e difende come da procura a margine della comparsa di costituzione e di risposta, giusta deliberazione del C.d.A. dell’A.T.. In data 18.2.2010

CONVENUTA

Conclusioni dei procuratori delle parti: come da rispettivi fogli di precisazione delle conclusioni depositati nel fascicolo telematico ed allegati in copia cartacea al verbale d’udienza del 25 novembre 2015, da intendersi qui integralmente trascritto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Questa parte della sentenza viene omessa, alla luce del nuovo testo dell’art. 132, comma 2, numero 4, cpc (come riformulato dall’art. 45, comma 17, della legge 69 del 2009), nel quale non è più indicata, fra i contenuti della sentenza, la «esposizione dello svolgimento del processo».
MOTIVI DELLA DECISIONE
Questa parte della sentenza viene redatta alla luce del nuovo testo dell’art. 118, comma 1, disp. att. cpc (come riformulato dall’art. 52, comma 5, della legge 69 del 2009).
Con atto di citazione regolarmente notificato, E. s.r.l., già Impresa Prof. V. s.r.l., evocava in giudizio avanti all’intestato Tribunale l’A.T.. di Vicenza, chiedendo, in forza del contratto di appalto stipulato tra le parti in data 4.02.2004 per la ristrutturazione di un fabbricato comprendente diciotto alloggi di edilizia popolare, in località Borgo Casale di Vicenza, la condanna dell’ente convenuto alla corresponsione degli interessi per il ritardato pagamento della rata di saldo e al risarcimento del danno per la mancata disponibilità della medesima somma nonché per i costi ed oneri aggiuntivi legati al mantenimento della commessa aperta.
A sostegno della domanda l’attrice esponeva: di avere ottenuto l’aggiudicazione dei lavori dopo che l’A.T.. aveva provveduto a rescindere due distinti contratti di appalto stipulati con precedenti imprese aggiudicataci; di avere portato a compimento l’opera commissionata in data 4 agosto 2005, successivamente invitando la stazione appaltante al collaudo ai fini della liquidazione del corrispettivo; di avere, tuttavia, ricevuto il certificato di collaudo solo in data 8 gennaio 2008, ovvero 29 mesi dopo l’ultimazione dei lavori in luogo dei 6 mesi previsti dalla disciplina di settore, ottenendo il saldo a seguito di mandato di pagamento del 7 aprile 2009.
Sulla base di tali allegazioni, dunque, E. srl in liquidazione chiedeva, previo accertamento dell’inadempienza della P.A. committente agli obblighi contrattuali e di legge concernenti i termini di esecuzione del collaudo nonché di emissione del relativo certificato, di condannarsi la convenuta al pagamento in proprio favore : 1) degli interessi corrispettivi e di quelli moratori sulle somme dovute a titolo di rata di saldo, quantificati in euro 352,58, oltre agli interessi maturati sino all’effettivo pagamento del saldo; 2) della somma di euro 828,72 a titolo di ristoro del danno subito per mancata disponibilità della rata di saldo, calcolata in misura pari al 20% di essa; 3) della somma di euro 36.546,12 a titolo di ristoro delle spese sopportate per il mantenimento della commessa aperta, parametrata – secondo un criterio equitativo – su una quota delle “spese generali” sostenute dall’impresa, ovvero calcolando per ogni giorno di ritardo il 25% dell’importo giornaliero di dette spese; il tutto, oltre interessi e rivalutazione monetaria sulle somme richieste.
Si costituiva in giudizio l’A.T.. della Provincia di Vicenza con comparsa di costituzione e di risposta del 12 maggio 2010, nella quale la convenuta contestava la fondatezza delle domande ex adverso spiegate, negando la propria responsabilità in ordine alla tardività nel rilascio del certificato di collaudo ed eccependo che l’appaltatrice aveva provveduto a sottoscrivere lo stato finale dei lavori senza riserve benchè si fosse già concretato il ritardo sui tempi del collaudo e, quindi, senza segnalare le proprie rivendicazioni economiche, se non in via del tutto tardiva con le riserve iscritte in data 28.01.2008. Inoltre l’ente convenuto spiegava domanda riconvenzionale in relazione ad asserite inadempienze della E. in liquidazione agli obblighi contrattualmente assunti con distinto contratto di appalto del 2.8.2005.
Il Tribunale di Vicenza, con sentenza non definitiva resa in data 28.09.2010, dichiarava l’inammissibilità della domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta, emettendo ordinanza di rimessione della causa sul ruolo per la sua trattazione in relazione alle domande principali spiegate in citazione; quindi, all’udienza del 25.11.2015, mutato il G.I., la causa era introitata per la decisione definitiva sulle conclusioni precisate dai procuratori delle parti a cui erano assegnati i termini ex art.190 c.p.c per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.Come già esposto in narrativa, la presente decisione verte esclusivamente sulle domande di pagamento spiegate da E. in liquidazione s.r.l. in relazione alle inadempienze della convenuta di cui al contratto d’appalto stipulato il 4.2.2004, essendosi il Tribunale già pronunciato in ordine all’inammissibilità delle domande risarcitorie a loro volta spiegate, in via riconvenzionale, dall’ATdi Vicenzarelativamente al distinto contratto d’appalto del 2.8.2005, giusta sentenza non definitiva n. 1609/10 emessa ex art. 281 sexies c.p.c. in data 28.9.2010.
Le domande attoree sono fondate e devono essere accolte nei limiti di seguito precisati. Preme, anzitutto, rilevare che nel presente giudizio non è in contestazione il ritardo nell’effettuazione del collaudo degli alloggi popolari realizzati dall’Impresa Prof. P. V., oggi E. s.r.l. in liquidazione, fatto al quale la società attrice ricollega le proprie pretese economiche sul presupposto dell’imputabilità del ritardo alla stazione appaltante. Tale circostanza – oltre che incontestata tra le parti – deve ritenersi documentalmente provata, risultando dagli atti di causa che i lavori commissionati dall’A.T.. di Vicenza sono stati ultimati dall’appaltatrice in data 4 agosto 2005 (doc. 3 fascicolo convenuta), mentre il certificato di collaudo è intervenuto solo il 7 gennaio 2008 (v. doc. 2 fascicolo attore), ben oltre il termine previsto nel capitolato speciale allegato al contratto di appalto stipulato tra le parti (doc. 6). Infatti, l’art. 14 del C.S.A. stabilisce in sei mesi dall’ultimazione dei lavori il termine ultimo per l’approvazione del collaudo (v. estratto del C.S.A. – doc. 6). Nel consegue che il collaudo avrebbe dovuto essere effettuato entro il 4 febbraio 2006, con termine sino al successivo 5 maggio 2006 per la liquidazione del saldo, stante l’espresso richiamato operato dall’art.14 del C.S.A. agli artt. 29 e 30 della L. 109/1994 e 205 del Regolamento di cui al D.P.R. 554 del 21.12.1999, ove si prevede che il pagamento della rata di saldo debba avvenire non oltre il novantesimo giorno dall’emissione del certificato di collaudo (cfr. ancora doc. 6 fascicolo attrice).
Sennonché la convenuta, pur riconoscendo il ritardo, ha contrastato le domande attoree facendo leva:
a) sull’assenza di un inadempimento a lei imputabile per essere il ritardo ascrivibile a cause indipendenti dalla sua volontà e, precisamente, alle difficoltà incontrate dalla Commissione di collaudo nella ricostruzione delle vicende che hanno riguardato l’intero appalto ed, in particolare, quelle relative alle due risoluzioni deliberate a danno delle imprese alle quali furono aggiudicati i lavori prima del loro affidamento alla ditta V.;
b) l’omessa formulazione di specifica riserva che l’appaltatrice avrebbe dovuto avanzare già in sede di sottoscrizione dello stato finale dei lavori, privo invece di eccezioni, considerato che sin dal 21.3.2006 l’attrice era in grado di apprezzare il ritardo determinatosi sul collaudo e, pertanto, avrebbe dovuto formulare le proprie istanze contestualmente o immediatamente dopo l’insorgenza della situazione fonte della pretesa.
Entrambe le argomentazioni vanno disattese.
Quanto alla prima eccezione (quella sub. a) si osserva che l’art. 14 del Capitolato Speciale d’Appalto, laddove prevede che la collaudazione dell’opera pubblica debba essere conclusa entro sei mesi dalla ultimazione dei lavori, riproduce sostanzialmente il contenuto dell’art. 28, comma 1, della legge 109/1994 (legge quadro sui lavori pubblici) e l’art.192 del Regolamento di attuazione D.P.R. n. 554/1999 che riconoscono, altresì, all’appaltatore il diritto di ottenere il risarcimento del danno conseguente all’ingiustificato ritardo dell’Amministrazione committente (cfr. ex plurimis Cass. n. 271/2004, Cass. n. 11312/1995). Si tratta, a ben vedere, di una disciplina peculiare e derogatoria rispetto alla normativa del codice civile, che risponde all’esigenza di qualificare il ritardo colpevole dell’Amministrazione in relazione alla complessità dei procedimenti per l’erogazione della spesa pubblica, tipizzando detto ritardo colpevole con riguardo ad un tempo ritenuto in astratto sufficiente a svolgere gli accertamenti, i controlli e le formalità necessarie. Nel caso di specie l’A.T.. di Vicenza si è limitata ad allegare la “non congruità” di detto termine che, a suo dire, non sarebbe stato sufficiente a consentire la tempestiva ricostruzione dello storico dell’intero appalto, tenuto conto della lunga durata dello stesso e dei due precedenti affidamenti operati dalla P.A., poi revocati (v. pag. 8 della comparsa di costituzione e di risposta). Tuttavia la convenuta – al di là di tale generica affermazione e del richiamo operato alla documentazione versata nel proprio fascicolo – non ha minimamente dimostrato quanto dalla stessa sostenuto circa l’ “impossibilità” da parte della Commissione di collaudo di effettuarlo in modo da garantire all’impresa appaltante il rispetto del termine semestrale, contrattualmente previsto. Pertanto, non avendo l’ente convenuto assolto all’onere di provare che il ritardo nell’effettuazione del collaudo e, dunque, nel pagamento sia dipeso da forza maggiore o da fatto imputabile all’impresa appaltatrice, resta senz’altro escluso che possa porsi a carico dell’appaltatore il ritardo nella definizione della procedura di collaudo (cfr. ex plurimis, sull’onere probatorio a carico della stazione appaltante, Cass. Civ. Sez. 1 n. 16740 del 29/07/2011).
Quanto all’eccepita decadenza dell’attrice dal diritto di far valere le proprie pretese economiche, occorre rilevare che parte convenuta ha fondato tale eccezione sull’istituto della riserva contemplato dagli artt. 54 e 64 R.D. n. 350/1895 a tutela della P.A. e che, come è noto, assolve alla funzione di consentire la tempestiva e costante evidenza di tutti i fattori che siano oggetto di contrastanti valutazioni tra le parti e, perciò, suscettibili di aggravare il compenso complessivo. Le riserve costituiscono, quindi, le modalità con le quali, nell’ambito dell’appalto di opere pubbliche, l’appaltatore deve formalizzare la propria ulteriore maggiore pretesa di carattere economico. In particolare, è principio consolidato che debbano essere tempestivamente segnalate non solo tutte le possibili richieste inerenti a partite di lavori eseguite, nonché alle contestazioni tecniche e giuridiche circa la loro quantità e qualità, ma anche e soprattutto quelle relative ai pregiudizi sofferti dall’appaltatore ed ai costi aggiuntivi dovuti affrontare, sia a causa dello svolgimento “anomalo” dell’appalto (come nel caso di protrazione dello stesso in misura abnorme a seguito di sospensioni e proroghe dei lavori), sia a causa delle carenze progettuali per le conseguenti maggiori difficoltà che le stesse hanno ingenerato.
In questi termini si ritiene non corretto il richiamo operato dall’AT di Vicenza all’istituto in questione che, per pacifica giurisprudenza, riguarda le sole pretese dell’appaltatore ricollegabili all’esecuzione dell’opera e che comportano un aumento del corrispettivo dell’esecuzione dei lavori, rimanendo invece al di fuori dell’onere della riserva le richieste dell’appaltatore estranee alla gestione dell’appalto e/o relative alla corresponsione di interessi moratori per il ritardo nel pagamento degli stati d’avanzamento o del saldo finale.
In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione Sez. I con sentenza n. 13434 del 22.06.2005: “In tema di appalto di opere pubbliche, il sistema delle riserve (art. 54 e 64 del regolamento per la direzione e la contabilità dei lavori pubblici approvato con r.d. 25 maggio 1895 n. 350) riguarda le pretese che non solo siano ricollegabili all’esecuzione dell’opera, ma che comportino anche un aumento della somma dovuta all’appaltatore in corrispettivo dell’esecuzione dell’opera stessa. Pertanto, sono sottratte al regime dell’onere della riserva le richieste di interessi moratori da parte dell’appaltatore con riferimento al ritardo nel pagamento della rata di saldo per l’inadempimento dell’obbligo dell’amministrazione di effettuare il collaudo ”.
A tale orientamento ha aderito, più di recente, Cass. Civ Sez. I n. 12628 del 9.06.2011: “in tema di appalto di opere pubbliche, l’iscrizione di una specifica riserva non è necessaria per la voce di credito relativa agli interessi moratori” (per un precedente più remoto vedasi Cass. 26.6.1987 n. 5629).
Deve poi osservarsi come la giurisprudenza, proprio con riferimento alle domande di risarcimento del danno da ritardato collaudo di opere pubbliche, non richieda neppure la previa diffida all’amministrazione appaltante che deve ritenersi automaticamente in mora in caso di protrazione dell’inerzia oltre il termine per il perfezionamento della procedura di collaudo (v., tra le tante, Cass. Sez. I n. 17314 del 16/08/2011).
Alla luce di tali principi giurisprudenziali – condivisi da questo Ufficio e di cui non vi è ragione di discostarsi – non era dunque necessario che E. richiedesse il pagamento degli interessi e delle altre voci risarcitorie, legate alla tardività del collaudo finale e del pagamento, tramite iscrizione di apposita riserva; riserva che, comunque, l’appaltatrice ha provveduto a formulare in sede di sottoscrizione del certificato di collaudo ex art.203 D.P.R. n. 554/1999, senza che si possa opporre l’intempestività dell’iscrizione che non andava effettuata – come sostenuto dalla convenuta – nel conto finale dei lavori nel quale devono confluire le richieste di pagamento inerenti la concreta esecuzione dei lavori (v. art. 173 e segg. D.P.R. n. 554/1999). Né la convenuta può lamentare la violazione dei principi di correttezza e buona fede, dovendosi viceversa riscontrare un atteggiamento contrario alla buona fede proprio nel comportamento della stazione appaltante che, pur consapevole del tempo necessario per le relative incombenze, non si è curata di iniziare per tempo le pratiche e di seguirle diligentemente nel loro iter.
Ciò posto in ordine all’inadempienza contrattuale dell’A.T.., e passando ad esaminare i profili relativi al quantum debeatur, si osserva quanto segue.
1) Sugli interessi _per ritardato _pagamento della rata di saldo
Parte attrice reclama, anzitutto, il pagamento degli interessi, corrispettivi e moratori, maturati per ritardata emissione della rata di saldo.
In punto di diritto va sottolineato che detti interessi spettano per legge in forza delle disposizioni del capitolato generale d’appalto per le opere di competenza del Ministero dei Lavori Pubblici che si sono succedute nel tempo ed in particolare, con riferimento all’ epoca dell’appalto di cui è causa, dal D.M.19 aprile 2000, n. 145.
Con il termine di “rata di saldo” si individua l’importo costituito da tutte le somme che l’amministrazione ha trattenuto a titolo di garanzia. Tali ritenute sono svincolabili solo dopo la effettuazione del collaudo o, a seconda dei casi, del certificato di regolare esecuzione.
In base al combinato disposto degli artt. 29 e 30 del citato decreto ministeriale, il pagamento della rata di saldo deve avvenire entro novanta giorni dall’emissione del certificato di collaudo provvisorio. In caso di sussistente ritardo, imputabile alla Stazione Appaltante, sono dovuti gli interessi corrispettivi al tasso legale sulle somme dovute per i primi sessanta giorni di ritardo, cui seguono, per il successivo periodo gli interessi di mora fino al giorno dell’emissione del relativo titolo di pagamento. Il tasso degli interessi moratori, di cui al “secondo periodo” di ritardo, viene calcolato, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 30 del C.G.A., in base al tasso stabilito ogni anno dal Ministero del Tesoro e dei Lavori Pubblici. Ebbene, come già evidenziato, nella fattispecie concreta, in cui i lavori commissionati alla ditta V. sono stati ultimati in data 4 agosto 2005, l’atto di collaudo avrebbe dovuto essere emesso entro il termine massimo del 4 febbraio 2006, con liquidazione della rata di saldo entro il successivo 5 maggio 2006. Ed, invece, il pagamento in questione è intervenuto solo a seguito di mandato di pagamento del 7 aprile 2009.
Alla società E. s.r.l. in liquidazione competono, pertanto, gli interessi per il tardivo pagamento della rata di saldo (pari ad euro 4.143,48) per la determinazione dei quali ben può farsi riferimento al conteggio – che si ritiene corretto – operato da parte attrice nella propria comparsa conclusionale in cui l’importo dovuto dall’ A.T.. di Vicenza a tale titolo è stato quantificato in complessivi Euro 729,79, di cui:
-euro 17,03 a titolo di interessi corrispettivi maturati sulla rata di saldo dal 5 maggio 2006 per i sessanta giorni successivi alla scadenza del termine di 90 giorni di cui all’art. 29 C.G.A.;
-euro 712,76 a titolo di interessi moratori maturati a partire dai sessanta giorni successivi a quelli remunerati al tasso legale sino alla liquidazione della rata di saldo (7.7.2009).
Su detto importo vanno riconosciuti gli interessi anatocistici, stante il consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale, “in materia di appalto pubblico, spettano gli interessi calcolati anche sull’importo dovuto dal debitore a titolo di interessi” (Cass. Civ. Sez. III, 30 novembre 2010, n. 24267; Cass. SS.UU. 17 luglio 2001 n. 9653).
2) Sul risarcimento del danno _per mancata disponibilità dell’importo della rata di saldo.
Da rigettare è, invece, la domanda di condanna della convenuta al risarcimento del maggior danno ex art.1224 c.c. che parte attrice ha formulato in relazione al pregiudizio – ulteriore a quello coperto dagli interessi moratori – asseritamente subito per non avere potuto tempestivamente disporre dell’importo della rata di saldo e quantificato in complessivi euro 828,72, pari al 20% dell’ammontare della rata.
A tale liquidazione osta, infatti, il chiaro disposto dell’art.30 del Capitolato Generale d’Appalto, il quale, dopo aver individuato il criterio di calcolo degli interessi di mora, espressamente prevede che “tale misura è comprensiva del maggior danno ai sensi dell’art.1224, secondo comma, del codice civile” (v. pure Cass. n. 3503/1994).
3) Sul ristoro delle spese sopportate per il mantenimento di una commessa aperta.
Infine la società attrice attrice ha rivendicato, quale ulteriore voce risarcitoria, quella costituita dai maggiori costi ed oneri – legati alle spese di organizzazione generale comprensive anche delle spese relative agli obblighi di vigilianza e custodia – sopportati per aver mantenuto aperta la commessa d’appalto anche dopo la scadenza del termine semestrale di cui agli artt. 14 C.S.A. e 192 D.P.R. n. 554/1999 in conseguenza del ritardo dell’Amministrazione che ha sottoposto il certificato di collaudo all’impresa appaltatrice ventinove mesi dopo l’ultimazione dei lavori.
Ad avviso del Decidente per la liquidazione di tale voce di danno ben può farsi ricorso, in conformità ad una giurisprudenza oramai consolidata in materia, ad una valutazione di tipo equitativo ex art.1226 c.c. così come invocato da parte attrice, sussistendo in atti elementi idonei ad operare una siffatta liquidazione afferente ad un pregiudizio oggettivamente certo, quale è quello relativo all’incremento dei costi – spese amministrative d’impresa ancora attive e spese di custodia e vigilanza delle opere – che l’Impresa appaltatrice ha dovuto sostenere nelle more dell’emissione del certificato di collaudo e che non avrebbe sostenuto se, invece, le operazioni di collaudo si fossero concluse nei termini previsti. Il criterio da utilizzare è quello che quantifica il danno in una quota delle spese generali, calcolate applicando un’aliquota del 14% (costituente la media fra i limiti del 13% e del 15% stabiliti dall’art.14 della L. 741/1981 abrogato, e poi dall’art. 34 del D.P.R.
554/1999) sull’importo contrattuale dei lavori, al netto dell’utile convenzionale del 10%. Avuto riguardo anche all’oggetto dell’appalto tale quota può essere determinata nella misura del 3,75% come indicato dall’attrice (v. memoria di replica) in quanto pienamente in linea con l’elaborazione giurisprudenziale in materia che riconosce una percentuale oscillante tra il 2% e il 5%.
Di conseguenza, muovendo dal prezzo base d’appalto di Euro 790.240,00, operata la detrazione del 10% per utile d’impresa si ricava l’importo di euro 718.400,00 (790.240,00: 1,10) e, calcolato il 14 per cento del prezzo d’appalto netto in Euro 630.175,43 (718.400,00: 1, 40), si ottiene che la quota complessiva delle spese generali al 3,75% è pari ad Euro 23.631,56 (630.175,43 x 3,75%); quindi la quota giornaliera di spese generali, calcolata dividendo quest’ultimo importo per la durata dell’appalto contrattualmente prevista, è di Euro 52,00 per arrotondamento (23.631,00: 450), somma questa che va moltiplicata per i 702 giorni di ritardo, così determinandosi il risarcimento del danno, alla data del 7 gennaio 2008, in Euro 36.504,00 (52,00X 702 giorni). Trattandosi di credito di valore – quale credito risarcitorio da riconoscere all’Impresa per il ritardo nel collaudo – devono essere riconosciuti gli interessi e la rivalutazione monetaria secondo i noti principi espressi da Cass. SS.UU. 17.02.1995 n. 1712 (ovvero calcolando gli interessi sul valore della somma originariamente dovuta e via via rivalutata in base agli indici Istat sulla variazione dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati nell’arco di tempo compreso tra l’evento dannoso e la liquidazione).Conclusivamente, quindi, accertato l’inadempimento dell’A.T.. di Vicenza all’obbligo di eseguire la collaudazione delle opere nei termini di legge e di contratto, quest’ultima va condannata al pagamento delle somme sopra indicate, con tutte le conseguenze che ne derivano anche in punto di regolamentazione delle spese di lite, da porsi integralmente a carico della convenuta secondo soccombenza, nella misura liquidata come da dispositivo, ex D.M. 55/2014.
P.Q.M.
Il Tribunale di Vicenza, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa n. /2009 R.G., ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa, così provvede:
1) accerta e dichiara l’inadempienza dell’A.T.. di Vicenza all’obbligo di eseguire la collaudazione delle opere di cui all’appalto del 4.02.2004 nel rispetto dei termini di legge e di contratto , e per l’effetto condanna la convenuta, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, a pagare a favore di E. s.r.l. in liquidazione le seguenti somme:
a) Euro 729,79 a titolo di interessi corrispettivi e moratori per il ritardato pagamento della rata di saldo, oltre interessi anatocistici come indicato in motivazione;
b) Euro 36.504,00 a titolo di risarcimento del danno per i maggiori oneri e costi sostenuti per effetto del ritardo nel collaudo, oltre interessi e rivalutazione monetaria come indicato in parte motiva;
2) rigetta ogni altra domanda;
3) condanna l’A.T.. della Provincia di Vicenza, come rappresentata, alla rifusione in favore della controparte delle spese di lite sostenute, liquidate in complessivi euro 7.254,00, oltre rimborso spese generali, iva e cpa come per legge.Così deciso in Vicenza, il 5 giugno 2016Il Giudice
dott.ssa Biancamaria Biondo

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