News giuridicheResponsabilità e risarcimento danni

Il Tribunale di Roma condanna la piattaforma Vimeo a un risarcimento di 8,5 milioni di euro nei confronti di RTI

L’Autorità giudiziaria sancisce la natura di hosting attivo di Vimeo, «in tutto assimilabile a un servizio di video on demand». Una tecnologia che, secondo il giudice, consente «di individuare, nell’ambito del materiale presente sulla piattaforma digitale, quello corrispondente a un determinato contenuto illecito». Il portale deve essere qualificato come hosting attivo perché non appare condivisibile la tesi che limita il ruolo attivo dell’hosting provider al solo caso in cui il gestore operi sul contenuto sostanziale del video caricato sulla piattaforma, valorizzando l’indicazione fornita nel considerando n. 43 della Direttiva 31/2000: opera come un sito di condivisione video e la piattaforma telematica consente ai suoi utenti di caricare, condividere e guardare varie categorie di video, dove è presente un forum dedicato al mondo dell’audiovisivo. Quindi si tratterebbe per in tutto e per tutto di un servizio assimilabile a un servizio di video on demand, dove i contenuti audiovisivi sono precisamente catalogati, indicizzati e messi in correlazione tra loro.
Più in particolare se il portale fornisce agli utenti un motore di ricerca interno alla stessa piattaforma di video-sharing che consente di ricercare facilmente i video di interesse semplicemente attraverso l’inserimento del titolo dell’opera audiovisiva di interesse è facile trarne la conseguenza che non ci si limita semplicemente ad attivare il processo tecnico che consente l’accesso alla piattaforma di comunicazione sulla quale sono trasmesse o temporaneamente memorizzate le informazioni messe a disposizione da terzi, al solo fine di rendere più efficiente la trasmissione, ma si svolge una complessa e sofisticata organizzazione di sfruttamento dei contenuti immessi in rete che vengono selezionati, indirizzati, correlati, associati ad altri, arrivando a fornire all’utente un prodotto audiovisivo di alta qualità e complessità dotato di una sua precisa e specifica autonomia.
Esiste un principio nel nostro ordinamento che richiede un onere di diligenza specifica, e di grado qualificato, nel senso di dover esigere che un fornitore di servizi della società dell’informazione (ISP) adotti tutte le misure che gli si possano ragionevolmente richiedere al fine di impedire l’utilizzo illecito dei contenuti memorizzati sulla sua piattaforma in violazione dei diritti di proprietà intellettuale. La diligenza esigibile del fornitore di servizi dipende dallo stato della tecnica e, nella fattispecie in esame, le risultanze peritali hanno accertato che all’epoca dei fatti per cui è causa, esistevano almeno due strumenti tecnologici che avrebbero consentito all’hosting provider di effettuare la verifica e il controllo, mirati e successivi, dei contenuti illeciti che gli venivano segnalati mediante il titolo del programma televisivo e non necessariamente attraverso gli specifici URL di riferimento. Il portale, altresì, non ha fornito la dimostrazione del fatto di essersi trovato nella situazione giuridica oggettiva di non conoscibilità ex post dei contenuti audiovisivi illeciti segnalati mediante l’indicazione dei programmi televisivi dai quali erano estratti.
Più precisamente e per gli aspetti tecnici, Le tecnologie messe a punto e utilizzate dai più importanti portali telematici per rintracciare i contenuti illeciti sono stati dettagliatamente individuati dal CTU che ha anche compiuto un esperimento consistente nella progettazione e sviluppo di un modulo software che, dopo aver memorizzato la Guida TV di RTI in un database, ha effettuato delle interrogazioni automatiche per parole chiave del sito Vimeo, al fine di identificare i brani audiovisivi segnalati dall’attrice. Ben più rilevanti sono le indagini compiute dal CTU con riferimento alle due principali modalità tecniche, disponibili alla data delle segnalazioni, idonee a identificare i video pubblicati in violazione dei diritti d’autore: modalità entrambe basate sulla tecnica del c.d. video fingerprinting.
Il CTU ha altresì accertato che la stessa Vimeo ha adottato, nel corso dell’anno 2014, il sistema “Copyright Match” con la collaborazione di Audible Magie, al fine di identificare i video che contengono musica soggetta a copyright, ma ha precisato che la tecnica adottata per gli audio consentirebbe anche l’analisi dei contenuti video. Il CTC ha quindi concluso il c.d. video fingerprinting «costituiva all’epoca dei fatti (e continua a esserlo tuttora), la tecnica più efficace ed efficiente per il controllo sia preventivo (ex-ante, cioè effettuato prima della pubblicazione dei video) sia successivo (ex-post, cioè effettuabile anche dopo la pubblicazione dei video) dei contenuti da pubblicare o pubblicati e alle cui risultanze subordinare la stessa pubblicazione e/ o la permanenza on-line del contenuto audiovisivo considerato. Questa tecnica era disponibile, e quindi potenzialmente utilizzabile da parte di Vimeo, all’epoca dei fatti».
Alla stregua di quanto accertato dal CTU sarebbe stato ragionevole attendersi da parte di Vimeo un comportamento diligente idoneo a sollecitare la necessaria attività di verifica e controllo, al fine di individuare ex post gli specifici contenuti audiovisivi illecitamente diffusi sul suo portale, a seguito della adeguata segnalazione dei medesimi contenuti da parte di RTI, attraverso la diffida stragiudiziale e le relazioni tecniche di parte depositate nel corso del giudizio.
Inevitabile la condanna risarcitoria.

Nicola Lofranco

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Redazione interna sito web giuridica.net

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