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Facebook: deridere la miopia di una persona è diffamazione

Corte di Cassazione – sentenza n. 2251/2023, sez. Quinta Penale

Deridere un difetto fisico di una persona non è mai una buona idea, men che meno su Facebook. Sbaglia, poi, chi crede che un post denigrante rientri nella definizione di ingiuria e non nella diffamazione.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2251/2023, ha così annullato ai soli effetti civili una precedente sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva derubricato a ingiuria il post con cui l’autore si prendeva gioco della miopia del destinatario.

La Corte territoriale aveva minimizzato il tutto sostenendo che la miopia «non diminuisce il valore di una persona» e che, comunque, l’autore del post aveva «messo in cattiva luce sé stesso».
La difesa della parte lesa non era dello stesso avviso, come confermato dai giudici di Cassazione: «le espressioni adoperate dall’imputato sottendono una diminutio della persona offesa, che, in quanto ipovedente, non avrebbe dignità di interlocuzione pari a quella degli altri utenti della piattaforma».

In secondo luogo, ma non per questo meno importante, la Cassazione conferma il reato di diffamazione. La distinzione tra ingiuria e diffamazione, infatti, sta tutta nell’immediatezza di risposta da parte della parte lesa. In questo caso, trattandosi di un post pubblicato su Facebook, il destinatario non aveva la possibilità di rispondere subito alle offese, quindi scatta la diffamazione.

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