Sentenze

Tribunale di Mantova, Sez. I Civile – Sentenza n. 110/2016 del 27.1.2016 (Dott. M. P. Bernardi)

Assicurazione sulla vita

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale Ordinario di Mantova
Sezione Prima

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Mauro Pietro Bernardi ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. XXXX/2014 promossa da:POSTE VITA S.P.A., con il patrocinio degli avv.ti L. G., G. A. e A. D. R., elettivamente domiciliata in Mantova, presso il difensore avv. D. D. come da procura per rogito notaio dott. M. S. n. 12925 rep. del 9-6-2014;
APPELLANTE
contro
M. P. , con il patrocinio dell’avv. M. M., elettivamente domiciliata in Mantova presso il difensore avv. M. M. come da mandato a margine dell’atto di citazione di primo grado;
APPELLATA
Oggetto: “140052 – Assicurazione sulla vita”.
CONCLUSIONI

Per l’appellante:
-Voglia il Tribunale Ill.mo, contrariis rejectis, previa ogni declaratoria ed ogni provvedimento, anche incidentale, del caso e di legge, in riforma della sentenza n. 289/13 resa dal Giudice di Pace di Gonzaga in data 8 dicembre 2013, depositata in data 18 dicembre 2013, non notificata,
– accertare e dichiarare l’intervenuta prescrizione del credito azionato dalla Sig.ra P. M., e, per l’effetto, respingere integralmente le pretese tutte azionate perché infondate in fatto ed in diritto;
– con vittoria di compensi e spese di entrambi i gradi di giudizio, oltre a rimborso spese generali (15%), C.P.A. e IVA, come per legge;
– condannare l’appellata P. M. alla restituzione delle somme tutte da Poste Vita S.p.A. pagate, in esecuzione della impugnata sentenza, al solo fine di evitare la procedura esecutiva.
Per l’appellata:
-Piaccia all’ill.mo Tribunale adito, adversis reiectis, preliminarmente respingere l’appello proposto da Poste Vita S.p.A. avverso la sentenza n. ? depositata il 18.12.2013 del Giudice di Pace di Gonzaga, siccome inammissibile. In ogni caso respingere l’appello medesimo siccome infondato ed immotivato, confermando la sentenza impugnata in ogni suo punto.
Vinte le spese e le competenze di entrambi i gradi di giudizio.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

Con atto di citazione notificato in data 18-6-2014 Poste Vita s.p.a. proponeva tempestivamente appello avverso la sentenza n. 289/13 emessa in data 8-18 dicembre 2013 dal Giudice di Pace di Gonzaga che, sulla domanda introdotta con citazione notificata in data 30-4-2013 da P. M., così aveva statuito: “dichiara che P. M. è creditrice nei confronti di Poste Vita s.p.a. della somma di € 4.014,00 portata dalle polizze vita n. ?, intestate al padre P. F., di cui la stessa anche come erede risulta beneficiaria. Condanna pertanto la convenuta Poste Vita s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore, a corrispondere a P. M. la somma di € 4.014,00, maggiorata di interessi al tasso legale dal giorno 18-8-2011. Condanna la convenuta a rifondere all’attrice le spese legali dell’odierno giudizio, che liquida in € 1.250,00, di cui € 100,00 per spese vive, oltre accessori fiscali”. La società appellante esponeva che P. M. aveva agito in giudizio sostenendo 1) che suo padre P. F. (e non F., come erroneamente indicato nella sentenza di primo grado) aveva sottoscritto in data 5-9-2001 con Poste Vita s.p.a. due polizze vita (n. 3505800016 e n. 3505800017 entrambe scadenti il 17-10-2011) di € 1.549,37 cadauna, individuando essa quale beneficiaria di entrambe; 2) che P. F. era deceduto il 22-6-2009 senza averle reso noto l’esistenza delle due polizze di cui essa era venuta a conoscenza solo il 20 -7-2011 a seguito di una comunicazione inviata da Poste Vita s.p.a.; 3) che, rivoltasi a un ufficio postale al fine di riscattare le polizze, Poste Vita s.p.a. aveva opposto un rifiuto eccependo l’intervenuta prescrizione del diritto, atteso che P. F. era deceduto da oltre due anni. L’appellante deduceva inoltre 4) che P. M., con ulteriore atto di citazione notificato il 2-5-2013, la aveva nuovamente convenuta in giudizio avanti al Giudice di Pace di Gonzaga al fine di ottenerne la condanna al pagamento di ulteriori € 2.676,07 in relazione ad una terza polizza n. di contenuto identico alle altre due e la cui liquidazione essa si era rifiutata di effettuare per le medesime ragioni; 5) che essa si era costituita in entrambi i giudizi chiedendone la riunione, eccependo l’incompetenza del Giudice di Pace in quanto il cumulo delle domande avrebbe comportato il superamento della competenza per valore del Giudice di Pace e instando nel merito per il rigetto della domanda stante la prescrizione del diritto azionato; 6) che essa, in data 21-2-2014 a seguito della notifica del precetto e onde evitare l’esecuzione forzata, aveva provveduto a versare alla istante l’importo ivi indicato di cui pretendeva la restituzione, non senza sottolineare di avere devoluto gli importi relative alle polizze in contestazione al Fondo per l’indennizzo dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie in adempimento di quanto previsto dall’art. 1 co. 343 della legge 23-12-2005 n. 266 e dal decreto legge n. 134 del 28-8-2008 convertito con legge 27-10-2008 n. 166; 7) che la decisione adottata doveva essere riformata in quanto il giudice di prime cure aveva erroneamente a) rigettato la istanza di riunione dei procedimenti e rigettato l’eccezione di incompetenza per valore; b) respinto l’eccezione di prescrizione, peraltro ritenendo applicabile il termine decennale introdotta da una legge emanata successivamente alla estinzione dei rapporti per cui è causa; c) attribuito valore di riconoscimento di debito ad un mero comportamento materiale (la accettazione dei moduli di rimborso delle polizze) peraltro posto in essere da un soggetto terzo rispetto a essa; d) liquidato le spese, applicandole senza motivazione in misura corrispondente quasi al massimo previsto per lo scaglione di riferimento: alla stregua di tali deduzioni la società appellante chiedeva l’integrale riforma della sentenza di primo grado con rigetto, in ogni caso, della pretesa azionata e con condanna di P. M. alla restituzione di quanto ad essa versato. Si costituiva P. M. la quale sosteneva 8) che l’appello era da considerarsi inammissibile per mancato rispetto dei requisiti richiesti dall’art. 342 c.p.c.; 9) che la mancata riunione dei due giudizi non poteva costituire valido motivo di impugnazione; 10) che il giudice di prime cure aveva correttamente valutato come riconoscimento di debito il rilascio in proprio favore da parte della società appellante, tramite l’Ufficio Postale di Pegognaga, dei moduli per il riscatto delle polizze senza che fosse stata sollevata obiezione alcuna e senza che, in precedenza, fosse stato comunicato l’invito ad impartire disposizioni in caso di rapporti prescritti; 11) che, comunque, il termine di prescrizione (anche ove fosse stato ritenuto applicabile quello biennale previsto dall’art. 2952 nella formulazione antecedente alla modifica di cui al d.l. 18-10-2012 n. 179 convertito con legge 17-12-2012 n. 221) non era trascorso posto che l’inizio della decorrenza doveva individuarsi nella data del 20-7-2011 (in cui essa aveva ricevuto le comunicazioni da Poste Vita s.p.a.) e che la citazione era stata notificata nell’aprile del 2013: alla luce di tali considerazioni la difesa di P. M. instava affinché l’appello venisse dichiarato inammissibile o comunque infondato.
La causa senza l’espletamento di ulteriore attività istruttoria veniva rimessa in decisione sulle conclusioni in epigrafe riportate.
L’appello è infondato e deve essere rigettato.
Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello essendo siffatta deduzione del tutto generica mentre i motivi addotti a sostegno dell’impugnazione e sopra sinteticamente riportati debbono ritenersi rispettare i requisiti prescritti dall’art. 342 c.p.c..
Deve invece ritenersi inammissibile il motivo d’appello concernente la parte della sentenza che ha rigettato l’istanza di riunione dei giudizi posto che il provvedimento che accoglie o rigetta l’istanza di riunione di procedimenti pendenti davanti allo stesso giudice o a sezioni diverse dello stesso ufficio giudiziario costituisce atto processuale di carattere meramente preparatorio, privo di contenuto decisorio sulla competenza e la valutazione della opportunità della trattazione congiunta di più cause connesse è rimessa alla discrezionalità del giudice innanzi al quale i procedimenti sono pendenti, con la conseguenza che l’esercizio – o il mancato esercizio – di tale potere è insindacabile in fase di gravame (cfr. Cass. 2-2-2004 n. 1873; Cass. 1-12-2000 n. 15362; Cass. 23-4-1996 n. 3830) laddove l’impugnabilità dei provvedimenti giudiziali concerne soltanto quelli aventi contenuto decisorio e non anche quelli a carattere ordinatorio benché contenuti in sentenza (cfr. Cass.?5-8-2003 n. 11831; Cass. 28-11-1981 n. 6363).
In considerazione della inammissibilità del motivo di impugnazione concernente la mancata disposta riunione, risulta assorbito quello concernente la dedotta incompetenza per valore del Giudice di Pace formulata sul presupposto della necessità della riunione dei giudizi proposti da P. M. avanti al Giudice di Pace di Gonzaga.
Quanto al merito della vertenza deve rilevarsi che non può attribuirsi valore di riconoscimento di debito al rilascio dei moduli predisposti (da Poste Vita s.p.a. benché materialmente forniti dall’Ufficio Postale di Pegognaga) per ottenere la riscossione del capitale assicurato, atteso che gli stessi contengono una autodichiarazione della beneficiaria di avere diritto alla liquidazione senza alcuna espressione di volontà da parte della società che aveva emesso le polizze.
Va aggiunto che alla messa a disposizione dei moduli non può attribuirsi il significato di riconoscimento implicito dell’altrui diritto costituendo tale atto una mera modalità procedimentale standardizzata attraverso cui la società emittente consentiva agli aventi diritto di far valere le proprie pretese a prescindere da ogni valutazione circa la loro fondatezza: in proposito occorre evidenziare che, se pure è vero che il riconoscimento non è soggetto a forme vincolate e può estrinsecarsi in qualunque atto o fatto che dimostri in modo non equivoco l’ammissione dell’esistenza del diritto, nondimeno il comportamento tacito deve essere tale da rivelare in modo certo la volontà del debitore, ipotesi che non ricorre nel caso di specie sia per il carattere neutro del comportamento sopra indicato sia per il fatto che Poste Vita s.p.a., al momento dell’invio della lettera datata 20-7-2011, non era a conoscenza dell’avvenuto decesso di P. F. (tantè che tale missiva non venne inviata alla figlia bensì al padre) sicché tale ente non poteva riconoscere un diritto in capo alla beneficiaria nell’ignoranza della situazione di fatto (morte dello stipulante e data di tale evento) che fondava la pretesa di costei.
Non può inoltre andare sottaciuto che la predetta missiva (inviata prima della presentazione della richiesta di liquidazione della somma assicurata avvenuta in data 18-8-2011) conteneva un espresso invito a rispettare i termini di legge per far valere i propri diritti proprio per non incorrere nella prescrizione, ciò che ulteriormente dimostra come il rilascio dei moduli per la liquidazione del capitale assicurato costituiva niente più che la modalità operativa diretta a consentire all’interessato di veicolare la propria pretesa, a prescindere dalla fondatezza della stessa; va infine sottolineato che Poste Vita s.p.a., subito dopo il ricevimento dei moduli datati 18-8-2011 e della documentazione allegata, (con missiva del 5-9-2011) e, quindi, dopo essere stata compiutamente edotta della situazione di fatto, contestò il diritto della beneficiaria a percepire le somme reclamate per intervenuta prescrizione dello stesso.
Deve invece ritenersi infondata l’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa della società appellante posto che il contratto assicurativo all’art. 10 (v. doc. 1 allegato alla memoria ex art. 320 c.p.c. di parte appellata) prevede la espressa rinuncia da parte della società emittente a far valere il diritto alla prescrizione previsto dall’art. 2952 c.c. e dispone che la medesima corrisponda il capitale caso morte, in caso di premorienza del beneficiario, purché la richiesta sia inoltrata entro il termine di dieci anni, termine che risulta rispettato posto che P. F. è deceduto il 226-2009, che P. M. ha inoltrato la richiesta di riscossione della polizza il 18-8-2011 e che l’atto di citazione è stato notificato da costei in data 30-4-2013; in proposito va rilevato che la specifica previsione negoziale prevale sulla disposizione normativa di cui all’art. 2952 c.c..
Ogni altra questione attinente al merito della vertenza risulta assorbita.
In considerazione della complessità delle questioni giuridiche e di fatto affrontate, deve ritenersi corretta la liquidazione del compenso operata in primo grado, di ben poco superiore allo scaglione medio di riferimento (pari a € 1.205,00).
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in conformità dei parametri di cui al d.m. 55/2014 rilevandosi che, essendo stata l’impugnazione integralmente rigettata, ricorrono le condizioni di cui all’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115/2002 nel testo vigente a seguito della modifica introdotta dalla legge 228/2012.
P.Q.M.
Il Tribunale di Mantova, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
– rigetta l’appello proposto avverso la sentenza n. 289/13 emessa in data 8 -18 dicembre 2013 dal Giudice di Pace di Gonzaga;
– condanna altresì la parte appellante a rimborsare alla parte appellata le spese di lite, che si liquidano in € 1.620,00 per onorari, oltre al rimborso delle spese generali pari al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge;
– dichiara che sussistono le condizioni previste dall’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115/2002.Mantova, 12 gennaio 2016.
Il Giudice
dott. Mauro Pietro Bernardi
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