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Torna il bonus bebè: circa 25 mila nati non potranno goderne

Prorogato l’assegno di natalità (il cosiddetto bonus bebè). Il comma 248 dell’articolo uno della Legge di Bilancio (L. n. 205/2017) estende il diritto anche ai nati/adottati fino al 31 dicembre 2018.
L’erogazione della prestazione, però, non avverrà più per un periodo di 3 anni come precedentemente previsto, ma solo fino al primo anno di età (o il primo anno di ingresso nel nucleo familiare).
Gli scaglioni ai quali ammonterà il beneficio sono:

  • 80 euro per ISEE superiori a 7.000 €;
  • 160 euro per ISEE inferiori a 7.000 €.

I nuovi nati non potranno beneficiare del cosiddetto “premio nascita” consistente in 800 euro; tale diritto non è stato rinnovato. Per i nati fino al 31.12.2017 è comunque possibile inoltrare domanda entro un anno dalla nascita.
Il comma 249 stabilisce poi che il Ministero dell’economia e delle finanze potrà rideterminare sia l’importo annuo che gli scaglioni ISEE nel caso avvengano scostamenti consistenti rispetto a quelle che erano le previsioni di spesa (caso già previsto dalla norma precedente).
Nonostante il contenzioso ancora in atto, il diritto non è stato esteso ai titolari di permesso unico di lavoro. Le categorie che ne possono beneficiare, quindi sono:

  • genitori appartenenti a uno Stato dell’Unione;
  • genitori con permesso di lungo periodo;
  • titolari di protezione internazionale e familiari di comunitari.

Si prevedono già alcune cifre per determinare il numero di esclusi dalla norma. Secondo il rapporto IDOS 2017, in nuovi nati in Italia (nel corso del 2016) sono stati 473.438; di questi ne abbiamo 373.075 da entrambi genitori italiani, 30.000 sono nati da coppie con un genitore italiano e 69.379 sono nati da genitori entrambi stranieri. Di questi ultimi, già di per loro esposti al rischio di esclusione dal beneficio, si ipotizza che i nuovi nati da genitori “lungosoggiornati” siano il 63% del totale, mentre i rimanenti 25.000 avrebbero i “genitori non-lungosoggiornanti” e quindi verrebbero esclusi a prescindere. Una discriminazione piuttosto grave e per la quale si deve trovare una soluzione, anche solo per rispetto obbligatorio del diritto comunitario. E il tutto senza stravolgere le finanze nazionali.
 

Fonte: Asgi

 

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