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Introduzione nuove prove in giudizio di appello – Corte d’Appello di Napoli, sentenza n. 2175/2018, giudice Nigro

Leggi il commento a sentenza.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
Sezione Controversie di Lavoro e di Previdenza ed Assistenza

La Corte di Appello di Napoli – Sezione Lavoro – composta dai magistrati:

dr. Antonio Robustella – Presidente
dr. Enrico Sigfrido Dedola – Consigliere
dr. Lucilla Nigro – Giudice Ausiliario relatore

riunita in Camera di Consiglio in data 28 marzo 2018 ha pronunciato in grado di appello la seguente

SENTENZA

nel procedimento iscritto aI n. 1658/2013 R G.

TRA

C. T. c.f. XX, e P. F. c.f. XX, rappresentati e difesi dall’avvocato G. G., con domicilio eletto in Pignataro Maggiore (Cc), presso lo studio di quest’ultimo alla X n 32, pec per le comunicazioni:

APPELLANTE

T. S.P.A., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati G. G., M. S., N., E. F., con domicilio eletto in Napoli, alla via F. n 36, presso io studio associato S., pec per le comunicazioni;

APPELLATA

OGGETTO; appello avverso e per la riforma della sentenza del G.d.L. del tribunale di Napoli, sezione lavoro e previdenza, n. 23544/2012, depositata in data 2 ottobre 2012, avente ad oggetto;

riconoscimento di qualifica superiore e del diritto al pagamento delle differenze retributive da liquidarsi con separato giudizio

Conclusioni delle parti: come in atti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con separati ricorsi depositati innanzi al tribunale di Napoli, ai numeri rg 7839/2011 e 7841/2011 e poi riuniti per identità di questioni trattate, gli attuali appellanti premettendo di essere dipendenti della società T. con inquadramento nel livello “F” e con qualifica di operatori specializzati del C. dei dipendenti delle Ferrovie dello Stato all’epoca vigente, richiedevano al Giudice adito di accertare c dichiarare, con decorrenza dal gennaio 2006, di aver svolto mansioni superiori corrispondenti al livello retributivo “D” e/o del diverso livello ritenuto di Giustizia; altresì chiedevano la condanna al pagamento delle differenze retributive, da accertarsi con separato giudizio.

Si costituiva nel giudizio dì primo grado la T. s.p.a. che eccepiva l’inammissibilità del ricorso introduttivo; contestava nel merito tutto quanto ex adverse dedotto e concludeva per il totale rigetto dello stesso, siccome infondato in fatto e diritto e comunque non provato.

Il Giudice del Tribunale, all’esito del libero interrogatorio delle parti e della escussa prova testi, rigettava il ricorso ritenendo infondata e non provata la domanda dei ricorrenti e ritenendo, sulla scorta delle prove offerte, corretto l’inquadramento dei ricorrenti nel livello “F” già loro assegnato; compensava le spese di lite fra le parti.

Avverso tale decisione, i soccombenti lavoratori hanno proposto appello deducendo con un unico ed articolato motivo di gravame la erronea interpretazione ad opera del primo Giudice delle declaratorie “F” e “D” del C. applicato e la errata valutazione delle risultante probatorie e dei documenti prodotti. Concludono, pertanto, per la riforma della appellata sentenza mediante accertamento delle mansioni superiori suddette a far data dal 16 gennaio 2006 e con soluzione di continuità sino alla data odierna e per la condanna della resistente ai riconoscimento delle mansioni superiori con il relativo diritto al corrispondente trattamento economico, con riserva di agire in separata sede per la quantificazione.

Si è costituita l’appellata, T. s.p.a. che eccepisce l’improcedibilità, inammissibilità ed infondatezza del ricorso in appello per violazione della previsione contenuta nell’articolo 342 c.p.c.; ancora in via preliminare deduce l’inammissibilità delle nuove allegazioni ed il divieto di jus novorum, avendo l’appellante depositato nuovi documenti, individuati ai numeri 7. 8 .9, I., della produzione di appello; infine, nel merito ritiene infondati in fatto e diritto i motivi di appello ed insiste per la piena legittimità della sentenza di primo grado, che ha correttamente valutato la declaratoria rivestita dai ricorrenti. Conclude per il rigetto dell’atto dì appello e la conferma della sentenza impugnata con vittoria delle spese di lite.

Alla odierna udienza dopo ampia discussione da parte dei procuratori costituiti e ammettendo il deposito di giurisprudenza di riferimento, la Corte ha deciso la causa come da dispositivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello è infondato e, pertanto, va rigettato con totale conferma della sentenza di primo grado. Ritiene questa Corte, di esaminare previamente le eccezioni preliminari sollevate da parte appellata. La prima contestazione sollevata dai procuratori di T. s. p. a è afferente l’inammissibilità ed improcedibilità dell’atto di appello.

Sul punto osserva questa Corte che effettivamente l’atto di gravame risulta carente della esposizione delle parti della sentenza che si intendono impugnate, ai sensi dell’articolo 342 c.p.c.; ma, dalla lettura dei motivi specifici e dalla lettura dell’atto nel suo complesso, può desumere quali siano le pani della sentenza appellata da modificare e il risultato finale che l’appellante vuole conseguire.

Il Collegio in conformità con i recenti orientamenti della Suprema Corte (cfr: Cass. Sez. Sez. Lav. 20 settembre 2016 n. 18411; Cassazione Civile Sezione III 05 maggio 2017 n. 10916) ritiene che lo scopo del Giudicante è di salvaguardare l’atto se ha raggiunto il suo scopo e di non restringere e precludere l’accesso alla giustizia.

Pertanto affronta, più innanzi, il merito del presente giudizio.

Altresì, sempre preliminarmente e relativamente alla dedotta inammissibilità delle nuove allegazioni, ha constatato questa Corte, che effettivamente nel fascicolo del giudizio di primo grado risultano depositati esclusivamente i seguenti documenti, per entrambi i lavoratori: 1.buste paga; 2.capitolato tecnico organizzativo; 3.prospetto dei lavori da eseguire con vademecum; 4.stralcio C. di categoria. Gli ulteriori documenti versati nella produzione di appello, sono stati depositati in violazione del divieto posto dal comma 3 dell’articolo 345 c.p.c.. Osserva il Collegio che la nuova formulazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, come da novella di cui ai D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni con la L. n. 134 del 2012, statuisce il divieto assoluto di ammissione di nuovi mezzi di prova e di produzione di nuovi documenti, a meno che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa non imputabile ad essa. E, nessun onere ha assolto la parte appellante in tal senso, perché non ha indicato alcuna giustificazione causale relativa alla nuova produzione di documenti.

Inoltre si rileva che i suddetti documenti erano, quasi tutti, tra l’altro già preesistenti al deposito dei ricorsi di primo grado effettuati nel 2011 (doc. n 7: procedura operativa di disinfestazione dei rotabili; doc. n 8) scheda di disinfestazione ordinaria e straordinaria; doc. n 9) piano giornaliero di lavoro con annotazione dei vari aggiustamenti e declassamenti; 10) contabilità di dettaglio del lotto di assegnazione con relative irrogazioni di penali…; Il) comunicazione organizzativa n 224 del 9.03.2007…; 12) comunicazione operativa n 129/Dot del 4.08.2007..), Con la nuova formulazione dell’articolo 345 c. p. c., non possono essere in nessun caso essere ammesse nuove prove, costituite o costituende; e, pertanto, ritiene questa Corte di dichiarare inammissibile il deposito e l’utilizzazione dei succitati nuovi documenti, essendo maturate le preclusioni stabilite dall’articolo 345, comma 3 c.p.c. e risultando tale deposito imputabile a mera negligenza delle parti ricorrerti.

Né gli appellanti hanno dedotto profili di indispensabilità, se non con una generica e non motivata locuzione (pag. 6 dell’atto di appello: “La ulteriore documentazione che si produce in atti è di per se necessaria ed indispensabile”), ai sensi del l’articolo 437 comma 2 c.p.c., in guisa da provare che i nuovi documenti fossero talmente necessari ai fini della decisione, allo scopo di dissipare un perdurante stato di incertezza su fatti controversi. (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 4 maggio 2017 n. 10790; Cassazione civile, se:. VI, 15/03/2016, n. 5013; Cass. Civ. 05.12.11 n. 26020) Passando, dunque, all’esame nel merito, questa Corte ha esaminato esclusivamente le prove già offerte in primo grado sia documentali che istruttorie.

II motivo di appello, sebbene ampiamente articolato è sostanzialmente unico ed è diretto a sostenere che le mansioni svolte dai ricorrenti corrispondono con quelle superiori del livello “D”. Pertanto si impone a questo punto, per chiarezza espositiva, di riportare quelle che sono le declaratorie professionali delineate dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro per le attività ferroviarie del 16 aprile 2016, vigente radane (emporis, alla data di deposito dei ricorsi di primo grado.

Di fatto, e come risultante dalle buste paga allegate, gli appellanti lavoratori, nella qualità di dipendenti di T. s.p.a., sono inquadrati nel V livello retributivo e nel profilo professionale F, la cui declaratoria contrattuale, è la seguente; -Livello F – Operatori Specializzati.

“Appartengono a questo livello i lavoratori che, sulla base di conoscenze professionali specifiche e di adeguata esperienza acquisita nell’esercizio delle proprie mansioni, ovvero attraverso specifici percorsi formativi, svolgono attività operative, tecniche ed amministrative con autonomia operativa, nell’ambito di melodie procedure prede finiti, comprese attività di addestramento al lavoro e di semplice coordinamento di personale dì livello pari o inferiore.

Rientrano in tale livello i lavoratori che, in possesso delle prescritte abilitazioni e sulla base delle conoscenze acquisite attraverso moduli formativi di Specializzazione e/o esperienza professionale maturata nei livelli inferiori, nell’ambito dei rispettivi settori di attività concorrono alla realizzazione dei processi produttivi in attività complesse, anche attraverso il coordinamento dei processi e delle attività di personale di livello pari o inferiore, “Invece, il livello “D”, giudizialmente richiesto, è cosi individuato: -Livello D – Tecnici Specializzati, “Appartengono a questo livello i lavoratori che espletano, con margini di autonomia e discrezionalità nell’ambito di procedure e istruzioni ricevute, attività richiedenti un elevato livello di conoscenza nonché professionalità e competenze tecniche, specialistiche, commerciali e/o gestionali o che hanno un contenuto professionale di maggior rilievo, finalizzate alla realizzazione di processi produttivi, anche attraverso l’addestramento al lavoro, il controllo delle attività e dei processi produttivi ed il coordinamento di personale di livello pari o inferiore.

Rientrano in questo livello i lavoratori che, in possesso delle prescritte abilitazioni e sulla base delle competenze acquisite attraverso una specifica formazione o esperienza professionale maturata anche nei livelli inferiori, nell’ambito dei rispettivi settori di attività concorrono alla realizzazione dei processi produttivi anche attraverso il coordinamento ed il controllo dei processi e delle attività di personale di livello pari o inferiore. “Non ravvisa questa Corte, alcuna configurazione dell’elemento che costituisce il “plus” per il salto di mansione c cioè dell’elevato livello di conoscenza, nonché professionalità e competenze tecniche specialistiche commerciali e/o gestionali”. Invero, dalle risultanze testimoniali, abbondanti ed esaustive, rese innanzi al Giudice di primae curoe, emerge chiaramente che l’operato dei lavoratori appellanti consisteva in un esame ricognitivo delle carrozze dei treni al F. di accertare “se vi erano suppellettili rotte…, schienali, dovevano controllare la funzionalità delle toilette… verificare il livello di pulizia dei vagoni… Poi lo comunicavano con una comanda alla ditta appallatrice” (teste di parte ricorrente, sig. F. A.: udienza del 31 gennaio 2012); altresì “il ricorrente nello svolgimento del suo lavoro doveva compilare due schede, una di verifica ed una di qualità… il ricorrente poteva anche concordare un diverso piano di lavoro” (leste di parte ricorrente, sig. G. L.; udienza del 31 gennaio 2012). sulla scorta di tali descrizioni delle attività espletate dai lavoratori appellanti, ritiene questa Corte che le stesse sono conformi alla declaratoria di cui al livello attribuito contrattualmente, cioè al livello “D”, in quanto le attività di ricognizione ed ispezione dei vagoni ferroviari e di compilazione delle schede si configurano come una “attività operativa e tecnica nell’ambito di una procedura definita”. Pertanto è infondata la doglianza di parte appellante laddove ritiene che l’attività del lavoratore abbia sconfinato i metodi e le procedure predefinite. Che le procedure siano “standardizzate” è confermato ampiamente dal teste di parte resistente, sig. De L. M. (escusso all’udienza del 31 gennaio 2012) il quale riferisce che “il controllo di pulizia segue le indicazioni previste dalle schede di qualità e verifica che mi vengono esibite”. La descritta attività, di fatto espletata dagli appellanti, risulta carente del requisito caratterizzante il superiore livello “F”e consistente in “un elevato livello di conoscenza nonché professionalità e competenze tecniche, specialistiche, commerciali e/o gestionali”. Infatti, nessun teste, né di parte ricorrente, né di parte resistente riferisce di “particolari competenze tecniche specialistiche, commerciali o gestionali”. Appare legittimo ritenere che il compilare schede prestampate sul grado di pulizia costituisce una procedura standardizzata e non è indicativa dell’attribuzione di alte competenze tecniche o specialistiche o commerciali o gestionali; altresì, il richiedere le procedure di disinfestazione o la rimozione dei graffiti, non implicano una “alta competenza professionale”, e, seppur connotate da straordinarietà, tali procedure seguono sempre un iter programmato dall’azienda e disciplinato dal capitolato di appalto.

Nell’indice di attribuzione della superiore qualifica, la dedotta “autonomia e discrezionalità”dei lavoratori dedotta, in quanto tale elemento non è esclusivamente caratterizzante dei livello “D”di cui si invoca l’applicazione, ma è anche tipico del livello “F”. come emerge dalla semplice lettura delle succitate declaratorie. La riferita possibilità di “concordare” con il responsabile della ditta appaltatrice “un diverso piano di lavoro” si palesa come una affermazione assolutamente generica che conferma solo una autonomia “operativa” e non una autonomia “decisionale” di grado superiore, caratterizzata da specifiche competenze tecniche c/o gestionali.

Le parti appellanti non hanno dato prova dell’espletamento delle attività descritte nella declaratoria del livello “D” e, pertanto, rii iene questa Corte indimostrato l’esercizio in concreto di mansioni superiori afferenti alla categoria “D” a categoria diversa. Va, pertanto rigettato l’atto dì appello e confermata intanto la sentenza di primo grado.

Appare irrilevante ed inconferente il deposito della sentenza della Corte di Appello di Firenze, all’odierna udienza di discussione, perché concernente il riconoscimento di un diverso livello e perché in quel giudizio la Corte ha accertato che il lavoratore ha, diversamente dagli appellanti, maturato l’onere probatorio.

Ad ogni modo, attesa la particolare complessità della fattispecie in esame e l’evoluzione giurisprudenziale, la Corte ritiene che sussistono giustificate ragioni per compensare le spese del presente grado di giudizio fra le parti.

P.Q.M.

La Corte così provvede: Rigetta l’appello e confenna la sentenza di primo grado. Compensa le spese fra le parti.

Napoli 28 marzo 2018

L’Estensore – Dr. Lucilla Nigro
Il Presidente – Antonio Robustella

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