Sentenze

Tribunale Ordinario di Reggio Emilia, Sez. II Civile – Sentenza 22.05.2015 (Dott.ssa S. Boiardi)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO NELL’EMILIA

SEZIONE SECONDA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Simona Boiardi ha pronunciato ex art. 281 sexiesc.p.c. la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1118/2009 promossa da:
XX (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. F. M. e dell’avv. B. A. ((…)) VIA , elettivamente domiciliato in G. C. REGGIO presso il difensore avv. F. M.

ATTORE

contro

A. S.R.L. (C.F. ),

CONVENUTO CONTUMACE

Oggetto: Altre ipotesi di responsabilità extracontrattuale
Svolgimento del processo e Motivi della decisione

E’ principio giurisprudenziale consolidato che il gestore di un impianto sciistico non possa essere chiamato a rispondere di ogni tipo di danno che si verifica sulle piste, posto che il fruitore dell’impianto, nell’acquisire il diritto di accedere all’impianto, accetta di correre tutta una serie di rischi inerenti all’attività stessa, alla quale sono connaturati rilevanti profili di pericolo (cd. teoria del rischio consentito).

La giurisprudenza (Cass.2563/2007) ha, infatti, chiarito che: “Il contratto di “ski-pass” – che consente allo sciatore l’accesso, dietro corrispettivo, ad un complesso sciistico al fine di utilizzarlo liberamente ed illimitatamente per il tempo convenzionalmente stabilito – presenta i caratteri propri di un contratto atipico nella misura in cui il gestore dell’impianto assume anche, come di regola, il ruolo di gestore delle piste servite dall’impianto di risalita, con derivante obbligo a suo carico della manutenzione in sicurezza della pista medesima e la possibilità che lo stesso sia chiamato a rispondere dei danni prodotti ai contraenti determinati da una cattiva manutenzione della pista, sulla scorta delle norme che governano la responsabilità contrattuale per inadempimento, sempre che l’evento dannoso sia eziologicamente dipendente dalla suddetta violazione e non, invece, ascrivibile al caso fortuito riconducibile ad un fatto esterno al sinallagma contrattuale”.

La ricostruzione operata dalla Cassazione trova conforto normativo nella disciplina della L. n. 363 del 2003, che regolamenta unitariamente gli obblighi dei gestori con riferimento all’intera area sciabile attrezzata.

Il problema è quello di individuare i margini in cui si muove il rischio consentito e valutare dove finisce la responsabilità degli sciatori e inizia quella dei gestori.

Dottrina e giurisprudenza hanno, al riguardo, distinto tra pericoli tipici e pericoli atipici: i primi consistono in quei pericoli collegati alle caratteristiche stesse delle piste, prevedibili per lo sciatore; i secondi attengono ai rischi, emergenti sulla pista o nelle sue vicinanze, non ragionevolmente prevedibili od evitabili con l’ordinaria diligenza.

Il gestore dell’impianto deve garantire l’assenza dei secondi, mentre i primi, rientrando in una nozione di prevedibilità e tollerabilità secondo l’esperienza del settore, non costituiscono oggetto di una regola precauzionale.

Pertanto, devono essere eliminati gli ostacoli che lo sciatore attraverso la normale diligenza non può individuare, mentre gli ostacoli ineliminabili devono essere segnalati o protetti con materiali adeguati.

Per quanto riguarda infine l’art.2043 c.c., non si dubita che questa norma sia sempre applicabile per il principio generale del neminem laedere, che impone un generale dovere di adottare le misure necessarie per evitare che dalla propria attività possano derivare danni ai terzi; e – nel caso di specie – risulta sussistente un comportamento colposo per non aver adottato le idonee misure di protezione suggerite dalla comune esperienza e dall’ordinaria prudenza e diligenza (segnaletica di pericolo), che avrebbe consentito di evitare il danno.

La giurisprudenza (Cass.4018/2013) ha precisato che: “affinché si possa pervenire all’individuazione di un comportamento colposo in capo al gestore, ex art. 2043 cod. civ., con conseguente obbligo di risarcimento del danno, è necessario che il danneggiato provi l’esistenza di condizioni di pericolo della pista che rendano esigibile la protezione da possibili incidenti, condizioni in presenza delle quali risulta configurabile un comportamento colposo del gestore per la mancata predisposizione di protezioni e segnalazioni, ricadendo, invece, sul gestore l’onere di provare fatti impeditivi della propria responsabilità, quali la possibilità per l’utente di percepire e prevedere, con l’ordinaria diligenza, la suddetta situazione di pericolo”.

L’istruttoria ha provato l’esistenza di condizioni di pericolo della pista che rendevano esigibile la protezione da possibili incidenti.

In particolare, il teste *** ha dichiarato: “posso dire che il muro raffigurato nella foto doc.2 che mi viene mostrato, si trova nella parte finale della pista, in corrispondenza della zona “la Piella”. Prima, in corrispondenza del muro c’era un declino sciabile. Lo sbancamento ha mutato lo stato dei luoghi”; “alla data del sinistro, cioé gennaio 2007, non c’erano né transenne, né segnalazioni di pericolo a delimitare la zona del muro”; “successivamente al sinistro sono stati posti due pali di segnalazione pericolo sulle piste”; “la rete la ricordo, ma no so collocarla temporalmente, di certo fu messa dopo il fatto”; “non ho assistito al sinistro, ma ho visto a terra la persona, praticamente in corrispondenza della recinzione posta in prossimità della partenza della seggiovia, quindi a valle del muro ed a distanza di diversi metri dal salto”; “sono poi andato a verificare quel giorno e ho constatato che se lo sciatore non avesse avuto percezione del vuoto, se non avesse avuto precedente conoscenza, cadeva inevitabilmente”.

Il teste T.G. ha dichiarato “riconosco il punto del sinistro dalle foto doc.2 che mi si rammostrano. Non so come sia stato creato il muro, ma posso dire che c’era un burrone non segnalato, come da foto, dalla fine pista, in collegamento con la seggiovia.”; “dopo l’incidente hanno segnalato come zona di pericolo il punto di cui è causa”; “ricordo successivamente la rete”;”sono arrivato dopo un minuto o due, l’ho trovato a terra, a distanza del muro di cui si parla, dolorante e già assistito dai soccorsi”.

I testi hanno confermato, in tal modo, che in corrispondenza del luogo del sinistro vi era un “muro”, un burrone, derivante da lavori di sbancamento: “Prima, in corrispondenza del muro c’era un declino sciabile. Lo sbancamento ha mutato lo stato dei luoghi” e che solo a seguito del sinistro la società apponeva apposita segnaletica di pericolo.

È evidente che la condotta tenuta dalla società convenuta concreta un’ipotesi di colpa specifica, avendo essa violato la puntuale prescrizione legislativa di salvaguardia degli utenti dagli ostacoli lungo le piste “mediante l’utilizzo di adeguate protezioni degli stessi e segnalazioni della situazione di pericolo” (art. 3, comma 1, ult. parte, e art. 7, commi 1 e 2 L. n. 363 del 2003).

Dalle stesse dichiarazioni si rileva altresì il nesso di causalità tra l’omissione e l’evento, come è evidente dal luogo di rinvenimento del XX (a valle del muro).

Particolarmente significativa in ordine alla “inevitabilità della caduta” sono le dichiarazioni rese dal testimone ***: “sono poi andato a verificare quel giorno e ho constatato che se lo sciatore non avesse avuto percezione del vuoto, se non avesse avuto precedente conoscenza, cadeva inevitabilmente”, che elide ogni dubbio in merito alla ravvisabilità di un’ipotetica imprudenza in capo allo sciatore.

Parte convenuta non è, peraltro, comparsa a rendere l’interrogatorio formale con conseguente applicazione dell’art.232 c.c. in ordine a tutte le circostanze dedotte.

Alla società convenuta è imputabile una inosservanza di precauzioni dovute: la società era ben in grado di prevedere che lo sbancamento realizzato aveva determinato una situazione di pericolo.

Inoltre, l’evento era sicuramente e non troppo difficilmente evitabile, con l’adozione di facile accorgimenti (segnaletica) che è stata apposta solo dopo l’incidente.

Ciò posto deve quantificarsi il danno subito dallo XX.

La Ctu effettuata ha accertato la derivazione causale del danno: “tutte le lesioni riscontrate sono di natura traumatica recente; ne fanno fede l’infarcimento emorragico, l’edema osseo e il versamento articolare”; ed ancora, cfr.pag.8: “si è trattato indubbiamente di una lesione traumatica del crociato anteriore del menisco mediale per caduta su una pista di sci del A. “..”nel 2009, a seguito di una banale scivolata su terreno piano, il neolegamento si ruppe, per cui fu necessario sottoporsi a ricostruzione dello stesso. Questo secondo evento può essere considerato concausa della prima lesione; il neolegamento crociato si è rotto a seguito di una banale scivolata che di per sé non avrebbe potuto lesionare un crociato normale.”

Infine, coerentemente a tali assunti, il tecnico incaricato coerentemente conclude (pag.11): “le lesioni accertate dopo l’evento del 28.01.2007 e successivamente, sono in relazione causale con l’evento per cui è causa e consistono in un trauma distorsivo del ginocchio destro con rottura del legamento crociato anteriore e menisco mediale”.

Il Ctu evidenzia: “oggi a distanza di 5 anni dall’evento de quo permangono esiti permanenti rappresentati da un’attendibile sintomatologia dolorosa in esiti di meniscectonia mediale. Vi è inoltre una componente dolorosa conseguente alle lesioni della cartilaginee che si realizzano sempre all’atto della lesione legamentosa. Tale lesione, che comporta l’instabilità, produce dei movimenti di scivolamento delle parti ossee che conduce all’usura della cartilagine. Inoltre, il rimaneggiamento osseo conseguente all’atto chirurgico produce altre lesioni cartilaginee. Nel caso de quo, inoltre, permane una modesta instabilità che comportano quella sensazione di insicurezza portante che il soggetto dichiara. Bisogna infine considerare il modesto esito cicatrizzante conseguente all’atto chirurgico. Tale quadro anatomo-funzionale, è poi destinato a un’evoluzione peggiorativa nel corso del tempo. I movimenti abnormi dei capi ossei che compongono l’articolazione del ginocchio, può produrre nel tempo un’accentuazione delle lesioni cartilaginee fino alla perdita della capacità protettiva della cartilagine stessa, con conseguenti fenomeni artosici”.

Il danno è stato quantificato nella misura del 11 %.

Per quel che riguarda la quantificazione del danno ritiene questo Giudice di dover aderire alle conclusioni cui è giunto il Consulente, in quanto congruamente motivate e frutto di un corretto iter logico-argomentativo. Quanto alla liquidazione del danno, occorre considerare che il nuovo indirizzo di cui alle sentenze delle sezioni Unite della Corte di Cassazione dell’11/11/08 ha rilevato l’esigenza di una liquidazione unitaria del danno non patrimoniale biologico e di ogni altro danno non patrimoniale connesso alla lesione della salute; la Suprema Corte ha infatti evidenziato come il danno non patrimoniale da lesione della salute costituisca una categoria ampia ed omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla vittima, ma senza duplicare il risarcimento.

In tale nuova ricostruzione bipolare della responsabilità aquiliana, le categorie del danno biologico, danno morale e/o del danno esistenziale devono dunque essere ricondotte ad un’unica categoria generale di danno non patrimoniale, nell’ambito della quale dovranno rilevare come singole voci di pregiudizio.

Spetta tuttavia al giudice il compito di procedere ad un’adeguata personalizzazione della liquidazione del danno valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza.

Ritiene questo Giudice di poter procedere alla liquidazione del danno non patrimoniale (cumulativamente inteso) facendo riferimento alle Nuove Tabelle di Milano del 2013 tenuto, altresì, conto della recente sentenza della Cassazione del 25 febbraio-7 giugno 2011 n.12408 che ha adottato la tabella milanese a parametro equitativo di riferimento, da porre a base del risarcimento del danno, quale sia la latitudine in cui si radica la controversia.

In dette tabelle si propone una liquidazione congiunta del danno non patrimoniale conseguente a lesione dell’integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale e del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di “dolore” e “sofferenza soggettiva” in via di presunzione in riferimento ad un dato tipo di lesione.

Si tratta cioè di valori monetari “medi”, corrispondenti al caso di incidenza della lesione in termini “standardizzati”, in quanto frequentemente ricorrenti (sia quanto agli aspetti anatomo-funzionali sia quanto agli aspetti relazionali, sia quanto agli aspetti di sofferenza soggettiva), salva la possibilità di utilizzare percentuali in aumento laddove il caso concreto presenti specifiche peculiarità che vengano allegate e provate. Il danno non patrimoniale permanente, avuto riguardo alla percentuale di invalidità (11%) e alla età del ricorrente all’epoca dei fatti (40), ammonta dunque ad Euro 25625,00. Il danno non patrimoniale da incapacità temporanea totale è di giorni 8, da incapacità temporanea parziale (al 75%) è di giorni 55, da inabilità temporanea parziale (al 50%) di giorni 120, da inabilità temporanea (al 25%) di giorni 120: considerato un valore giornaliero di Euro 96,00 è pari ad Euro 13368,00.

In tali somme sono già ricompresi i danni non patrimoniali medi, conseguenti alla sofferenze ed al patema d’animo cagionato dal sinistro corrispondenti al caso di incidenza della lesione in termini “standardizzabili”.

Non si ritiene sussistano elementi che consentano una personalizzazione del danno.

Totale danno alla persona Euro 38.993,00.

Sulla somma ottenuta vanno aggiunti – trattandosi di obbligazione di valore – gli interessi c.d. da lucro cessante, siccome riferiti ad autonomi presupposti, avendo la rivalutazione funzione pienamente reintegratoria del patrimonio del soggetto leso, i secondi funzione correlata alla mancata disponibilità della somma di danaro.

Questi ultimi che, in considerazione della nuova disciplina della determinazione del relativo tasso, si ritiene possano essere individuati nella misura di quelli legali, nelle varie epoche di riferimento, vanno computati – al fine, però, di evitare indebiti effetti locupletativi ed in ossequio al consolidato indirizzo della Suprema Corte (cfr. la nota pronuncia delle sez. un. n.1712 del 1995; nonché di recente Cass. n.492 del 2001) – sulla predetta somma da devalutare, alla data del sinistro e via via rivalutata anno per anno sempre sulla base degli indici ISTAT fino alla data di pubblicazione della presente sentenza, con esclusione degli interessi sugli interessi; da tale ultima data, divenuto il debito di valuta, saranno dovuti gli interessi, sempre al tasso legale, sulla somma così determinata, fino all’effettivo soddisfo.

Per quel che riguarda le spese mediche sostenute il Ctu ha osservato che: “le spese documentate sono tutte in relazione causale con l’evento de quo e congrue”.

Sono dovuti, quindi, per tale titolo Euro 923,33 su cui dovranno calcolarsi rivalutazione monetaria e interessi.

Per motivi di semplificazione nel calcolo, per tali spese, sostenute in epoche diverse, il computo di rivalutazione ed interessi si fa decorrere equitativamente dal 1 gennaio 2008.

Quanto alle spese di lite le stesse seguono la soccombenza.

Le spese di Ctu e Ctp (Euro 360,00 ) vanno poste definitivamente a carico di parte convenuta.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano coma da dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa n. 1118/2009 r.g., ogni diversa istanza ed eccezione respinta, così provvede :

-accoglie la domanda di risarcimento dei danni di parte attrice e condanna la convenuta a corrispondere a parte attrice, a tale titolo la somma di Euro 38.993,00 oltre a rivalutazione e interessi su tale somma devalutata alla data del sinistro (28-1-2007) ed annualmente rivalutata.

-condanna parte convenuta a corrispondere a parte attrice la somma di Euro 923,33 per spese mediche oltre interessi e rivalutazione a decorrere dal 1-1-2008;

– pone definitivamente a carico di parte convenuta le spese di CTU e CTP (Euro 360,00);

-condanna parte convenuta alla rifusione delle spese di lite sostenute dall’attore che si liquidano in Euro 5600,00 per compenso professionale Euro 340,00 per esborsi oltre i.v.a. e c.p.a e spese generali del 15%.;

Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale.

Così deciso in Reggio Emilia, il 22 maggio 2014.

Depositata in Cancelleria il 22 maggio 2015.

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