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Affido condiviso: serve precisione quando se ne specificano i tempi

La precisione, a molti sconosciuta, potrebbe evitare la nascita di nuove cause che non farebbero altro se non intasare la già oberata giustizia italiana. Inoltre la mancanza di chiarezza può rendere ancora più conflittuali i rapporti, già delicati, tra i coniugi in fase di separazione, soprattutto quando da uno dei due manca la volontà di giungere a una soluzione concordata.
Il caso, curato dal Tribunale di Roma, è quello di un padre e di una madre che si trovano ad affrontare l’affido condiviso della figlia minorenne. Il giudice a cui è affidato il caso, forse in buona fede, riconosce al padre il diritto di vedere la figlia, affidata alla madre, «quando vuole». Un errore non da poco.
L’indicazione in esame ha avuto la sola conseguenza di portare l’ex coniuge a presentarsi davanti al portone di casa ogni volta lo volesse. La situazione si è ulteriormente complicata quando la ex moglie ha deciso di negare il proprio consenso affinché la figlia passasse col padre le festività natalizie e pasquali.
A seguito del divieto la donna, vistasi condannare dal Tribunale di Roma e dalla Corte di appello per mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, decide di fare ricorso in Cassazione. Quest’ultima le dà ragione.
Il giudizio dei giudici di Cassazione va a fondarsi proprio sul concetto di precisione: «Eludere significa frustrare e rendere vane le legittime pretese altrui e ciò anche attraverso una mera omissione: il genitore affidatario è tenuto a favorire il rapporto del figlio con l’altro genitore, a meno che sussistano indicazioni contrarie di particolare gravità». La sentenza di merito non chiarisce il limite di esigibilità del comportamento della madre, senza contare il fatto che per rispettare l’ordinanza ella avrebbe dovuto trovarsi sempre in casa così da poter soddisfare le esigenze dell’ex marito (senza che queste fossero precedentemente concordate); un principio inammissibile per chi lavora (come la donna in questione).
La sentenza viene quindi annullata e se ne rinvia il giudizio «ad altra sezione della Corte di Appello di Roma».

Leggi il testo integrale: Corte di cassazione – Sentenza 1748/2018

 

Fonte: IlSole24Ore
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